Gli scandali della moda, la moda attraverso i secoli in mostra a Parigi al Museo delle Arti Decorative.
La moda e il gusto o meglio la moda, i gusti e le epoche. In ogni epoca e in ogni nazione del mondo, vigono usi e costumi, compreso i codici comportamentali e lo stesso modo di acconciarsi. Ciascun ruolo lavorativo, tipo di attività che svolgiamo o evento a cui partecipiamo ha un suo “dress code” da rispettare. La mostra “Tenue correcte exigée, quand le vêtement fait scandale” allestita al Museé des Arts Décoratifs di Parigi, visitabile fino al 23 aprile 2017, mette in scena tutto ciò che fece scandalo, dal XIV secolo in avanti, nella storia della moda e del costume. Stupori, sconcerti, affronti, innovazioni o retrò, tutto riferito al “buon gusto nel vestire” a ciò che ha fatto storia, e che storia; basti pensare all’invenzione della minigonna, allo smoking per donna, all’ostentazione della lingerie, ai jeans a brandelli. Il mondo cambia, sempre, e con esso la moda; la moda veste e sveste, copre e scopre, vi sembra poco?
Ciò fin dal Medioevo, quando il mondo allora era avvolto dall’idea di peccato e gli abiti indossati erano semplici e castigati, fino ad arrivare ai giorni nostri, dopo la liberazione femminile e quel famoso detto liberatorio“il corpo è mio e lo gestisco io” . Si racconta di donne come Amelia Bloomer, fondatrice della rivista “The Lily” che nel 1850 cominciò a indossare e a promuovere l’utilizzo di gonnellini corti con pantaloni alla turca, così come la viscontessa Harberton che trent’anni più tardi fondò il “The rational dress society” un movimento che spingeva per l’uso di abiti comodi anche in nome della salute femminile.
Donne in libertà, donne controcorrente, donne che lottarono in nome della libertà di movimento e di espressione di sé. Tutto ciò è stato percepito, capito e condiviso da due stilisti francesi che hanno fatto la storia della moda, Paul Poiret e più tardi Coco Chanel che per le sue creazioni prendeva spunto dai capi che amava indossare spesso, o anche quelli dei propri uomini. In talune epoche ecco abiti e modi di vestire ritenuti indegni in quei tempi, in quanto non capiti, e contrari allo standard dell’epoca o meglio alla cultura imperante. Poi in decenni a noi vicino, come negli anni ’60 e ’70 del Novecento, tutto si è evoluto. A mettere a soqquadro la società ci ha pensato prima Mary Quant con la nascita delle prime minigonne, poi i movimenti studenteschi (il ’68) o le sottoculture londinesi, per esempio i punk, (che invece furono proficua e inesauribile fonte di ispirazione per il brand di moda Vivienne Westwood).
Vestiti stravaganti, accostamenti insoliti di colori e stampe, abiti in pelle ricoperti di borchie, fin troppo corti da lasciar scoperte gambe e cosce o anche troppo aderenti al corpo da quasi fasciarlo e lasciar vedere tutte le forme prorompenti , o anche troppo lascivi e trasandati, o ancora troppo maschili per le donne e troppo femminili per gli uomini.La moda cambia, si ripete, riprende, crea, annulla, è come un vulcano in ebollizione. E ogni periodo storico ha i suoi sconcerti, le sue novità. Basti pensare a quello in cui stiamo vivendo, con i jeans strappati o i pantaloni da uomo in stile baggy portati a vita bassa in modo da mostrare l’elastico dei boxer o anche le natiche. Oppure alla nuova usanza maschile di portare con sé borse e pochette che sarebbero più consone al braccio di una signora; o ancora di indossare pantofole o sandali aperti ma adornati di pelo per le vie della città in pieno inverno. Senza tralasciare il fenomeno delle collezioni agender.
L’esposizione di Parigi mette in luce tutto questo, con più di 400 articoli, tra vestiti e accessori, ritratti, litografie. Abiti che hanno voluto rompere con la società dominante proprio trasgredendo. Come l’invenzione del bikini, il primo smoking da donna ad opera di Yves Saint Laurent, le gonne per gli uomini, (grande estimatore del genere per esempio è Marc Jacobs) sottovesti trasparenti indossati al posto di abiti da sera. La mostra di grande impegno storico e stilistico porta a riflettere su tutto ciò che ha creato una rottura, un cambiamento radicale nel modo di vestire delle persone, spesso provocando aspre critiche e in passato addirittura favorendo l’emanazione di direttive create ad hoc (ne sono un esempio le leggi suntuarie note fin dall’epoca romana che regolavano l’ostentazione del lusso in base a classi sociali di appartenenza, sesso, status economico, religioso o politico).
La mostra, che si struttura attorno a tre tematiche principali, “Il vestito e la regola”, “É una ragazza o un ragazzo?” e infine “La provocazione degli eccessi”, fa capire come molti capi che un tempo fecero scalpore ora fanno parte del nostro modo di vivere quotidiano e abbiano perso del tutto la loro parte trasgressiva, come ciclicamente certi tipi di mode e come certe tendenze tornino in voga e come con la moda si possa anche scrivere la storia del mondo, i sorprusi, le violenze, la vita degli stati come quelli in cui vige l’islam; la moda esprime il pensiero laico e quello religioso, la vita e la morte, il presente e il futuro, le lotte e le libertà.
Carlo Franza