La Salamandra, 1973, Tecnica mista su tela, 150x130 cmDopo il successo dell’esposizione dedicata l’anno scorso a Carlo Nangeroni ecco ora “Sandro Martini – Quantità – Spazio – Colore”, titolo della personale presentata quest’anno ancora una volta nella fantastica cornice di Villa Borromeo Visconti Litta a Lainate, Milano, aperta fino  al 26 Maggio 2019 ed organizzata dalla MR FINE ART. A curarla, come la precedente, Daniele Palazzoli, che segue il lavoro dell’artista da sempre, prima come gallerista ed ora da co-direttore del dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea alla casa d’aste Cambi. L’ultima collaborazione fra i due risale al 2012, una doppia personale negli spazi della storica Galleria Blu di Milano; l’obiettivo in quell’occasione fu quello di non far passare sotto silenzio in Italia un evento internazionale che riguardava Martini, ossia la presentazione al pubblico di Toronto, Canada, di un’opera realizzata dall’artista, parte integrante della grande hall di un grattacielo denominato Burano Building e quindi patrimonio della città e, soprattutto, dell’Ontario Museum che, apprezzandone la qualità artistica, ne autorizzò la realizzazione: un lavoro dalle dimensioni imponenti, costituito da una parete dipinta a fresco di duecentottanta metri quadri e da sei elementi in vetro, incisi e colorati, ciascuno di sette metri quadri, sospesi su cavi d’acciaio, che interagiscono in un gioco di rispecchiamenti e confronti ben rappresentato nel titolo: “Glass Memory” (La memoria del vetro). A distanza di sette anni dunque una nuova collaborazione fra i due, ideata dalla MR FINE ART con lo scopo di rendere omaggio a Sandro Martini attraverso una mostra antologica di ampio respiro che vuole presentare al pubblico una selezione accuratissima di opere che abbracciano tutto il periodo creativo dell’artista: partendo da “Miscelatore di colore e forma” del 1961 si arriva alla serie delle “pagine”, tramite capolavori quali “Pagina Abeille” del 1964, cm.160×120 e “Pagina 89 – 28 luglio 1968”, cm.200×180. Dagli anni ‘60 si passa agli anni ‘70, con la serie delle “quantità” e le rarissime “Salamandre”, proseguendo fino alle energiche tele degli anni ‘80, le “trascrizioni” su carta intelata degli anni ‘90 per poi arrivare alle sue ultime realizzazioni, le tele cucite degli ultimi anni, le sue installazioni in plexiglass (“Cages”) e gli affreschi. ???L’artista è noto anche per le sue installazioni monumentali (l’ultima risale al giugno dello scorso anno presso lo Spazio Officina a Chiasso in Svizzera), quasi sempre di natura temporanea come quella del 1993 fra gli edifici del PAC e GAM a Milano, e per questo evento è già pronto un progetto per una nuova installazione all’interno degli spazi di Villa Borromeo Visconti Litta. La sua opera e il carattere del progetto di intervento avanzato in questo caso sono documentati dal catalogo della mostra, in cui figurerà una scelta di opere dell’artista che copre molti momenti della sua attività.  Lo spazio e il colore sono i temi centrali della ricerca di Sandro Martini, per il quale l’opera non è definita da ciò che vediamo all’interno di una superficie dipinta ma va percepita oltre allo spazio chiuso del supporto (e le installazioni performance rispondono proprio a questa profonda e intima esigenza). L’opera dell’artista non va interpretata nella singola realizzazione di un quadro, ma ogni opera rappresenta una parte, “quantità”, che costituisce e conferisce significato alla globalità del suo lavoro.

Sandro Martini, artista della spazialità, sfida il dinamismo dell’arte, con opere che fuoriescono letteralmente dalla tela in una ricerca di movimento e di rottura dei confini che unisce la potenza del colore e la forza delle dimensioni, spesso monumentali. Sandro Martini nasce a Livorno il 21 aprile 1941. La madre, Marta Zalùm, è di origini armene e il padre, Oreste, è ingegnere e vicedirettore del cantiere navale Ansaldo. La vera figura di riferimento è il nonno, Giuseppe Zalùm, armeno-siriano di ricca famiglia che da sempre ha avuto un legame con l’Occidente. Nella sua grande casa all’Ardenza di Livorno, casino mediceo del ‘600, il giovane Martini si forma fra le opere della collezione personale del nonno nella quale compaiono un Tiepolo e autori fiamminghi. Tramite il padre e la frequentazione quotidiana al cantiere navale entra poi in contatto con ogni sorta di materiale, aspetto che sarà fondamentale per la sua crescita artistica. Il primo incontro che lo spinge verso la pittura è quello con il livornese Franco Lipizer che lo incoraggia a dipingere all’aperto. Segue i corsi dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, poi dell’Istituto d’Arte “A. Passaglia” di Lucca dove si diploma nel 1958. Le prime opere formative sono paesaggi e ritratti, rimane colpito dalle opere di Osvaldo Licini esposte a Livorno nel 1958, ma la collaborazione con Gino Marotta, con cui realizza i rilievi della nuova sinagoga, lo porta in contatto con il mondo artistico romano: il Gruppo Crak, la scoperta di Tobey, Pollock, Rothko e la pittura americana; e contemporaneamente in letteratura Robbe-Grillet, Simon, Perec e il poeta Sandro Penna gli aprono nuovi orizzonti artistici e culturali. Al rientro a Livorno, lascia tavolozza e pennello per imbracciare fiamma ossidrica, saldatrice, chiodi, martelli, lamiere, assi di quercia che sostituiscono i classici materiali della pittura.

