Inaugurazione_Anno_Accademico--007Incontro il Prof. Roberto Favaro illustre musicologo italiano, intellettuale di chiara fama,  docente di Storia dello Spettacolo, di Storia della Musica contemporanea e di Storia della musica e del teatro musicale e Vicedirettore dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, nella storica sede di Via Brera, in un colloquio  molto aperto e singolare che  ho vissuto  in prima persona con l’intento di portare al pubblico italiano e internazionale le eccellenze della cultura italiana, ed a lui ho rivolto una serie di domande, una vera e propria intervista, che mi pare acuta, saggia  e pertinente. Ve la presento.

1 Prof. Favaro, il suo nutrito e articolato curriculum ne attesta l’alta professionalità e le tappe del suo essere studioso della musica. Da Storico della Musica pensa che oggi nelle istituzioni di Alta Formazione (MIUR) la materia, vitale per la preparazione degli studenti, sia tenuta in gran considerazione?

La storia della musica nei Conservatori e nelle Accademie di Belle Arti gode certamente oggi di una maggiore considerazione e di una presenza più articolata rispetto a qualche decennio fa, anche se occorre riconoscere evidenti differenze tra le due istituzioni, giustificate solo fino a un certo punto dalla loro diversa vocazione disciplinare. In alcuni Conservatori, specie in quelli con più evidente propensione alla ricerca e all’internazionalizzazione, come per esempio quello di Milano, sono stati istituiti corsi che approfondiscono diverse epoche storiche o diversi generi, anche extra-colti, o ancora che si dedicano a settori più specifici della musicologia. Per quanto riguarda le Accademie di Belle Arti, la questione è un po’ diversa. Si è ormai per fortuna stabilizzata la presenza dello studio storico della musica, anche se sostanzialmente limitato a soli due  corsi la cui denominazione ne denuncia l’insufficienza rispetto alle reali necessità di una moderna e aggiornata istituzione di alta formazione artistica al passo con le prospettive presenti e future della creatività: il corso di Storia della Musica e del Teatro Musicale, per gli studenti del triennio e in particolare per quelli di Scenografia, comprime infatti due ampie zone delle vicende musicali della nostra civiltà (appunto la storia generale della musica da un lato, e la storia del teatro musicale dall’altro). Un territorio troppo vasto per essere trasmesso adeguatamente per mezzo di un solo corso. L’altro corso, riservato al biennio specialistico, è quello di Storia della musica contemporanea, indispensabile, certo, per la formazione dei futuri artisti, ma allora perché non prevedere anche le storie della musica degli altri periodi o di altri aspetti funzionali alle arti visive, sceniche, performative, plastiche. Ci vorrebbero corsi di drammaturgia musicale, di storia della musica applicata, delle nuove tendenze musicali odierne in relazione alle arti visive e performative. In quest’ottica ho personalmente avviato, nell’ambito di Ard&nt Institute  (consorzio costituito da Brera insieme al Politecnico di Milano), un Master post-laurea di primo livello denominaInaugurazione_Anno_Accademico--012to “SoundArt – Sound Design for art and entertainment in the creative industry”. Ha un’impostazione originale che copre un vuoto formativo proprio in ambito artistico poiché è rivolto soprattutto a quelle figure che nel mondo delle arti visive, del design, dell’architettura, della moda, delle installazioni multimediali, della video arte, usano in qualche modo creativo la musica, o in senso più esteso il suono. Questa è la strada giusta secondo me: scoprire o inventare ambiti disciplinari nuovi, dove la musica si espande fino all’idea di suono organizzato nello spazio in cooperazione con le altre discipline artistiche o della comunicazione.Per fare un esempio, gli studenti del Master SoundArt stanno realizzando proprio in questi giorni la parte sound dell’installazione creata dal designer di fama intyernazionale Ron Gilad per UNifor-Molteni,azienda leader nel campo dell’arredamento, in occasione del prossimo Salone del Mobile di Milano (9-14 aprile 2019) presso il Palazzo di Brera. E’ un esempio virtuoso di questa interpretazione tra suono e arti.

2 Le sue ricerche sulla musica hanno caratterizzato il suo lavoro di studioso del settore. Quali testi suoi considera maggiormente utili alla formazione estetica e musicale? Quale il suo contributo maggiore che vive appiemo il nostro tempo? Ne vuole tracciare la specificità?

