Affresco omoerotico nella Cattedrale di Terni, un obbrobrio artistico e teologico dell’argentino Ricardo Cinalli, eseguito per volere dell’Arcivescovo Vincenzo Paglia.
Tra i vescovi italiani che pensano di saperne e di intendersene di arte contemporanea, dal basso dell’Italia fino all’alto ovvero dal Salento-tacco d’Italia fino al Nord Italia, c’è anche il Vescovo Paglia. Niente di più vero. Con Mons. Vincenzo Paglia arriviamo al colmo, perché secondo il giornale La Croix del 17 giugno scorso “è finito sotto inchiesta per associazione a delinquere, truffa ai danni del Comune di Narni, riciclaggio, falso ideologico, turbativa d’asta, esercizio abusivo del credito e appropriazione indebita. Accusa sostenuta dal Sostituto Procuratore Elisabetta Massini”. [per correttezza precisiamo che si tratta di un’inchiesta del 2015, le cui accuse sono state archiviate]. Nonostante questi precedenti, Papa Bergoglio l’ha nominato Presidente della Pontificia Accademia per la Vita e gran cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul Matrimonio e la Famiglia. Il Paglia ha finito col far esplodere queste due istituzioni, introducendovi dei partigiani dell’eutanasia e dell’aborto. Non è un caso che indossi occhiali da sole con la montatura arcobaleno stile LGBT. Ma quel che più sorprende, ed è materia del nostro studio, soprattutto ha commissionato un grande affresco di ispirazione omoerotica nel cuore della sua Cattedrale di Terni: spingendosi fino a farsi raffigurare nell’“opera” con lo zucchetto episcopale; ovviamente l’affresco è stato realizzato da un noto omosessuale. Una Resurrezione blasfema? Sicuro. Una rappresentazione omoerotica? Lo dice l’autore. Sicuramente è un obbrobrio, artistico e teologico, sono uno degli scempi compiuti a Terni da monsignor Vincenzo Paglia negli anni del suo episcopato come la Diocesi fortemente indebitata (2000-2012). Parliamo dell’enorme affresco che copre tutta la controfacciata della Cattedrale di Terni, dipinto dall’artista gay argentino Ricardo Cinalli dieci anni fa, che è noto per i suoi dipinti di corpi maschili, e che il vescovo Paglia lo ha selezionato da una lista di dieci artisti a suo dire di fama internazionale (nulla vero, quasi sconosciuto), ma che dai media e dai social è stato “riscoperto” in questi giorni, e che pochi, pochissimi in Italia conoscono. Fresco, freschissimo il caso dell’affresco di 154 metri quadrati commissionato per il Duomo di Terni. In una cattedrale antica, rifatta nel XVII secolo su progetto del Bernini ma costruita su una chiesa precedente la cui origine risale addirittura al VI secolo, è stata piazzata una Resurrezione post-moderna, dominata dalla figura di Cristo che sale al cielo tirandosi dietro due reti cariche di figure umane nude o seminude, con diverse figure di omosessuali e trans. E’ lo stesso autore -non lo chiamo artista- Cinalli, che sottolinea il carattere omoerotico dell’opera, “tutto perfettamente accolto e accettato dal vescovo Paglia”, che ha seguito passo passo la realizzazione dell’opera insieme al sacerdote responsabile della cultura in diocesi, don Fabio Leonardis parroco della cattedrale, poi morto nel 2008. Anche don Fabio appare nudo all’interno di una rete insieme ad altri personaggi “dall’aspetto erotico”, ma Cinalli ci tiene a precisare che “l’intenzione è erotica, non sessuale”. Meno male.Sotto la supervisione di Paglia, Cinalli ha dipinto il vescovo stesso in una delle reti “erotico”, semi-nudo e stringendo un uomo barbuto con indosso solo un perizoma sciolto. Ha dipinto anche don Fabio Leonardis, allora capo dell’Ufficio dei beni culturali, come un uomo muscoloso nudo con un tatuaggio di freccia di un cupido che attraversa un cuore che contiene la parola “amore”, impigliato con gli altri in una delle reti. Cinalli ha detto, intervistato da La Repubblica, che don Fabio, che morì poco dopo il dipinto, era stanco e sfinito, mentre ancora sulla cinquantina, era un uomo molto “aperto”, e che non ha voluto dire se fosse un omosessuale. Cinalli ha spiegato ancora a La Repubblica che ha modellato il volto di Gesù su quella di un maschio parrucchiere locale perché la gente vede Cristo in un modo che è “troppo maschile.” Persino quelle due reti piene di esseri umani lasciano rimandare a un Cristo “Uomo Ragno”, ma la spiegazione che ne dà Cinalli – in un catalogo dedicato all’opera – è anche più sconcertante: l’artista vede infatti “Gesù come andasse a far compere da Tesco ( Tesco è un gruppo di distribuzione britannico attivo a livello internazionale-I supermercati Tesco sono sotto accusa perché i dipendenti sono sorvegliati con un braccialetto). In qualche modo ciò è divertente – dice ancora Cinalli- perché camminando per le vie di Terni, vidi donne uscire dai negozi e portare borse piene di merce, una in ciascuna mano, e pensai: ciò è esattamente quel che ha fatto Gesù, va a fare acquisti per gli uomini al supermercato…Cristo con due borse piene di persone”.
E ancora Cinalli ha ammesso che il suo lavoro non è stato ben accolto da molti nella diocesi di Terni-Narni-Amelia, e pensava che dopo la morte di Don Fabio avrebbe potuto essere distrutto. Tuttavia, il vescovo Paglia resistette a tutte le pressioni fin a quando ha lasciato la diocesi nel 2012, e i suoi successori il vescovo Vecchi prima e Piemontese dopo lo hanno lasciato al suo posto, dove ancora oggi non solo semina scandalo ma risulta a noi storici essere un’opera di bassissimo profilo, non sacra, né artistica.
Beh, polemiche a non finire anche per l’evidenza dei genitali di Cristo che traspaiono evidenti dal telo che lo ricopre. Anche questo particolare, spiega Cinalli, ha trovato il consenso del vescovo perché – avrebbe detto – “Gesù è una persona, un umano”, e quindi si “vede attraverso il tessuto che era un uomo reale”. Che genio e che sapere filosofico, morale e artistico ha dimostrato e dimostra questo vescovo Paglia di Santa Romana Chiesa. Per fortuna che per duemila anni la Chiesa non ha mai dubitato della natura umana di Gesù senza dover ricorrere a certe visioni smisurate. Potrebbe essere che forse monsignor Paglia pensa che stia proprio lì l’essenza dell’umanità di Cristo. Dipinto osceno, brutto, antistorico, antiartistico, fuori dal tempo, esprime semmai e bene proprio la decadenza della Chiesa e di quella nutrita schiera di lobby gay che c’è in Vaticano ancora oggi e che ha comportato l’abbandono della cattedra di Pietro di quel santo apostolo e pastore che è Papa Benedetto XVI. La gravità del dipinto va ben oltre questo aspetto umano e artistico. Si tratta infatti di una visione antiteologale della Resurrezione che si fonde con il Giudizio Universale, ma che non ha niente a che vedere con ciò che i Vangeli e la tradizione della Chiesa ci tramandano. In un’opera sacra la libertà creativa dell’artista deve coniugarsi con la correttezza teologica, cosa che qui è, senza minimo dubbio, lontanissima dalla realtà.
Carlo Franza