Anime Perse di U. Piersanti, libro dell’anno e capolavoro di umanità. Qui c’è il vertice della sua ritrattistica e il respiro del mondo che vive sotto il segno della carne, del dolore e della sofferenza.
E’ il libro dell’anno, un autentico capolavoro. E’ uscito da qualche mese l’ultimo libro di Umberto Piersanti che ha per titolo “Anime Perse”, nella collana Gli alianti della casa editrice Marcos y Marcos, anno 2018. L’ho tenuto sul tavolo di lavoro più a lungo perché ho desiderato maturasse nel mio animo, e così è stato. Adesso ne scrivo perchè Umberto ha meritato un 110 e lode con pubblicazione. Bella figura Piersanti, amico di vecchia data, fin dagli anni Settanta, oggi lui insegna all’Università di Urbino, io a Roma alla Sapienza, ma al di là del lavoro, ha sempre mantenuto vivo il suo cuore per sentire il respiro del mondo, di questo mondo talvolta affannoso. Sorpreso in parte da questo ultimo libro perché Piersanti ha già scritto testi di narrativa, specie quello che racconta la contestazione a Urbino alla fine degli anni Sessanta; ora “Anime Perse” lo rivela uomo vissuto, uomo capace di comprendere le storie amare e le sofferenze degli altri. E in questo mondo di individualisti, è una sorpresa scoprire l’amico scrittore che sa vivere e assaporare la vita vera, il trascorso dei giorni e degli anni. Ecco allora in questo nuovo testo, diciotto storie vere, raccolte da Ferruccio Giovanetti nei suoi centri di recupero del Montefeltro, trascritte e interpretate, anzi meglio dire narrate da Umberto Piersanti. Diciotto lampi di vite smarrite nell’inferno qui in terra e che non sempre hanno potuto trovare pace. Tutto si svolge in una grande casa immersa nel verde delle colline del Montefeltro a ridosso di San Marino ; e Piersanti quasi pittore ci descrive il paesaggio che avvolge la casa delle anime perse, con attorno l’orto, le siepi di acacie, le panchine, i bossi di ligustro, i roseti, i campi di grano e i rondoni che sfrecciano sulle spighe ondeggianti. Sembrerebbe la casa-cascina di un tempo primonovecentesco , quando la giornata era scandita dalle stagioni e dal trapasso del giorno alla notte. Nulla di più nella casa-centro di recupero e nel circondario, se non le azioni delle anime perse che qui trascorrono mesi e anni; queste case hanno preso il posto dei manicomi criminali (Aversa, Monbello/Limbiate, Barcellona Pozzo di Gotto, ecc.) ci arrivano persone che hanno ucciso in preda alla follia.
Ora questo nuovo testo ci dice che prima c’è stato il poeta Piersanti, ora è venuto il prosatore Piersanti che ha portato nell’esercizio nuovo una linfa vitale, con il bisogno del racconto compiuto con personaggi veri, con uomini e donne del nostro e del suo tempo; perchè lo scrittore vuole illuminare il senso generale del cammino, di questo trascinarsi sulla terra.
I risultati di questi racconti, di queste cornici che accolgono carte d’identità di uomini e donne, di queste brevi prose sviluppate in sequenza, sono propriamente lirici perché raccontano il dolore dell’uomo, il canto e gli urli delle loro sofferenze. Potremmo dire che “Anime Perse” è un libro meno felice? No, perché pur apparendo evidente lo stimolo ad uscire dal lirismo, la narrazione si sminuzza in una lunga serie di fogli di diario, brevi storie raccontate e trascritte, che si dipanano sotto il segno della carne, del dolore, della sofferenza. Piersanti ci dà i ritratti più rilevanti e più umani, da Luisa a Enrico, da Marco a Omar e Rodrigo, da Mauro a Claudia; qui lo scrittore tocca il vertice della sua ritrattistica con una compostezza di rappresentazione e un’essenzialità di linguaggio davvero esemplari. Da Emilio, lo psichiatra che uccide per riparare un torto subito, a Enrico che ha tagliato la gola a un pescatore per un futile motivo, a Mario che uccide a coltellate il vicino Vincenzo che gli rubava la terra( “ Lo sai che fregare la terra è il peccato più grosso, più che andare con la moglie di un altro, più che fregare i gallinacci e le pecore, e anche più grave che ammazzare”). Poi Claudia( “il tempo non intaccava la slanciata figura di Claudia, il suo bel viso composto”), che pone fine con le sue stesse mani ai giorni martoriati di Lucia, l’amatissima figlia devastata da un morbo oscuro( “le tagliò le vene con un gesto rapido e sicuro, Lucia spalancò gli occhi , e fece ancora segno di sì con la testa. A Claudia sembrava sorridesse. La guardò fisso per un pò di tempo, poi si alzò e si allontanoò…”); e Luisa sedicenne stuprata nel corpo e nell’animo dalla violenza paterna(“vieni Luisa sbrigati..quando Luisa gli si avvicina, lui allarga le gambe e si slaccia davanti. Luisa trema, ma non piange, le lacrime ce le ha tutte dentro, non viene fuori una goccia. Fallo, e lei si avvicina lo fa. Dopo corre di sopra, si chiude nel bagno e vomita come sempre, come sempre succede dopo quello che fa con suo padre…”) .In questa serie di ritratti, di abbozzi rapidi eppure mirati, di frammenti di vita, di occasioni giornaliere, di trascorsi e di routine, la narrativa si alterna senza calcolo alla riflessione e alla lirica, e vi spiccano per maggiore nitidezza le figure femminili, con la ricorrente ammirazione verso la bellezza quale dono che nessun male riesce ad offuscare.
