IMG-20170921-WA0012Nello Studio Zecchillo di Graziano Zecchillo, figlio del  già famosissimo Baritono della Scala, studio che a suo tempo era stato il luogo delle ricerche di Piero Manzoni e che si trova in Via Fiori Chiari 16  -luogo oggi ricordato an1024x768che con una lapide all’entrata del palazzo-  nel bel quartiere storico di Brera, sede dell’Accademia e della Pinacoteca,  si tiene la mostra di Mokhtar Jelassi. L’ho visitata con interesse, jelassi_mokhtar-provaci~OM798300~11171_20151110_17_321perché in quello studio che era stato di Zecchillo, e prima ancora di Piero Manzoni, ero stato centinaia di volte. Era  stata per me quand’ero in zona Brera una tappa storica e poi con Giuseppe Zecchillo si andava a cena al Rigolo in Largo  Treves. Mokhtar   Jelassi è artista da diversi anni, e l’ho sempre incontrato col Baritono  Zecchillo non solo in zona Brera ma soprattutto al Bar Giamaica, altro luogo di incontri storici. L’artista Mokhtar Jelassi è nato a Tunisi nel 1964, figlio di un attachè d’Ambasciata, per ragioni di lavoro  del padre si è spostato nei diversi stati europei dove ha frequentato le scuole internazionali e imparato varie lingue.jelassi_mokhtar-provaci~OMaee300~11171_20150512_1847_164 E’ proprio nel 1984 cjelassi_mokhtar-senza_titolo~OMe4b300~11342_20150707_NULL_471he approda a Milano, si inserisce nell’ambiente artistico frequentando Brera e il Bar Jamaica. In questi anni varie le sue discese in campo con mostre personali e collettive e l’approdo in diverse case d’asta fra cui la Casa d’Aste Mecenate e la Casa d’Aste Poleschi.Ma veniamo alla mostra oggi aperta in Via Fiori Chiari, con l’intento di mostrare la materia primaria della sua ricerca pittorica innervata fra new pop e arte dell’effimero. Certamente il nostro artista ha guardato a vari grandi dell’arte contemporanea, a Baj, ad Arman, per citarne alcuni, proprio per l’uso imponente di scarti che articolano le sue icone aniconiche e danno una contrapposizione estrema di assenza e presenza degli oggetti che trovano una situazione spaziale di  gran lunga aristocratica  e per di più costruiscono un flusso di cose  che arrivano a formare un insieme visibile e invisibile,materiale e immateriale, tanto da racchiudersi spesso in una sigla che è il punto interrogativo.  Talvolta la sigla interrogativa si umanizza  organizzandosi come un ambiente architettonico,  e seppure in grande libertà, compongono ramificazioni, sicchè gli oggetti perdono la loro funzione e si affermano come entità sempre riconoscibili, partecipi di una crescita e di forme che eruttano dalla sua testa creativa. L’effetto di miscellanea caotica e casuale che Mokhtar Jellassi getta sulle superfici da costruire comporta l’immersione, la percezione di un nuovo modo di guardare cose e oggetti,   come una costruzione che si fa monumento all’effimero che ci ingloba e rende tutto ancor più interrogativo.

Carlo Franza

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