Non riesco a dare una priorità. Penso che i libri che ho scritto e pubblicato nel corso ormai di quasi trent’anni, siano collegati tra di loro in modo intimo e insieme organico. Certamente li ho immaginati e scritti, nel corso degli anni, come uno la continuazione dell’altro, già pensando all’espansione che ognuno avrebbe suscitato in futuro. Tutti muovono da una visione che ho maturato fin dall’inizio, una visione centrifuga della musica, nel senso di una naturale propensione del suono a intercettare e a relazionarsi con le altre forme di espressione artistica. Il punto di partenza è stato comunque il romanzo, con una ricerca approfondita sulla presenza della musica nell’opera letteraria, e in particolare di Thomas Mann. Esistevano ed esistono diversi studi sul rapporto tra musica e letteratura. Tutti mirano però a delineare i gusti musicali del dato scrittore, o a formalizzare la sua visione estetica o a focalizzarsi sulla presenza di una data musica all’interno dell’opera narrativa. L’idea di musica di Proust, o di Thomas Mann, appunto, o di d’Annunzio. O l’esecuzione, nei romanzi, di opere di Wagner, di Beethoven, di Bach, ecc. Mi mancava una visione del romanzo inteso come organismo complesso che attraverso la scrittura mobilita una molteplicità di piani tra loro intimamente connessi. Qualcosa c’era naturalmente negli studi di Michail Bachtin, ma non riguardava il suono, la musica. La curiosità mi ha spinto così a considerare il romanzo come un vero e proprio spazio sonoro, anomalo certo, ma aperto a essere assunto come “opera mondo” ascoltabile a tutti gli effetti e all’interno del quale qualsiasi evento acustico-sonoro può assumere una vivissima funzione drammaturgica, come fosse una colonna sonora integrata con le vicende umane raccontate. Suoni apparentemente casuali, insomma, che però, essendo deliberatamente scritti da qualcuno, vogliono anche significare qualcosa. Qui mi è stato di grande aiuto il lavoro semiotico di Juri Lotman e la sua teoria esplosiva della cultura. Questo mio approccio, credo assolutamente nuovo, individua una modalità avanzata, moderna di recezione sia della scrittura sia della musica che contiene. Il mio primo libro, al quale sono particolarmente affezionato, è stato pubblicato da Ricordi e si intitola non a caso L’ascolto del romanzo – Mann, la musica, i Buddenbrook e propone di esplorare nuovi territori sonori e di ascolto, ricchi di opportunità conoscitive non solo sull’opera scelta come terreno di verifica (I buddembrook, appunto, romanzo ricchissimo di suoni) ma anche delle nuove risorse offerte dal suono nella nostra contemporaneità. La proposta è stata ed è così quella di intendere come musicale, cioè come valore aggiunto espressivo, qualsiasi presenza acustica, sonora, vocale, rumoristica, paesaggistica, anche di silenzio, inserita, insieme a musiche vere, nel tessuto narrativo e dunque nelle vite dei personaggi che vivono avvolti da questa articolata orchestrazione. Ho provato a immaginare lo scrittore come compositore del proprio soundtrack.Inaugurazione_Anno_Accademico--054 Mi sono concentrato ad ascoltare mentre leggevo. Così ho scoperto un universo straordinario di esperienze sinestetiche, dove è l’occhio che mentre legge le parole, tocca, annusa, rabbrividisce, guarda, ascolta, con l’aggiunta di una ripartizione della musica su due diversi piani di realtà: quello della musica rappresentata e quello della musica della rappresentazione; o meglio, la musica nel romanzo, intesa come quella che suona nel tempo e nello spazio della realtà raccontata; e la musica del romanzo, intesa come la qualificazione musicale della scrittura e delle parole utilizzate per la narrazione.  Questo approccio, questo tipo di studio non esistevano ancora. Da qui, rimanendo al filone narrativo, ho sviluppato la ricerca sul terreno della letteratura italiana del ‘900, scoprendo ulteriori ricchezze e pubblicando altri volumi, apparsi poi anche all’estero, su questa ipotesi di ascolto del romanzo, indagando d’Annunzio, Svevo, Deledda, Buzzati, Calvino, Bontempelli, Camilleri, Pavese, e tantissimi altri. In particolare La musica nel romanzo italiano del ‘900 prima e poi Musiche da leggere, romanzi da ascoltare – pagine sonore dalla narrativa italiana del ‘900, di nuovo pubblicati da Ricordi, sono il risultato di questo lavoro e sono pienamente esemplificativi di un modo inedito, mai proposto prima di indagare sonoramente il romanzo, di concepire la musica e l’opera letteraria nel loro più intimo rapporto. Considero questo approccio importantissimo per una formazione estetica e artistica moderna, attuale, aperta alle trasversalità, alle analogie, alle complicità tra le arti, anche all’invenzione di qualcosa di nuovo. Ai miei studenti faccio sempre ascoltare questo e altri terreni anomali, ma straordinari, di viva musicalità.