Lo scrittore ha come una rivelazione in queste pagine ad alta tensione, dove l’impegno stilistico si traduce in un affanno febbrile, con l’avvertita capacità di assorbire con mitezza quell’accettazione del destino con rassegnazione. Leggerle queste pagine sono un incanto, tra note di paradiso e inferno, per i vissuti che vi sono descritti, dove le immagini lontane eppure precise, sorgono con una gioia che è anche dolore. Le figure si trascinano nell’esistenza, negli incontri e negli scontri, rivissute nei racconti dell’infanzia, nei racconti personali, nei capitoli ospedalieri e psichiatrici, nei documenti delle loro storie, uniche, personali, dolorose, ove affiora l’ odiosamata origine del loro male e del loro bene.
Umberto Piersanti sposta spesso il discorso al di là della testimonianza e può percepirsi che il suo descrivere non perde certo di immediatezza, in quella che è stata una delle sue grandi qualità poetiche di restituzione della realtà, ma guadagna molto soprattutto in senso d’umanità. Piersanti non tralascia nulla del passato di quest’anime perse, lascia fermo il grande mondo delle origini, ma il punto capitale del paesaggio in quel fazzoletto di terra fra Marche ed Emilia Romagna non cambia, cerca di fissare meglio i punti di osservazione. La sua è una passeggiata viva e umana, quasi una via crucis l’incontro con i fantasmi di quella struttura dove vivono le anime perse. Un’idea di cornice si ricava dalle sobrie notazioni del paesaggio e del corso del tempo nella quale le figure dei racconti fanno da tramite tra il “dentro” e il “fuori”, nell’evidenziare il trattamento dei malati, i loro interessi, l’osservazione dell’ambiente semiospedaliero colto nella quotidiana ripresa del suo ritmo, con un senso di naturale ordine, di sicurezza, per rapire note lungo l’intera giornata. Di gran pregio talune notazioni essenziali del tempo e delle stagioni, del panorama esterno e delle affettuosissime colline, un’aura che la tipica misura del Montefeltro fa da controcanto armonioso alle invocazioni laceranti della pazzia. Il dato classico della “storia” che governa il mondo è completamente sradicato dai “casi”, dal racconto delle cartelle cliniche; in “Anime Perse” traspare un’umanità fatalmente rivolta alla specie vegetativa a cui va sin da principio la solidarietà e la simpatia di Umberto Piersanti, che narra di queste persone, della loro pazzia senza peccati, e ci consegna pagine memorabili, un diverso e più ricco patrimonio umano.
Umberto Piersanti è nato a Urbino, dove tuttora vive e insegna Sociologia della letteratura all’Università . Considerato tra le figure maggiori della letteratura italiana contemporanea, ha pubblicato numerose raccolte poetiche (ricordiamo in particolare I luoghi persi, Einaudi 1994 e L’albero delle nebbie, Einaudi 2008), saggi e opere di narrativa (l’ultima, Cupo tempo gentile, Marcos y Marcos 2012, ambientata a Urbino tra il 1967 e il 1969, evoca gli anni cruciali della contestazione); è anche autore di film (L’età breve, 1969, Sulle Cesane, 1982). Nel 2015 Marcos y Marcos ha pubblicato la raccolta di poesie Nel folto dei sentieri (premio Cavallini 2017).
Carlo Franza