L’artista Franco Marrocco, direttore dell’Accademia di Brera, ritaglia il suo Concerto da Camera nella Villa Reale di Monza. Una geniale installazione di monocromi capace di farsi presenza.
Coraggiosa e sensazionale la mostra che Franco Marrocco direttore dell’Accademia di Belle Arti di Brera tiene al di fuori delle solite impostazioni, perché questa volta si è avvalso di un progetto-installazione con opere monocrome. Il progetto espositivo dal titolo “Concerto da Camera” che gode del patrocinio del Comune di Monza e della Regione Lombardia, vede l’installazione di opere appositamente concepite per i magnifici spazi storici degli Appartamenti Reali, opere appositamente studiate e create per le nobili sale della della Reggia di Monza. Questo tipo di uscita e questo tipo di personale porge al curriculum di Marrocco un salto di qualità non comune, fuori da ogni provincialismo. All’interno delle quattro grandi cornici vuote decorative, poste negli Appartamenti Reali, l’artista ha realizzato dei grandi teleri “a misura” che sembrano voler colmare un vuoto, un silenzio, presente nella storica decorazione e nell’arredamento. Ma i teleri svelano e segnano anche il ritmo discreto dell’opposizione, il confronto dell’alternanza e il senso musicale dell’equilibrio. Partiture musicali e coloristiche che scandiscono ai lati di una specchiera baroccheggiante, nelle finestre decorative, l’opposizione di sei sequenze, a sinistra della specchiera tre sequenze(due quadrati e un rettangolo), due bianche in alto e a seguire in basso la terza blu klein; mentre a destra nell’altra grande cornice due sequenze quadrate blu klein in alto e in basso la terza sequenza rettangolare bianca. Tutto scandito da una musicalità interna delle forme e dei colori che preferisco chiamare misura, armonia, canone. Non dimentichiamo che il canone (dal greco κάνον, “regola”) viene definito come l’insieme di norme rigorose che hanno lo scopo di ottenere un equilibrio compositivo in modo da giungere ad opere che appaiano perfette e armoniosamente proporzionate. Così come la “musica da camera” possiede una dimensione discreta e contenuta, nel particolare “concerto” proposto da Marrocco, la pittura monocroma cerca un sottile accordo e una speciale relazione anche con gli arredi della Villa Reale di Monza. Sorprende non poco tale scelta di Marrocco e soprattutto come dai suoi segni e dalle sue costruzioni sia giunto a tale ossificazione. Franco Marrocco ha certamente intuito quanto da tempo vado sostenendo -anche nelle mie lezioni di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea all’Università La Sapienza di Roma- e cioè che i dipinti monocromi non sono quadri ma presenze. Spingendo agli estremi le tendenze più rivoluzionarie della prima metà del XX secolo, il monocromo rappresenta la spina dorsale dell’astrazione pittorica, senza dubbio la forma più emblematica della vicenda modernista. Del monocromo conosciamo le origini, le opere chiave, le occasioni espositive, la ricezione, lo sviluppo storico, l’agenda e i messaggi veicolati, gli scritti programmatici degli artisti, così come il declino e l’esaurimento una volta venute meno le condizioni storiche che ne hanno segnato l’emergenza. Il monocromo è stato protagonista di mostre coraggiose (lo è ancor più oggi con l’ evento di Marrocco nella Reggia di Monza, perchè esporre nient’altro che monocromi è un azzardo per un museo) come “La couleur seule. L’expérience du monochrome” di Lione (1988), così come di studi ben documentati come quello di Denys Riout (La peinture monochrome. Histoire et archéologie d’un genre, 1996).
In grande sintesi, una delle peculiarità del monocromo è di aver conosciuto due distinte occorrenze storiche: quella delle avanguardie (artisti come Rodchenko si erano serviti del monocromo per dichiarare la fine della pittura e la sua ultima riduzione ai colori puri), e quella del dopoguerra (da Yves Klein agli espressionisti astratti alla Minimal Art e così via) . Attorno agli anni ’50, Klein sentì l’esigenza di concentrarsi su un unico colore, per affinare al meglio la sua ricerca. Nel 1956 nacque il punto di blu da lui brevettato, un colore oltremare pieno ed estremamente luminoso: l’ International Klein Blue, purtroppo mai prodotto ma utilizzato dall’artista per gran parte della sua produzione. Misurare le relazioni che intercorrono tra le due occorrenze storiche non è stato facile, e non è ancora oggi facile. Franco Marrocco con “Concerto da Camera” impiantato in una sede museale prestigiosissima ci consegna uno dei suoi capitoli artistici più intellettuali e vitali.
Carlo Franza