Loi di Campi illuminato campione dell’estroflessione in mostra al Plus Berlin di Berlino. Grandi opere monocrome che brillano fra regole, utopie e stile lineare dell’arte.
E’ da qualche tempo che il nome e l’arte estroflessa di Loi di Campi attraversa il mondo dell’arte italiana ed internazionale, lasciando sorpresi collezionisti ed esperti del settore. Ora si aggiunge la bellissima mostra che l’artista italiano sta tenendo già da qualche mese, di questo intenso 2018, al Plus Berlin di Berlino, nella bellissima Sala Hoffmann. L’interesse suscitato sulla stampa tedesca e sulle strutture artistiche, vale a dire gallerie e musei, che vivono le ricerche più ardite e più avveniristiche, lascia pensare che Loi di Campi nel campo della spazialità e dell’estroflessione appartiene oggi di diritto e soprattutto in bell’evidenza -segnale forte per tutti i mercati- in quella compagine che ha già visto i nomi di Castellani, Bonalumi, Armando Marrocco, Pino Pinelli e Turi Simeti.
La serie bellissima di “Oltre la superficie”chiarisce bene come l’artista colga con immediatezza vaste campiture a suggestioni d’infinito, luoghi dell’essenza monocroma, che divengono area di introspezione e stanze di monologhi. L’inquadratura dell’opera diviene infinità dello spazio, con intessute dentro le coordinate del tempo, della storia e del movimento; materia e toni/colore (bianchi, gialli, rossi, blu, grigi, ecc.) ma anche intersezione dei piani, sovrapposizioni, che scardinano la classica lettura del mondo geometrico, lo respirano e lo esprimono tra fratture, soglie e contesti. Loi di Campi è tra gli operatori estetici dell’oggi più attivi a insistere sulla problematica e sulle potenzialità della superficie sensibile dell’opera, ed anche sulla formazione concettuale e fisica della struttura che vive oltre la superficie. Lavorando per capitoli, prima sui moduli emersi e poi su quelli sommersi, l’artista ha sondato tutte le possibilità dell’estroflessione, senza tralasciare la composizione più articolata, o la linea curva prediletta in diagonale, dando per quest’ultima la possibilità di leggervi una ricerca più sontuosa. E con lo spingere fuori i moduli, prediligendo la forma delle gocce, arriva al suo metodo definitivo che consiste nel riempire lo spazio, su cui interviene con il colore che si presenta come dominante (bianco, rosso, nero, blu, ecc.). Abbiamo una sorta di superficie che respira con la conseguente sensazione di movimento e di stasi di questo corpo di colore, che pare voler fuoriuscire dai vincoli del telaio ma al tempo stesso voler restare nell’essere stesso della pittura. E accanto allo stato maggiore milanese dell’estroflessione, da Enrico Castellani ad Agostino Bonalumi, fino a Paolo Scheggi, che hanno pure avuto la precedenza cronologica rispetto al minimalismo statunitense, il nuovo fare di Loi di Campi si attesta fra le personalità più sperimentali del nostro tempo, per i suoi attuali vissuti fervidi di tensioni creative. Ritmo e sequenza sono le forze messe in campo all’interno del telaio, e in questo clima di sviluppi e di rapidissima realizzazione dell’opera-fenomeno, Loi di Campi procede rigorosamente con i suoi moduli verso una geometria naturale (le gocce), verso emissioni della forma in un ritmo spaziale della superficie.
Carlo Franza