Giorgio Petrocchi nel trentesimo della scomparsa. L’avventura di un filologo italiano, Ordinario di Letteratura Italiana all’Università La Sapienza di Roma.
Il mio è il ricordo di un amico. Il ricordo di Giorgio Petrocchi, raffinato studioso di letteratura italiana, scomparso trent’anni fa (1921-1989). Lo incontravo spesso nel Dipartimento di Italianistica del Magistero di Roma -La Sapienza in Via dei Mille, istituto che dirigeva, ove insegnavano anche i colleghi Enzo Esposito, Marcello Aurigemma, Graziella Pagliano Ungari, Umberto Bosco e altri ancora. Anni dove l’Università La Sapienza di Roma viveva , a volerla dire tutta “la sua bella vita”, anche se non c’erano piattaforme elettroniche, pastoie burocratiche, sistemi di valutazione(Anvur), ma solo e solamente ricerca, insegnamento spassionato fatto di tanta e ancora tanta serietà. E diciamolo anche senza sotterfugi e nascondimenti che Giorgio Petrocchi rappresentava l’anima cattolica della letteratura italiana, mentre l’altra area comunista e marxista aveva figure illuminanti come Natalino Sapegno e Alberto Asor Rosa (Ordinari a Lettere) per citarne solo due. Così si componeva la vita del Professor Giorgio Petrocchi, scomparso trent’anni fa, il 7 febbraio del 1989. Un collega che conosceva a fondo l’intero arco della letteratura italiana, che indagava e studiava in lungo e in largo, spaziando su secoli con quel “sentimento di anni irripetibili, sereni nonostante tutto, anche se la coltre del tempo reca con sé rimpianti e mestizie”, come scriveva nella premessa al suo “Rinascimento italiano”. Rileggere le pagine dei suoi indimenticabili libri fa pensare proprio a quei dipinti rinascimentali italiani, in cui una luce preziosa filtra i paesaggi della sera, incontrando figure umane scandite fra gesti di gioia e sofferenza. Con intuito paziente, Petrocchi sapeva collegare dettagli e ricostruire le verità nei testi come nelle esistenze dei loro autori, che fossero Aretino o Folengo, Carducci o Leopardi, San Francesco o Gasparo Gozzi. Lo incuriosivano Foscolo traduttore di Saffo come Giovanni Faldella, Giacosa come Silone; e gli stranieri altrettanto, così Puskin, ad esempio, di cui firmò una Introduzione al teatro nel 1942. Lo interessava molto la letteratura regionale: sono del 1948 gli Scrittori piemontesi del secondo Ottocento; era un fine lettore dei mistici, come Angela da Foligno, ma anche dei classici, come Orazio o Virgilio; l’attenzione per Dante, Tasso e Manzoni è continua per l’intero arco della sua attività, conclusa anzitempo e di colpo. Appena prima della morte improvvisa era intento a preparare una lettura radiofonica della Commedia. Il suo archivio, oggi ben custodito dalla figlia Francesca, che ha seguito l’esempio e il lavoro del padre, contiene molti inediti e un vastissimo epistolario, con scambi di opinioni, ragguagli, idee, in lettere fra Petrocchi e Gianfranco Contini, Corrado Alvaro, Giuseppe De Robertis, Maria Corti, Luciano Anceschi, Giuseppe Dessì, Vittore Branca ed altri ancora.
Lettere ricche di verità e di intelligenza, di confidenza e di fiducia, se una grande studiosa gli confessava “Mi farei coraggio e affronterei la vita della pensionata. Non c’è altro modo di lavorare in pace”; e ancora, in un altro passaggio: “Se prima o poi mi deciderò, in un testo estemporaneo, a tracciare un quadro della vita universitaria italiana, la materia non mi mancherà certo; per ora, colleziono impressioni”. Note, fra le tante, anzi tantissime, pescate fra le carte ancora inedite di Giorgio Petrocchi, un carteggio ricco di memorie di quegli anni, che andrebbero studiate, e aprirebbero sicuramente cornici e testimonianze dotte, certo, ma anche lascerebbero leggere il suo impegno civile e universitario, un impegno che forse manca purtroppo a tanti professori e colleghi delle università italiane.
Petròcchi, Giorgio. – Critico e filologo italiano (Tivoli 1921 – Roma 1989). Indagatore di tutto il nostro patrimonio letterario, dal Duecento al Novecento, P. ha dedicato molta parte del suo impegno di studioso all’opera dantesca. Come filologo, ha curato numerose edizioni critiche; su tutte emerge, per l’eccezionale impegno di lavoro e d’impostazione, l’edizione della Divina Commedia, realizzata in base alla tradizione manoscritta anteriore a G. Boccaccio.
Vita. Professore Ordinario di letteratura italiana nelle università di Messina (dal 1955) e Roma – La Sapienza – Facoltà di Magistero (dal 1961), collaboratore dell’Istituto della Enciclopedia Italiana e in partic. redattore capo dell’Enciclopedia Dantesca, fu membro dell’Accademia della Crusca e socio naz. dei Lincei (1983). Assidua è stata negli anni Ottanta, accanto alla prestigiosa attività scientifica, quella giornalistica (con recensioni e interventi su Avvenire, Il Tempo, L’Osservatore Romano, Il Gazzettino).
Opere. Studioso acuto e sensibile, attento agli aspetti linguistici e dotato di una salda impostazione storicistica, fornì importanti contributi su quasi tutti i secoli della letteratura italiana: dal Trecento (Ascesi e mistica trecentesca, 1957) al Quattrocento (Masuccio Guardati e la narrativa napoletana del Quattrocento, 1953), al Cinquecento (Pietro Aretino tra Rinascimento e Controriforma, 1948;Matteo Bandello, 1949; I fantasmi di Tancredi , 1972), all’Ottocento (Edoardo Calandra, 1947; Fede e poesia nell’Ottocento, 1948; Lezioni di critica romantica, 1975), al Novecento (La formazione letteraria di G. Pascoli, 1953; Poesia e tecnica narrativa, 1962; Segnali e messaggi, 1981). Un posto a parte meritano gli studi manzoniani, molto sentiti anche per il fervido cattolicesimo di P. (La tecnica manzoniana del dialogo, 1959; Manzoni. Letteratura e vita, 1971; Manzoniana e altre cose dell’Ottocento, 1987), ma il nucleo più significativo della sua ricerca si può individuare nei lavori danteschi: alla magistrale edizione della Divina Commedia realizzata in base alla tradizione manoscritta anteriore a Boccaccio (La Commedia secondo l’antica vulgata, 4 voll., 1966-67) fecero seguito Itinerari danteschi (1969), Politica e letteratura nella vita giovanile di Dante (1974) e Vita di Dante (1983). Tra le altre edizioni critiche da lui procurate: Il mondo creato di T.Tasso (1951); Il Novellino di Masuccio Salernitano (1957); Teatro di P. Aretino (1971). Postumi sono usciti Saggi sul Rinascimento italiano (1991), Letteratura e musica (1991) e Il tramonto della luna. Studi tra Leopardi e oggi (1993).
Carlo Franza