3 Da qui, infatti, la sua ricerca sui rapporti tra musica e arti, si è allargata, come diceva, ad ulteriori territori, con altri importanti studi. Ne evidenzi qualche esempio significativo.

È stato naturale cercare altre evidenze di questa inevitabile propensione della musica a uscire da sé, dal proprio territorio consacrato. Per vent’anni ho insegnato, come visiting professor, la materia Spazio sonoro presso la prestigiosa Accademia di Architettura di Mendrisio (Università della Svizzera italiana) invitato dal suo fondatore, l’architetto Mario Botta. In questo lungo periodo in cui sono stato sollecitato a interrogarmi sui rapporti tra musica e architettura è maturata una ricerca che è confluita infine in un libro pubblicato da Marsilio Editori (Spazio sonoro – Musica e architettura tra analogie, riflessi, complicità). Il principio esplorativo continua quello avviato con il romanzo. Lo scopo è qui quello di sollecitare i futuri architetti (o artisti dello spazio) ad ascoltare i loro manufatti, a pensare alla musicalità formale, materica, compositiva di un edificio, insomma a non considerare i loro prodotti edili o le stesse città, come ambienti muti, refrattari alla materia sonora.IMG-20190227-WA0008 Uno spazio suona, ha una voce, una musicalità espressa a più livelli. Molte generazioni di studenti, divenuti poi architetti, hanno imparato a considerare seriamente la polisensorialità dell’esperienza architettonica e a trovare proprio nel suono un’opportunità per una concezione più avanzata del progetto. L’edificio è insomma come un romanzo, uno spazio nuovo da ascoltare, ma anche da eseguire, da suonare, da trasfigurare in smisurato strumento musicale. Tra gli esercizi proposti propongo sempre, anche all’Accademia di Belle Arti, una passeggiata sonora e un ascolto-esecuzione approfondita della propria casa. Gli studenti eseguono così l’edificio scelto, secondo diverse opzioni sollecitatorie. Anche questo credo che sia stato un contributo particolarmente originale e nuovo allo studio e alla pratica dei rapporti tra musica e altre arti. Ma quest’altro libro, questa nuova e lunga linea di ricerca guarda anche ai musicisti ai quali ho fatto riflettere sull’architettonicità del linguaggio sonoro, sulla priorità della componente spaziale in un linguaggio apparentemente vincolato alla sola dimensione temporale. Da qui, il discorso è giunto a penetrare anche nel terreno delle arti, con un libro, Suono e Arte – La musica tra letteratura e arti visive (apparso sempre per Marsilio) che prende vita e spunto dai tantissimi anni di insegnamento e ricerca presso l’Accademia di Belle Arti, dal contatto quotidiano con studenti e colleghi artisti attivi nei diversi ambiti delle arti visive e plastiche, delle nuove tecnologie dell’arte, del design, della scenografia. Credo che il risultato più sostanziale per l’oggi di questo lungo percorso sia l’uscita da una categorizzazione limitante delle arti e della musica in particolare. Il nodo è che oggi, come dicevo all’inizio, occorre uscire dai limiti disciplinari e dal concetto tradizionale stesso di musica, insufficiente a contenere in sé un universo così vasto come quello del suono. Lo sviluppo recente dei Sound Studies nell’ambito della musicologia credo che ne sia la prova tangibile.

4 Nell’attuale scenario musicale contemporaneo quale versante è più vicino alla sua formazione intellettuale  e preparazione?

Non ho preclusioni o preferenze. Come dicevo, oggi sempre di più mi interessa il suono e la sua voglia di dialogare con l’altro da sé. Il sound design, la sound art, sono discipline di studio e di creatività nuove, dalle potenzialità enormi. Racchiudono in sé molte delle cose fin qui dette, interagiscono con spazi diversi da quelli tradizionalmente consacrati alla musica, entrano nella produzione di artisti visivi sotto forma di installazioni dotate di una componente sonora, modellano lo spazio attraverso architetture sonoro-plastiche e forniscono alla nostra percezione esperienze di ascolto espanso, polisensoriale, di stretta connessione tra visivo e sonoro. Detto questo, però, sono molto attento alle nuove generazioni di compositori seguiti ai grandi maestri del secondo ‘900, ai Nono, Berio, Boulez, Manzoni, Stockhausen. Ma sono aperto, per formazione, indole, preparazione e infine per lavoro, a occuparmi di tutto, ad ascoltare e apprezzare di tutto, dalla musica antica al jazz alla musica etnica, al pop, al rock, perfino a Sanremo che seguo ogni anno immancabilmente. Consiglio sempre agli studenti di non creare steccati, di aprirsi ai diversi scenari possibili. E di guardare Sanremo.

