Elio Marchegiani e gli affreschi astratto-geometrici. Un maestro della pittura analitica in mostra alla galleria L’Osanna di Nardò-Lecce.
E’ da anni che seguo -potrei anche dire inseguo- il lavoro di proposizioni dell’arte contemporanea che un gallerista come Riccardo Leuzzi salentino ha imbastito nella storica Galleria L’Osanna da lui diretta. Avevo più volte qui seguito e segnalato le mostre di Armando Marrocco, ora nella galleria salentina, presente fino al 30 giugno, è la volta di Elio Marchegiani ( Siracusa, 1929), storico artista tra i più avvertiti e colti del secondo novecento, che espone le sue “Grammature di colore” definite dalla critica dell’arte contemporanea anche come “la sintesi astratto-geometrica dell’affresco italiano” e che rappresentano la sua poetica di riferimento. Lineari cromie che accostate, e con tutta la potenzialità generativa del colore, ricongiungono la sua visione radicale della realtà e del mondo a emozioni e sentimenti primari, elementari e strutturali della dialettica tra tensione conoscitiva e inattingibile perfezione dell’assoluto. Una profonda conoscenza dell’arte di oggi, una metodologia scientifica accertata, ed anche uno studio dei materiali compresa una visione del fare e del progettare che transita trasversalmente tra diverse discipline compongono l’universo pittorico di questo maestro che ha saputo come pochi mettere in piedi un filo di raccordo tra l’arte del passato e quella di oggi. Le opere si presentano in strisce di pigmenti e disposte su vari supporti, dall’intonaco alla lavagna e al rame, per ognuna di esse, l’artista individua il peso esatto del colore impiegato. Un processo modulato fra scienza e coscienza filosofica, armonioso, universale, equilibrato, governato da una geometria che non è mai rigida, ma sempre leggera e impalpabile come i pigmenti di cui è fatta. Marchegiani è stato un precursore della pittura analitica, il supporto dell’opera è materia e parte integrante della stessa, tanto da far dire a Gillo Dorfles che “a Marchegiani basta il supporto per far l’opera”; ed i supporti elettivi restano l’intonaco e la lavagna, una sorta di tesi ed antitesi della sua creatività. Costruzione e decostruzione semantica del colore, aperture controllate dei perimetri, iterazione della linea ormai divenuta modulo, una processualità che si fa immagine concreta di disposizione del mondo, infinite declinazioni del colore, aureo, monocromo, tonale, variante. E per finire la sua analisi della linea porta alla metafisica del colore. Un genio della neomodernità.
Elio Marchegiani (Siracusa, 1929) inizia a dipingere e ad organizzare eventi culturali in Sicilia, per poi iniziare a viaggiare e a lavorare a Parigi, Milano, Roma, Bologna. Mario Nigro e Gianni Bertini sono i primi artisti che stimolano veramente la sua fame di ricerca e sperimentazione ma sarà affascinato e influenzato molto anche dall’esempio e dalla frequentazione di Giacomo Balla, Marcel Duchamp e Lucio Fontana. Buona parte del suo lavoro si basa sul rapporto fra scienza e arte, con un approccio a quest’ultima decisamente multidisciplinare. Docente di “Tecnologia dei materiali e ricerche di laboratorio” e poi di “Pittura” all’Accademia di Belle Arti di Urbino, nel 1968 è invitato alla Biennale di Venezia, partecipazione che verrà replicata anche nel 1972 e nel 1986. Nel corso della sua carriera ha realizzato diverse opere e installazioni pubbliche (Parigi, New York, San Francisco). Sue opere sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private in Italia e all’Estero.
Carlo Franza