Tre sculture di Vincenzo Gemito. Tre studi dal vero in terracotta eccezionalmente esposti al Bargello di Firenze.
La Direzione del Museo Nazionale del Bargello presenta un prestito eccezionale da parte di Intesa Sanpaolo, dalle Gallerie d’Italia di Palazzo Zevallos Stigliano di Napoli, di sculture di Vincenzo Gemito.
Fino all’8 aprile lo Scugnizzo, lo Studio dal vero (Moretto) e il Fiociniere, terrecotte realizzate dallo scultore napoletano intorno al 1870, sono esposte a Firenze nel Salone della Scultura del Cinquecento al Bargello, in un inedito accostamento tra terrecotte cinquecentesche e ottocentesche. Si offre l’opportunità di rileggere l’opera dello scultore napoletano alla luce delle suggestioni dei grandi maestri del Rinascimento.
Il prestito celebra il centenario della donazione del Pescatoriello in bronzo di Vincenzo Gemito al Museo Nazionale del Bargello da parte di Achille Minozzi nel 1917. Quest’opera è attualmente esposta alla mostra I napoletani a Parigi negli anni dell’Impressionismo (Napoli, Palazzo Zevallos Stigliano, 5 dicembre 2017- 8 aprile 2018). Sabato 24 febbraio 2018 alle ore 12, la dottoressa Paola D’Agostino, Direttore del Museo Nazionale del Bargello, terrà una visita guidata straordinaria dedicata a Gemito e ai tre “studi dal vero” in terracotta.
A Napoli era conosciuto come “’o scultore pazzo” perché tormentato e segnato da profondi squilibri psichici; in realtà si chiamava Vincenzo Gemito (Napoli 1852 – 1929), orafo e scultore che, a causa della sua condizione, fu spesso costretto a prendere lunghe pause dalla sua attività creativa.
La sua vita non fu semplice fin da subito, perché venne abbandonato al suo destino dai genitori dopo essere stato deposto nella Ruota degli Esposti dello Stabilimento dell’Annunziata. Infatti, il suo vero cognome era Genito – ovvero generato – associato solitamente agli orfani, ma per un errore di uno scrivano la N divenne una M. Adottato e cresciuto in una famiglia poverissima, fin da piccolo Gemito dimostrò di essere dotato di un immenso talento per le arti plastiche. Il suo occhio attento amava soffermarsi soprattutto sulle scene dei bassifondi partenopei e i suoi soggetti preferiti erano bambini vestiti di stracci, popolane e giocatori.
Alle Gallerie d’Italia di Napoli è conservato uno dei nuclei di opere più importanti dell’artista, proveniente dalla raccolta dell’avvocato Gabriele Consolazio: terrecotte, bronzi e disegni prodotti tra gli anni Settanta dell’Ottocento e gli anni Venti del secolo successivo. Le teste giovanili modellate in terracotta – come gli impressionanti “Scugnizzo”, “Fiociniere” e “Moretto” – testimoniano la sua tendenza al naturalismo. Molto più intriganti i ritratti in bronzo di personaggi famosi, a esempio quello del pittore spagnolo Mariano Fortuny e del suo contemporaneo Domenico Morelli. L’ instancabile sua ricerca plastica è rappresentata in particolare dalla “Testa di filosofo” e dal più tardo “Busto di fanciulla napoletana”, caratterizzata da un classicismo sensuale che richiamano le seduzioni e il virtuosismo dell’antica scultura ellenistica. Non meno splendidi i disegni realizzati con materiali e procedimenti diversi; Gemito, infatti, sapeva padroneggiare con la stessa abilità la matita, il carboncino, l’inchiostro, l’acquerello, la sanguigna e la tempera bianca. A Palazzo Zevallos Stigliano a Napoli sono esposti i coinvolgenti autoritratti, spietate testimonianze dei dolorosi cambiamenti della sua fisionomia negli anni; un’altra importante serie esposta è costituita dalle figure di donne dove è possibile osservare la ricerca di stile ispirata a modelli seicenteschi che hanno reso Vincenzo Gemito l’ultimo seguace del naturalismo napoletano.
Carlo Franza