5 Anni fa pubblicai su “Quinta Generazione”(Forlì), una rivista italiana di forte intellettualità, un corposo contributo dal titolo “La musica nelle poetiche del Novecento Italiano”. Lei pensa che tutte le Arti e dunque anche la Musica – com’era una volta – possano oggi rapportarsi e nutrirsi fra loro?Locandina

Senza dubbio. Quello che dicevo prima a proposito dell’ascolto del romanzo, dello spazio sonoro, di suono e arte, è esattamente in questa direzione. Aggiungo, perché la sua domanda lo evidenzia in modo significativo, che la musica stessa riceve, e molto, dalle altre arti. Pensi per esempio a uno sculture come Pinuccio Sciola, al quale anni fa ho dedicato un libro. Le sue pietre sonore, sculture di basalto e calcare che oltre a essere bellissimi oggetti plastici sono anche strumenti musicali dai suoni fascinosissimi, hanno negli ultimi vent’anni stimolato tantissimo la musica ad allargare la ricerca sul timbro, a riconoscere che ci sono territori ampissimi ancora da esplorare e dai quali ricavare materia assolutamente nuova e mai ascoltata sulla terra: è la scultura, qui, a nutrire la musica, a farle capire che la sua identità va oltre il profilo acustico del violino, del pianoforte, del clarinetto, ecc. La Sound Art, alla quale non a caso continuo a tornare, è oggi l’ambito più evidente di questo proficuo rapporto e nutrimento reciproco tra le arti e la musica. Non a caso il nome – arte sonora, o suono artistico, o arte del suono, o arte-suono tout court – è la fusione di questi due ambiti. Ma, badi bene, non la chiamiamo Music Art. Il concetto di musica come lo si è finora inteso è ormai insufficiente a contenere uno smisurato orizzonte di esperienze estetiche e sensoriali.

6 Lei  ha da anni la Vicedirezione dell’Accademia di Belle Arti di Brera, illustre  istituzione italiana per l’Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM). Come vive il suo compito, quale imprese ha potuto mettere in atto per dare a questa istituzione maggiore incidenza sulla formazione artistica e intellettuale del nostro tempo? 