sandro-martini-pittore-vendita-quadri-opere-prezzi-quotazioni-294x300Tra il 1956 e il 1959 inizia a prendere parte a diverse esposizioni e ottiene i primi premi e riconoscimenti dalla critica. In occasione di una breve permanenza a Firenze rimane affascinato dalle carte colorate e accartocciate poi distese su tela di Corrado Cagli, che avrà poi modo di conoscere più tardi nel suo studio a Roma. Nel 1961 si sposta a Milano, giunto nel capoluogo meneghino, entra in contatto con il pubblicitario Mario Allemandi, direttore dello Studio Stile, e tra gli altri Franco Albini, Luciano Foà, Giangiacomo Feltrinelli e il critico Franco Russoli. Nello stesso anno conosce l’opera di Kurt Schwitters, artista tedesco che nei suoi collage polimaterici accosta materiali poveri, di scarto come frammenti di carte colorate, refe, ritagli pubblicitari, stoffa, legno sughero e cartone per dare nuova vita alla materia ormai logora. Grazie alla sua lezione, Martini inizia a utilizzare la tecnica del collage tra la fine degli anni Cinquanta e primi anni Sessanta, mentre con il pittore Tancredi Parmeggiani instaura un forte legame, spezzato dalla morte dell’amico, avvenuta nel 1964 a soli 37 anni. A Milano visita molte mostre tra cui le personali alla Galleria dell’Ariete di David Hockney e Mark Tobey: l’incontro con quest’ultimo, inventore delle “scritture pittoriche” nate in Estremo Oriente, è particolarmente stimolante e fecondo per Martini. Nel 1963 si trasferisce a Sesto San Giovanni dove, grazie all’aiuto di Giovanni Fumagalli, direttore della Galleria delle Ore, conosce numerosi artisti tra cui Enrico Castellani, Agostino Bonalumi rimanendovi fino al 1965, anno della sua prima personale proprio alla Galleria delle Ore. L’anno precedente Martini firma la sua prima opera incisoria dopo l’incontro con lo stampatore Giorgio Upiglio, con il quale realizza il primo libro d’artista, “Rosaspina” (1972), dove reinterpreta la celebre fiaba dei Fratelli Grimm. Gli anni Settanta segnano una nuova tappa del percorso artistico di Martini che inizia la ricerca sulla spazialità con l’esposizione di alcune opere nel 1973, presso la Galleria Il Milione: qui i dipinti si fondono e dialogano con lo spazio e il colore si espande oltre il perimetro del quadro grazie a tele e nastri colorati. Le successive installazioni alla Galleria Blu e alla Galleria Mantra di Torino nel 1975 confermano la strada verso la spazializzazione dell’opera per cui “tutto è quadro”, nel coinvolgimento dell’intero spazio della galleria . Tratto imprescindibile del percorso artistico di Sandro Martini è la costante ricerca di nuove tecniche pittoriche. Dopo la tecnica del collage abbinata all’aerografo e agli stencil degli anni Sessanta, l’artista prosegue nella ricerca incessante di nuovi mezzi espressivi.

Come scrive Luigi Sansone nel suo “Catalogue Raisonné”, Martini lavora sul “colore liquido, ottenuto dai pigmenti stemperati in una soluzione preparata con acido acetico, acqua, sale e bicarbonato, portata quasi ad ebollizione e poi fatta scendere a circa cinquanta gradi”. Anche il calore gioca un ruolo fondamentale. Mentre il colore ancora fuma sulla tela, l’artista usa un pennello pregno d’acqua cosicché, una volta raffreddato, acquisti nuove tonalità. Intorno alla metà degli anni Novanta, dopo il ciclo di opere realizzate con frammenti di carte colorate applicate su carta foderata, Martini concepisce le “tele cucite” dove frammenti di tele vengono proprio cucite sulla superficie. Ancora oggi la sua ricerca pittorica continua. Come scrive Miklos Varga “i quadri di Martini sono strutturati internamente, hanno come punti di riferimento concettuali alcune linee guida che, dal basso verso l’alto, e diagonalmente da destra verso sinistra, regolano l’afflusso emozionale del fare pittura esplicandovi il proprio rôle per analogie segnico-cromatiche”.

Carlo Franza

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