Liam Gillick campione della videoarte, nella prima retrospettiva dedicata ai suoi film, in mostra al Museo Madre di Napoli.
La Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee presenta la prima mostra retrospettiva dedicata esclusivamente ai film di Liam Gillick (Aylesbury, UK, 1964), uno dei più importanti artisti contemporanei a livello internazionale. In piedi in cima a un edificio: Film 2008-2019, a cura di Alberto Salvadori e Andrea Viliani, per la prima volta approfondisce la produzione video-filmica di Gillick in un allestimento site-specific concepito dall’artista appositamente per la mostra al museo Madre.
A partire dai primi anni Novanta, Gillick ha prodotto opere che includono l’installazione, la scultura, l’intervento testuale, il video, il suono e l’animazione digitale, e che si sostanziano nella relazione con un’intensa produzione teorica e critica. Al centro della pratica artistica di Gillick risiede un insieme complesso di temi tra loro profondamente correlati: la relazione con lo spazio, inteso non solo come fisico ma anche politico, sociale ed economico; la centralità del ruolo dello spettatore quale agente attivo e produttore di significato; il mondo della comunicazione e i rapporti di interdipendenza tra economia tardo-capitalista/neo-liberale, arte e istituzioni.
Fin dai suoi esordi, infatti, Gillick ha posto il confronto con lo spettatore al centro del suo lavoro di ricerca, attraverso la creazione di situazioni – sia formali che performative – in cui sono messi criticamente in discussione alcuni parametri legati alla fruizione dell’arte, al funzionamento delle istituzioni ad essa deputate, quali i musei, alla creazione e alla trasmissione del concetto di “valore”. Dal 1995 Gillick ha prodotto sculture e installazioni, diventate le sue opere più iconiche, una selezione delle quali chiude il percorso di mostra. Basate su semplici strutture modulari in metallo e plexiglas, queste opere rivelano come la tradizione del Minimalismo sia stata neutralizzata e inglobata dall’industria dell’intrattenimento e dalla corporate culture contemporanea.
La mostra al Madre presenta, per la prima volta insieme, i più importanti video e film di Gillick realizzati dal 2008 in poi, in un allestimento che integra le opere – proiettate o su monitor – nell’architettura del museo. Per la prima volta il pubblico può così approfondire la componente più intima della ricerca dell’artista, costituita da opere video-filmiche che spesso nascono all’interno dell’ambiente domestico, nella casa-studio di Gillick a New York, dove le sue idee fluiscono e prendono forma. Rispetto alle opere scultoree o installative, video e film appaiono, in tal senso, come un’ulteriore elaborazione ed estensione della ricerca di Gillick sul valore dell’interpretazione quale compito infinito, che non può mai dirsi esaurito. Nell’opera dell’artista la pura interpretazione diviene strumento di costruzione narrativa e il linguaggio diventa quanto di più decisivo vi sia nell’ermeneutica contemporanea.
Gillick elegge la sua opera filmica a paradigma dell’intuizione, intesa come rappresentazione critica in cui il soggetto è contestualizzato e analizzato, anche in sua assenza. I veri protagonisti di queste opere sono infatti spesso altrove, o fuori scena, occupando la stessa posizione dello spettatore. Gillick richiama così, nei suoi video-film, una delle opere fondamentali della storia dell’arte moderna, Las Meninas (1656) di Diego Velázquez. Il pittore spagnolo, in questo suo quadro, mostra se stesso mentre guarda l’osservatore, si rappresenta nell’atto di rappresentare, a sua volta, i suoi veri modelli fuori scena, il Re e la Regina di Spagna, visibili nel quadro solo indirettamente, attraverso un tenue riflesso su uno specchio in fondo alla stanza. Analogamente Gillick è sempre presente, come soggetto-oggetto di ogni suo film. Anche se non lo vediamo, l’artista siede al tavolo di lavoro all’interno della sua casa-studio, mentre osserva ed esplora il mondo intorno a sé.
Nel percorso di mostra al Madre, ogni sala è contrassegnata da interventi differenti ma fra loro rispondenti (manifesti, pitture e scritte murali, scansione temporizzata delle colonne sonore rispetto alle immagini), che delineano un percorso conoscitivo ancor prima che di visita.
Liam Gillick, è nato a Aylesbury, UK, 1964). Tra le principali mostre personali di Liam Gillick: The Light Is No Brighter, CAC-Contemporary Art Centre, Vilnius (2017); Campaign, Serralves Museum, Porto (2016-2017); All-Imitate Act, Stedelijk Museum, Amsterdam (2015); From 199C to 199D, Magasin-Centre National d’Art Contemporain, Grenoble (2014); From 199A to 199B: Liam Gillick, Hessel Museum of Art, Bard College, New York (2012); A Game of War Structure, IMMA- Irish Museum of Modern Art, Dublino (2011); One long walk… Two short piers…, Bundeskunsthalle, Bonn (2010); Three Perspectives and a Short Scenario, Witte de With Center for Contemporary Art, Rotterdam, Kunsthalle, Zurigo (2008), Museum of Contemporary Art, Chicago (2009); A Short Text on the Possibility of Creating an Economy of Equivalence, Palais de Tokyo, Parigi (2005); 2003 Projects 79: Literally, MoMA-Museum of Modern Art, New York (2003); Annlee You Proposes, Tate Britain, Londra (2001). Tra le principali mostre collettive: Adventures of the Black Square: Abstract Art and Society 1915–2015, Whitechapel Gallery, Londra (2015); Une Histoire: Art, Architecture, Design des années 1980 à nos jours, Centre Pompidou, Parigi (2014); 9 artists, Walker Art Center, Minneapolis (2013).
Nel 2015 l’artista ha partecipato alla Biennale di Istanbul e alla Biennale di Mosca; nel 2009 ha rappresentato la Germania alla Biennale di Venezia. Gillick ha ricevuto il Paul Cassirer Kunstpreis (Berlino, 1998) ed è stato nominato al Turner Prize (Tate Modern, Londra, 2002) e al Vincent Award (Stedelijk Museum, Amsterdam, 2008).
Carlo Franza