Del master SoundArt e della sua innovativa originalità le ho già detto, ma vale la pesa di ribadire che vi partecipano studenti provenienti dalle diverse scuole dell’Accademia, da Nuove tecnologie, da Design, da Arti visive, scultura, Pittura. Ma anche da Università diverse, da architettura per esempio. Un percorso su cui ho lavorato molto, poi, e che ha dato risultati assolutamente rilevanti, è stata la collaborazione sempre più stretta avviata negli ultimi 5-6 anni con il Conservatorio G. Verdi di Milano, È un progetto vivo, fondamentale per gli studenti soprattutto di Scenografia e di Nuove Tecnologie dell’Arte: realizzare vere e proprie produzioni di teatro musicale, rappresentate in veri teatri non solo milanesi. Insieme abbiamo prodotto una triangolazione virtuosa tra alta formazione artistica, alta formazione musicale, impresa teatrale e dell’intrattenimento. I nostri studenti di Scenografia e di Nuove tecnologie dell’arte sono stati chiamati a cooperare con i musicisti e i cantanti del Conservatorio nella realizzazione di veri spettacoli andati poi in scena con grande successo, coinvolti nella progettazione delle scenografie, dei costumi, degli apparati installativi, delle l3170777uci, ma anche nella viva esperienza del teatro, della sua organizzazione, della sua vita interna e dietro le quinte. Esperienze pienamente professionalizzanti che hanno dato luogo a rappresentazioni di grande livello, come per esempio l’opera Alfred! Alfred! di Franco Donatoni, La cambiale di matrimonio di Rossini, attualmente il Don Giovanni di Mozart in programma il prossimo 3 maggio al Teatro Carcano di Milano, e molte altre ancora. Ho poi favorito e promosso la sottoscrizione di convenzioni e collaborazioni su progetti concreti di messinscena, a loro volta realizzati, con il Teatro Nazionale di Milano, con il Ravenna Festival, con la stessa Pinacoteca di Brera. L’obiettivo è quello, fondamentale, di portare gli studenti a sperimentare un’esperienza professionale fuori dalle aule, a “sporcarsi le mani”, come si dice, con tutti gli aspetti della vita teatrale. Da qui nasce anche il progetto al quale forse tengo di più tra quelli realizzati in questi anni di vice direzione e di direzione di dipartimento a Brera, un progetto nato nel 2017 e che ha già dato e continua a dare risultati straordinari. L’obiettivo, raggiunto con esiti che superano di gran lunga le aspettative, era di dotare l’Accademia, in particolare i suoi indirizzi di Scenografia e di Nuove Tecnologie. di un sistema di rapporti convenzionati che fossero in grado di facilitare, nella fase finale del percorso formativo, la professionalizzazione degli studenti attraverso l’attivazione di tirocini presso le aziende dei diversi settori, mettendo al tempo stesso a disposizione delle stesse aziende, a titolo non oneroso, mano d’opera specialistica, tutelata dal punto di vista assicurativo. Un baratto virtuoso, insomma, che prevede lavoro in cambio di formazione professionalizzante (né più né meno dell’antico concetto dell’“andare a bottega da un Maestro”), all’interno di una città alimentata come nessun’altra da questo genere di attività. I risultati, in meno di due anni, sono straordinari, e hanno coinvolto moltissime figure di studenti coerenti con gli ambiti professionali nei quali operano oggi le imprese dello spettacolo, della moda, del design, del tessile, del cinema, della televisione e del commercio. Le segnalo alcuni numeri, per rendere l’idea: tra le diverse realtà con cui abbiamo avviato il progetto ci sono la Fondazione Teatro Fraschini di Pavia, la Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli, la Fondazione Teatro Franco Parenti di Milano,  Fondazione Giorgio Gaber, DAG (Dalia Gaberscik), il Gruppo Guffanti, Yogafestival, Superstudio di via Tortona, Change Performing Arts, Fondazione Teatridithalia (Elfo); abbiamo realizzato quasi un centinaio di turni di stage pari a quasi 40.000 ore di attività; gli studenti coinvolti hanno partecipato a tournée in Europa, in Russia (Mosca e San Pietroburgo) e  negli Stati Uniti, alla produzione di varie opere liriche, alla produzione e debutto al Teatro Romano di Pompei, al Festival di Spoleto e alle repliche al Teatro Olimpico di Vicenza di Oedipus di Bob Wilson, alla realizzazione scenica e tournée del Viaggio a Reims e di Cavalleria rusticana, per la regia di Emma Dante, e molte altre in corso attualmente di realizzazione, svolgendo di volta in volta compiti di sartoria, costumi, assistenti di palcoscenico,  produzione scenografica, assistenza alla direzione, laboratorio tecnico scenografico, produzione e postproduzione video. Vorrei per il futuro più prossimo che questo modello venisse esteso anche alle altre Scuole dell’Accademia e ai relativi campi di attività.

7 Come si colloca in questo ampio scenario di iniziative da lei promosse, la programmazione di concerti dedicati agli studenti ma aperti anche a un pubblico esterno?

3172678Oltre a un ciclo di concerti che da alcuni anni programmo, insieme al Conservatorio, in aula magna nell’ambito del mio corso di Storia della Musica con cicli di volta in volta dedicati a una tematica specifica (un ciclo su Franz Liszt, uno su Claude Debussy in occasione, nel 2018, del centenario della morte, uno su musica e letteratura) ed eseguiti dai migliori studenti del Conservatorio, proprio lo scorso anno ho organizzato una rassegna, sempre legata ai miei corsi ma aperti anche al pubblico, sul tema “Suono e arte”: spettacoli di musica colta, popolare, jazz, che hanno dato agli studenti la possibilità non solo di ascoltare dal vivo le musiche di alcuni tra i grandi maestri della musica del passato e del ‘900 (Bach, Schumann, Liszt, Debussy, Schoenberg, Luigi Nono, Luciano Berio, Morton Feldmann, Franco Donatoni, Sylvano Bussotti, Ligeti, e moltissimi altri) ma anche di autorevolissimi compositori di oggi con opere in prima esecuzione assoluta. Ma soprattutto, ogni concerto è stato, e ancora di più sarà in questa prossima stagione, l’occasione per mettere in dialogo musicisti, artisti, intellettuali, filosofi, storici dell’arte e della musica sugli scambi, i riflessi, le complicità possibili oggi più che mai tra le diverse arti. I concerti andavano dal canto popolare delle mondine alla canzone del ’68 in occasione del cinquantennale del movimento culturale, a concerti tematici di musica contemporanea e non. Basti dire, a mo’ d’esempio, del concerto intitolato omaggi e incentrato su brani di autori del ‘900 dedicati ad artisti, dall’Omaggio a Emilio Vedova di Luigi Nono, a Omaggio a Burri di Salvatore Sciarrino, da De Kooning di Morton Feldmann a un omaggio di un grandissimo compositore di oggi, Gyorgy Kurtag, a un monumento della musica romantica come Robert Schumann. Ma vorrei far notare il carattere anche metodologicamente esemplare di questi incontri: qui si sono riuniti studiosi dell’arte e della musica che con brevi interventi hanno introdotto gli artisti dedicatari delle opere e i rispettivi compositori in un agile confronto che ha gratificato e arricchito il folto pubblico composto soprattutto da giovani studenti non solo di Brera. In aggiunta, alcuni studenti di arti visive della nostra Accademia hanno proposto, durante le esecuzioni, delle action painting, delle azioni pittoriche estemporanee sollecitate dall’ascolto del brani. Credo che tutto questo, insieme al resto che dicevamo, possa essere un modello non solo formativo ma anche di divulgazione più ampia delle nuove tendenze dell’arte e della musica.

