Aron Demetz e l’autarchia. Uno dei maggiori scultori italiani in mostra al Museo Archeologico di Napoli.
Lo scultore altoatesino Aron Demetz (Vipiteno, 1972) conduce da oltre vent’anni una ricerca che fa da ponte fra antico e contemporaneo. Le sculture, realizzate espressamente in occasione di questa mostra in varie dimensioni e materiali, costituiscono un complesso installativo che interagisce con le opere classiche ed egizie che abitano il MANN. In particolare Demetz ispira alle collezioni Farnese ed Egizia del Museo Archeologico di Napoli le impostazioni dinamiche e posturali delle sue sculture. Da sempre la ricerca dell’artista si focalizza sulla centralità della figura umana come veicolo di ideali classici quali la purezza formale ed i contenuti etici ed archetipici dell’arte. Al suo lavoro però Demetz aggiunge una sperimentazione contemporanea in cui è palesato il contributo che il materiale utilizzato fornisce alla realizzazione dell’opera. Il titolo della mostra “Autarchia”, visitabile fino al 29 luglio, indica quella condizione di autosufficienza del sapiente che rifugge le convenzioni sociali per perseguire leggi che si autoregolamentano in direzione della felicità. Nel codice di regole di Demetz, l’autore dell’opera non è solamente l’artista – con le sue idee progettuali ed i contenuti etici ed estetici da imprimere nella forma – ma anche la materia verso cui l’artefice indirizza la sua azione. In base alle sue caratteristiche organolettiche, ogni materiale indica un processo esecutivo specifico che l’artista rende visibile nelle testimonianze di alcuni particolari lasciati volutamente in una condizione di “non finito”. Il termine Creatività può essere scomposto, nella poetica di Demetz, nelle due parole “creazione”, che sottintende un progetto ed un’idea, e “azione”, che è il passaggio obbligatorio per trasformare un’idea in un oggetto solido. Ed è in questo passaggio, secondo l’artista, il momento autarchico fondamentale che porta alla conoscenza: le idee hanno bisogno di azione per essere realizzate, ma queste azioni non possono essere imposte dall’esterno, esse sono il risultato di un dialogo tra l’artista (idea) e il materiale da plasmare (fisicità) e questo dialogo si chiama tecnica (conoscenza). L’artista per realizzare la sua idea deve necessariamente porsi in una dimensione di ascolto nei confronti del materiale che vuole plasmare, solo condividendo la dimensione autoriale con esso potrà raggiungere il suo obiettivo (rappresentazione fisica dell’idea).
Aron Demetz è considerato uno dei maggiori scultori italiani. In questa mostra l’artista ha interrogato le radici della tradizione occidentale sia artistica che culturale. In un museo dalle collezioni archeologiche importanti come quelle del MANN il rischio era di confrontarsi con l’autorialità del “capolavoro”, che allontana l’oggetto dal fruitore, e con il distacco temporale, che crea un divario insuperabile. L’idea installativa della mostra pone le sculture di Demetz come unità di base per la calibrazione dello spazio. Non richiamando alcun riferimento a soggetti reali, le sue figure invitano lo spettatore ad identificarsi con esse, si trasmutano in spazi vuoti in cui egli può immergersi per fruire lo spazio plasmato dall’artista. Attraverso le sue sculture Demetz coinvolge lo spettatore in un dialogo ideale con le opere del museo e contestualmente lo emancipa dall’ammirazione contemplativa suscitata dal capolavoro classico.
Aron Demetz nasce nel 1972 a Vipiteno, vive e lavora in Selva Gardena (BZ). Ha frequentato l’istituto d’arte di Selva Val Gardena e l’Accademia di Belle Arti di Norimberga. Dal 2010 al 2013 ha insegnato scultura all’Accademia delle Belle Arti di Carrara.
Espone da oltre vent’anni in tutto il mondo, tra le più rilevanti segnaliamo la partecipazione alla 53° Biennale di Venezia, e le mostre al PAC di Milano, al MACRO di Roma, all’Arp Museum di Rolandseck (Germania). Le sue opere sono in collezioni sia pubbliche che private, tra le quali: Senato della Repubblica (Palazzo Madama, Roma) e Regione Trentino Alto Adige.
Carlo Franza