Francesco Toniutti incornicia l’esistenza e gli sguardi.Una mostra a Villa Vertua Masolo a Nova Milanese lascia scoprire la vita del mondo sospesa tra anima e corpo.
Mi ha sorpreso non poco questa mostra di Francesco Toniutti con un titolo fortemente intellettuale, “Sguardi”, in corso a Villa Vertua Masolo a Nova Milanese. Persone, corpi andanti, volti, ritratti, e soprattutto sguardi. Proust ne “All’ombra delle fanciulle in fiore” (secondo romanzo de la Recherche) afferma che noi misuriamo i volti “ma da pittori, non da geometri” M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto, Einaudi 2008, p. 700]. In realtà nello sguardo si condensa e si immagazzina l’intera esistenza, nello sguardo dell’uomo si misura il pensiero, la poesia, la magia, il filo rosso che mira a decifrare la descrizione dell’emozione dello sguardo della persona e delle persone che interrelazionano con noi. E’ il volto ad essere mediazione tra l’anima e il corpo. All’io narrante, a Toniutti che ne coglie aspettative e sogni, è il volto che interessa perché lo sguardo è il centro dell’universo di ogni uomo. Ma i volti di Toniutti, sono come accennati, l’artista non entra nel vivo di una pittura romantica eseguendo modelli pastosi e colorati, ma essenzializza con segni e macchie di colore il personaggio intercettato. E’ la grande lezione della pittura figurale del secondo dopoguerra italiano ed anche certa attenzione a quanto sviluppato nella pittura tedesca degli anni Ottanta. Quei ritratti che intercettano volti colti di lato si lasciano scoprire come fossero in ascolto, attenti, si attenti all’altro onde allontanare le solitudine del mondo d’oggi. Devo dire che questa pittura è anche una sorta di storia sociale, capace di segnare terribilmente il suo e il nostro tempo.
Quando poi cattura e dipinge la figura colta nella sua totalità, di corpo, spesso di schiena o lateralmente , uomini e donne, di tutte le età, il mondo variegato della città che movimenta il vivere sociale, si capisce che queste immagini sono come ossificate, e cioè riprese per sommi capi, pur con tutte le attenzioni ad abiti, calze, scarpe, borse, ombrelli, ecc; fanno parte delle “stanze dell’attesa”, come dire discernere tempo ed ore dell’esistenza, di questo vivere nel bene e nel male fra drammi e speranze.
Anche nei paesaggi, a ben guardare, sospesi tra terra e cielo, con i teleri che addirittura nella parte sottostante che è la terra non hanno tracce di colore ma è colore lo stesso tono della iuta, svelano poi quella traccia di orizzonte che è una sorta di paradiso terrestre su cui grava il cielo. E’ un paesaggio che sa di infinito leopardiano, capace di catturare solo la voce dell’aria e del vento, la voce della natura.
E in tutto ciò Francesco Toniutti mi pare abbia costruito un percorso del fare pittura mossa da una sostanza filosofica e psicologica. Sorprende non poco questo fare arte di Toniutti, certo non superficiale ed edulcorato, ma attento alla storia, alla vita, all’esistenza e alla persona.
Carlo Franza