8 Lei è stato già Vicedirettore di Brera con la Direzione del Prof. Franco Marrocco che stimo grandemente come amico e artista, ed oggi  lei vive ancora la nomina con la nuova direzione appena insediatasi del Prof. Giovanni Iovane, altro prestigioso docente di Brera. Quali novità ha potuto rilevare fra le due direzioni? Che progetti sta portando avanti con il nuovo percorso  onde poter ridare a Brera una cornice  ancor più internazionale  e soprattutto capace di farsi leva ed apripista sulla qualità formativa?

Pur non essendoci discontinuità tra le due Direzioni, diversi sono gli attori in campo, sia come personalità e carattere, sia per la loro impostazione di gestione dell’Accademia intesa come valori prioritari da sviluppare. Inoltre, nella precedente gestione il mio ruolo di vice direzione era più concentrato sul funzionamento della sede distaccata di viale Marche, ruolo che mantengo ancora adesso, ma con una partecipazione piena, ora, alla conduzione dell’intera Brera, in perfetta armonia e coesione, oltre che con il Direttore Prof. Iovane, anche con la collega Prof.ssa Maria Cristina Galli con cui condivido la vicedirezione. La linea che stiamo sviluppando, anche in piena condivisione con la nostra Presidente, Dott.ssa Livia Pomodoro che all’Accademia sta dando tantissimo, è quella di un forte impulso a consolidare ed espandere il ruolo di Brera quale istituzione di eccellenza nella formazione artistica nel panorama nazionale e internazionale, anche attraverso una sorta di autonomia che ci consenta di agire appunto da apripista o da avanguardia o forse da punta di diamante dello studio delle arti oggi in Italia e nel mondo. Certo, il processo di acquisizione dell’ex Scalo Farini come nuova sede distaccata di Brera, in sostituzione proprio della sede di viale Marche, ma anche di Arcore, dov’è dislocata la scuola di Restauro, mira esattamente alla realizzazione, secondo una visione avanzatissima che ci vede coesi in prima linea insieme  alla Presidente Pomodoro, di un Campus delle Arti di Brera: un’idea straordinaria che farà di Brera un’istituzione unica non solo in Italia o in Europa. Non a caso il recente evento inaugurale dell’anno Accademico, svoltosi in febbraio, riuscito con un formidabile successo organizzativo e di qualità dei contenuti, l’abbiamo voluto proprio nella sede ancora disadorna e tutta da ripristinare dello Scalo Farini. Ecco, se vuole un riferimento simbolico del nuovo corso dell’Accademia di Brera, prenda quella giornata memorabile, in quel luogo, con quegli ospiti e quella straordinaria partecipazione emozionata di ospiti, studenti e professori. Sono personalmente orgoglioso di aver proposto e di essere riuscito ad avere come ospite insignito della Laurea Honiris Causa, insieme alla rapporteur dell’Onu dott.ssa Hilal Elver, il grande compositore Ennio Morricone, non solo per l’amicizia più che ventennale, ma soprattutto per la meravigliosa lectio magistralis che ci ha regalato emozionandoci ed emozionandosi egli stesso. La visione avanzatissima sulla relazione tra musica, immagine e  arti varie, ma anche le considerazioni illuminanti e piene di umiltà sul suo lavoro passato, presente e futuro sono state una lezione di inestimabile valore estetico ed etico per tutti noi, e in definitiva una luce che illumina simbolicamente proprio i nostri prossimi compiti per la realizzazione di una formazione orientata verso un avvenire di altissima eccellenza. L’evento si è concluso con una meravigliosa improvvisazione pianistica sul tema de “Il buono, il brutto, il cattivo”  donata dal grande jazzista Enrico Intra all’amico Morricone.

