Il Ministro Franceschini vende i capolavori italiani all’estero, annullando così la rigida tutela ministeriale.
Franceschini, ministro dei Beni Culturali, dopo lo spot televisivo sui musei, che a scatti inonda le nostre case, eccolo lavorare alla vendita facilitata di opere d’arte italiane all’estero. Avete capito bene, vendita di opere d’arte italiane che se ne vanno oltre frontiera. Eh già, siccome in Italia c’è rimasto ben poco, perché i pensionati vanno a vivere dal Portogallo alla Russia, le aziende italiane si sono spostate tutte all’estero e i tantissimi giovani del nostro Paese vanno a lavorare fuori Italia, ecco che con i mille problemi che ha il nostro Stato, c’è anche chi come questo ministro scrittore a suo modo, sta facendo lavorare il suo Ministero per rivedere i principi che regolano l’esportazione. Per la verità in giro tra Musei, Università e addetti ai lavori non si sa ancora nulla e poco filtra dalle pareti ministeriali del minculpop. E allora sarà bene schierarci insieme ad altri colleghi contro le porte spalancate del commercio dei nostri beni artistici, come ha fatto il collega storico dell’arte Tomaso Montanari che intervistato dall’Espresso ha detto : “ La guida di Dario Franceschini procede ad abbattere così l’albero stesso su cui si fonda il suo Ministero: la tutela”. Una vergogna inaudita, per questo governo sosia dell’ex governo Renzi formato da piddini di cui fa parte Franceschini, vecchio democristiano.
Sapete cosa vuol dire tutto ciò? C’è la possibilità che chiunque possegga un capolavoro che “rende grande e mitico” il nostro Paese, possa venderlo senza alcun problema al mercato straniero, sempre pronto ad accaparrarsi gli italiani in qualsiasi brodo. E con gli italiani pronti a vendere capolavori senza tremori di coscienza.
Il collega Montanari -come da intervista all’Espresso- che pure si è scagliato contro questo ha ancora detto :“È dal 1500 che tuteliamo la bellezza per far sì che resti entro i confini nazionali. È solo così che abbiamo formato quel “patrimonio” di cui tanto ci vantiamo”, ricordando come sia “Bene Pubblico” anche l’opera che sta a casa del privato cittadino e dei collezionisti di antico, moderno e contemporaneo, bene immateriale che fa parte della storia della nostra cultura.
E ancor più Montanari ha messo il dito sul fuoco avvertendo : “Se nei primi del ‘900 fossero state in vigore leggi come quelle che chiedono oggi gli attori del mercato, ovvero la definizione dei vincoli sulla base di un valore economico, e non tecnico, e le autocertificazioni dei proprietari, l’Italia non avrebbe più un Caravaggio. Sarebbero usciti tutti. Perché all’epoca valevano poco. L’arte è dinamica. E la tutela non può dipendere dal prezzo”.
E dunque si levino le proteste e si inondi il Ministero dei Beni Culturali di telegrammi di dissenso, Franceschini per ciò dovrebbe dimettersi, perché certo così facendo non ama la nazione e la cultura. Fare riforme e riformare, cambiare vuol dire migliorare. E Montanari sottolinea che “i cambiamenti servono per migliorare, non per scardinare la tutela. Bisogna chiedere che le motivazioni all’esportazione siano valide, che le valutazioni siano uniformi, bisogna discutere su nuovi mezzi da dare agli uffici delle Soprintendenze. Ma non ribaltare i principi. Perché valgono dal ‘500. E finora direi che non ci è andata affatto così male”.
E mentre in Italia il Ministro Franceschini sta pensando come vendere i beni culturali italiani ecco che per contrasto il Ministro della Cultura tedesco Monika Grutters, tramite il suo incriminato e tanto criticato Decreto Legge, ha imposto restrizioni sulla vendita dei capolavori tedeschi come parte dell’arte della Nazione.
Carlo Franza