Baschenis a Bergamo per il 400° anniversario della nascita.
A distanza di dieci anni, la Fondazione Credito Bergamasco torna quindi sul Baschenis con un progetto più ambizioso e articolato, celebrandone in anticipo il 400° anniversario della nascita, che ricorre nel 2017.Questa volta sono state radunate ben 18 opere dell’autore, tutte provenienti da collezioni private. Tra queste testimonianze figurative spicca il celeberrimo Trittico Agliardi, forse l’opera di Baschenis più monumentale, costituita da tre tele affiancate una all’altra, in cui il pittore si è autoritratto mentre suona la spinetta. Il Trittico occuperà una posizione da solista, all’interno del percorso espositivo, con un allestimento realizzato ad hoc sul Loggiato di Palazzo Creberg. Il Trittico è stato eseguito intorno al 1665 ed è costituito da due ali laterali in cui sono raffigurati Baschenis e tre membri della famiglia Agliardi intenti a suonare. Nell’elemento centrale appaiono solo strumenti musicali, realizzati con un virtuosismo fuori dal comune. È per questo genere di dipinti che il pittore bergamasco era celebre, ricercato da un collezionismo sofisticato che spaziava da Roma a Venezia, da Torino a Milano. «Il Trittico è un’opera eccezionale per la complessità dell’immagine e per la sua articolazione interna – spiega Simone Facchinetti, curatore della mostra insieme ad Angelo Piazzoli – Il fuoco centrale è una composizione dove tornano tutti gli ingredienti delle migliori nature morte di Baschenis. Lo scopo principale è quello di meravigliare l’osservatore, stupirlo, impressionarlo, fargli credere che ciò che ha di fronte è veramente reale, non pura e semplice illusione. Perciò la presenza della mosca dipinta sul foglio musicale e il leggero velo di polvere che si è depositato sui liuti capovolti. Le stupende ditate disegnate sulla polvere sono la dimostrazione di questo eccesso di virtuosismo».
Il nucleo principale della mostra è allestito nel Salone Principale, con un percorso espositivo articolato nei generi praticati dal pittore: le nature morte di cucina, gli strumenti musicali e il ritratto. In mezzo a un gruppo selezionato di dipinti figura anche un’opera inedita, mai riprodotta e mai esposta al pubblico prima d’ora. Si tratta del Cesto di mele, carciofo, asparagi, un piatto di ciliegie e un garofano bianco, appesa a fianco della celeberrima Cesta di mele (Collezione Poletti), forse la più straordinaria natura morta di cucina di Baschenis.Non a caso gli storici dell’arte la mettono generalmente in relazione alla Fiscella di Caravaggio, per spiegare a quale straordinario modello si sarebbe ispirato il pittore bergamasco.
Sempre in questo primo settore della rassegna emerge la firmata Cucina con rami, una sorta di stupefacente “sinfonia” di rami. Non mancano i soggetti più amati di Baschenis, ovvero gli strumenti musicali, rappresentati da due vertici del genere: l’incredibile Flauto a becco, chitarra, mandora, violino con arco, liuto attiorbato, viola da arco bassa, due fogli con spartito musicale, libri e mela e il silenzioso Liuto, mandora, fogli con notazioni musicali, spinetta, violino con arco, chitarra e pesca.Le opere di Baschenis volevano principalmente stupire, impressionare, meravigliare l’uomo dell’età barocca. Ancora oggi il pittore continua a far breccia nell’interesse contemporaneo, grazie all’abilità virtuosistica trasferita ogni volta sulla tela, in un crescendo performativo che lo conduce, dalle prime opere più semplici e spoglie, fino alle folgoranti composizioni barocche dell’età avanzata.
Evaristo Baschenis è battezzato il 7 dicembre del 1617 col nome del nonno, in S. Alessandro in Colonna, nella cui parrocchia rimarrà per tutta la vita. Il padre, Simone, è nipote del pittore Simone il Vecchio di Averara. Da un atto patrimoniale del 9 settembre del 1643, Evaristo Baschenis figura per la prima volta con la qualifica di sacerdote: viene indicato, tra l’altro, il luogo del suo domicilio situato in Borgo San Leonardo, in una casa nei pressi della chiesa della Beata Vergine dello Spasimo (oggi Santa Lucia)… Colpito da paralisi, Baschenis muore il 16 marzo 1677 lasciando i propri beni in eredità ai poveri del Pio luogo del Soccorso. Viene sepolto per volontà testamentaria nella Chiesa di Sant’Alessandro in Colonna. Nonostante le ricerche operate, nel tempo, da Capuani, Rosci e, negli ultimi anni, da De Pascale, la biografia di Evaristo Baschenis è assai scarna; in particolare, buio fitto si addensa sul periodo della formazione artistica, intorno al quale il silenzio delle fonti è pressoché totale. Per fare un esempio, il Tassi, lo storico a lui più vicino, ne loda il “genio portato ad una nuova sorta di pittura”, ma, quanto al tema suddetto, si limita a sottolineare “la diligenza ai suoi studi” profusa nell’intento di apprendere “l’arte del disegno”… Riteniamo del tutto verosimile che Baschenis abbia compiuto un periodo di apprendistato presso qualche bottega. Al riguardo, due saggi apparsi nel catalogo della mostra su Baschenis del 1996, l’uno curato da Marisa Dalai Emiliani (Materiali e congetture per il laboratorio prospettico di Baschenis), l’altro da Sandro Fronza (Il Trattato P. 103 sup. della Biblioteca Ambrosiana), aprono uno spiraglio su un aspetto che, quasi certamente, fu alla base della formazione del pittore: lo studio della prospettiva e del modo di posare gli strumenti musicali, in scorcio, disciplina che ebbe il suo momento più alto tra la metà del ’400 e i primi decenni del ’500 nelle tarsie lignee dei cori di molte chiese italiane. Alle opere che la letteratura artistica non ha mancato di evidenziare in occasione degli studi sulle espressioni antesignane della natura morta, aggiungiamo alcuni esempi di tarsie facenti parte del coro di S. Giovanni Evangelista a Parma, realizzato entro il 1538: si tratta di un ciclo quantitativamente e qualitativamente notevolissimo per la bellezza plastica dei soggetti (liuti, lire, altri strumenti musicali, partiture), un’autentica rarità… “Baschenis si applicò al genere della natura morta, creando una nuova iconografia; in particolare, gli strumenti musicali vengono presentati in un efficacissimo illusionismo spaziale e geometrico che denuncia la conoscenza delle sperimentazioni rinascimentali messe a fuoco nelle tarsie e nei dipinti in cui gli strumenti musicali, alla luce degli ideali umanistici, vengono concepiti come armonioso pendant alla rappresentazione dell’uomo. La lezione dei maestri del passato, assimilata e sublimata nella propria poetica, riemerge splendidamente, quasi un rinascimento rigenerato, nell’opera di Baschenis, attingendo livelli di assoluta originalità, in tutto degna dei più celebrati specialisti del genere”( così nel saggio di Ravelli) .
Carlo Franza