9 L’Accademia di Brera e la sua cattedra in particolare cosa hanno in programma tra Convegni ed eventi concertistici per il prossimo biennio?

Riprenderemo già dalle prossime settimane la programmazione di concerti dedicati al rapporto tra musica e arte. Per quest’anno, oltre ai concerti nell’ex chiesa di San Carpoforo, nostra sede aggiuntiva per la didattica luogo deputato per i concerti, stiamo progettando un grande evento spettacolare da realizzare nel cortile Napoleonico in luglio, in occasione dell’inaugurazione di Accademia Aperta (una sorta di open day della durata di un mese), con il coinvolgimento di musica dal vivo ed elettronica, luci, proiezioni e video mapping, azioni performative e sceniche – insomma una sorta di raffigurazione concentrata di tutto quello che si realizza a Brera – dedicate una volta di più alla nostra principale vocazione, quella del dialogo tra le arti. Inoltre stiamo lavorando operativamente a un progetto ambizioso di partecipazione alla prossima Biennale arte di Venezia dove avremo a disposizione uno spazio espositivo e performativo in cui  realizzeremo concerti intorno ad alcune sculture-strumento, dal violino di Kounellis alle pietre sonore di Pinuccio Sciola, alle arpe eolie e ai pianoforti preparati di Mario Bertoncini. Inoltre ci saranno workshop di pratica curatoriale e di sound design, quest’ultimo tenuto dal pioniere mondiale della disciplina, lo statunitense Bill Fontana. Sono tutte esemplificazioni dell’indirizzo non solo , di forte internazionalizzazione, di massima apertura e visibilità all’esterno ma anche di forte innalzamento della qualità culturale che stiamo dando e che daremo sempre di più a Brera.

10 Lei ha anche una presenza in Canton Ticino- Svizzera in una sede universitaria di Alta Formazione. Come vive questa esperienza e come la  confronta con quella di Brera? 

Come ricordavo prima, la mia esperienza professionale in Svizzera e in particolare nel Canton Ticino è antica ormai, e data dagli anni ’90. I tanti anni di insegnamento all’Accademia di Architettura di Mendrisio, ma anche la lunga frequentazione degli studi radiofonici della Rete2 della Radio della Svizzera italiana dove fin dai primi anni ’90 curo l’ideazione e la conduzione di programmi culturali e musicali, sono una parte fondamentale della mia vita e della mia crescita professionale. Le differenze tra l’Università svizzera e Brera ci sono, è evidente, anche per la diversa, almeno in parte, strutturazione del percorso formativo. Tuttavia, le affinità ci sono, e non poche. Intanto perché se è vero che Brera è istituzione di alta formazione artistica di fama internazionale, l’Accademia di Architettura si è accreditata in pochi anni (nasce infatti nel 1996) come una delle facoltà più prestigiose al mondo in questa disciplina. E poi il nome. Fin dall’inizio l’Architetto Botta ha voluto chiamarla Accademia, per distinguerla dai Politecnici federali (di Losanna, di Zurigo) e italiani, puntando a una formazione umanistica, polidisciplinare, anche artistica dei futuri architetti. Non a caso sono stato chiamato fin dall’inizio a tenere il corso su musica e architettura, e da subito vi si sono impartite materie vicine a quelle di Brera come Scenografia, Cinema, disegno o pittura. Sono due realtà che formano figure diverse ma che si assomigliano e alle quali sono felice di essere così legato.

 

Roberto Favaro (Padova 1961), laureato in filosofia presso l’Università di Padova, si è perfezionato in musicologia presso la Humboldt Universität di Berlino e ha studiato Musica elettronica presso il Conservatorio di Padova. È Vicedirettore dell’Accademia di Belle Arti di Brera dove è stato dal 2013 al 2019 anche Preside del Dipartimento di Progettazione e Arti Applicatee dove è professore di Storia dello Spettacolo, di Storia della Musica contemporanea e di Storia della musica e del teatro musicale. Dirige il Master “Soundart – Sound design for art and entertainment in the creative industries” promosso da Ard&ntInstitute (Consorzio dell’Accademia di Brera e del Politecnico di Milano) di cui è Presidente. Dal 1999 a 2018 ha insegnato “Spazio sonoro – Sound design”come visiting professor presso l’Accademia di architettura di Mendrisio (Università della Svizzera italiana). Sempre come professore invitato per chiara fama ha inoltre insegnano dal 2002 al 2012 Storia della Musica presso la Facoltà di Design e Arti dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (Iuav). Nel campo della ricerca e dello studio ha approfondito il rapporto tra la musica e le altre discipline artistiche e della comunicazione, con particolare attenzione ai rapporti con la letteratura, l’architettura, le arti visive e plastiche, il cinema e l’audiovisione in generale.

Numerosi i libri pubblicati in Italia e all’estero, tra cui L’ascolto del romanzo. Mann, la musica, i Buddenbrook (Milano, Ricordi, 1993);Storia della Musica (Introduzione di Ennio Morricone, Milano, Nuova Carisch, 1999);Vademecum della Storia della musica, vol. I: “Da Monteverdi a Bach, 1600-1750” (Milano, Warner Bros, 2000); Vademecum della Storia della musica, vol. II: “Da Mozart a Wagner, 1750-1890” (Milano, Warner Bros, 2000); ZwischenDekadenz und Comic-Strip: Stimmen, Klänge und Musik in der italienischen Literatur des 20. Jahrhunderts (Berlino, Weidler Buchverlag, 2001);Sound, Music, Writing – The soundtrack of 20th Century Italian Literature(Oxford, Boulevard Books, 2002);La Storia della Musica dal 1600 ad oggi, Milano (Warner Bros, 2002); La musica nel romanzo italiano del ‘900 (Milano, Ricordi, 2003); Musiche da leggere – Romanzi da ascoltare. Pagine sonore dalla narrativa italiana del ‘900 (Milano, Ricordi, 2010); Suoni e sculture. Le pietre e le città sonore di Pinuccio Sciola (Cagliari, Arkadia, 2011);Spazio sonoro. Musica e architettura tra analogie, riflessi, complicità (Prefazione di Mario Botta, Venezia, Marsilio, 2011), Suono e Arte.  La musica tra letteratura e arti visive (Venezia, Marsilio, 2017). Ha inoltre curato diversi volumi, tra cui:  Musica e infanzia, Milano, Unicopli, 1991; L’opposizione musicale. Scritti di Luigi Pestalozza sulla musica del ’900, Milano, Feltrinelli, 1991; Suono e cultura, Modena, Mucchi, 1994 ;La musica nella Germania di Hitler, Lucca, Lim Libreria Musicale Italiana, 1996; Musica e tecnologia domani, Milano, Lim-Teatro alla Scala, 2002; Ascoltare la pietra. Sculture di Pinuccio Sciola, Roma, Gangemi, 2013. È Direttore della Rivista quadrimestrale di studi musicali Musica/Realtà.

Nel 2017 è stato designato quale Direttore artistico, per la parte musica classica e lirica, del Teatro Lirico di Milano di prossima riapertura. Inoltre collabora e ha collaborato come musicologo, consulente e saggista con importanti enti lirici e concertistici tra cui il Teatro alla Scala, il Teatro la Fenice, il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Carlo Felice di Genova, i Teatri di Reggio Emilia, la Fondazione Toscanini di Parma, il Festival Internacional de Musica y Danza di Granada, il Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo,  il Festival Milano Musica, il Festival MiTo.  Ha tenuto numerose conferenze e partecipato come relatore a numerosi convegni  di musicologia in Italia, in Europa, negli Stati Uniti e in America Latina, collaborando tra l’altro con Università e Istituti culturali di Padova, Cagliari, Milano, Venezia, Amburgo, Darmstadt (FerienkursefürNeueMusik), Madrid, Bratislava, Lugano, Lubiana, Mendoza (Argentina), San Francisco (Usa) e molti altri. Negli ultimi anni ha molto intensificato anche l’attività radiofonica come conduttore e ideatore di programmi culturali e musicali per la Rete2 della Rsi – Radiotelevisione della Svizzera italiana. Tra le più recenti realizzazioni, vanno ricordati i lunghi cicli dedicati a “Spazio sonoro” sul rapporto musica-architettura, “Musica per immagini” sul rapporto musica-arti visive, “L’ascolto del romanzo” su musica e letteratura, “Note e visioni” su musica e cinema. Così come un lungo ciclo di trasmissioni dedicato all’influsso di Wagner e Verdi sulle altre arti: romanzo, pittura, cinema, fumetto, scultura, architettura, filosofia.

Carlo Franza

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