L’Organo della Chiesa di San Marco a Milano torna a suonare dopo un restauro integrale. L’inaugurazione sabato 16 novembre alle ore 21 con un concerto.
Sabato 16 novembre 2019, le canne del più antico organo di Lombardia, commissionato nel 1507 a Leonardo da Salisburgo, torneranno a risuonare nella chiesa di San Marco a Milano. Lo strumento, commissionato nel 1507 a Leonardo da Salisburgo per essere il più grande della città, venne suonato da Wolfgang Amadeus Mozart durante il suo soggiorno milanese del 1770 e da Giuseppe Verdi, nel 1875, in occasione della prima esecuzione della Messa da Requiem.
L’intervento, seguito dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, ha riguardato sia la parte fonica che gli elementi di contenimento e corredo, cassa e cantoria, secondo le più avanzate tecniche di conservazione e restauro.
I lavori, durati più di un anno e finanziati per oltre trecentomila euro dai contributi della C.E.I., della Fondazione Cariplo, di donatori privati e di molti parrocchiani, sono stati eseguiti per quanto attiene il comparto strettamente strumentale, dall’organaro restauratore Daniele di Corte de’ Frati, in provincia di Cremona, e hanno interessato le circa 2500 canne che compongono questo gioiello d’arte e tecnologia, oltre che il complesso apparato di trasmissione meccanica e manticeria.
L’organo sarà inaugurato, sabato 16 novembre alle ore 21.00, con il concerto del maestro Riccardo di Sanseverino (ingresso libero). Stante la peculiarità dell’organo di San Marco, il repertorio del concerto di inaugurazione è stato specificatamente scelto per valorizzarne a pieno le sonorità e i molti effetti speciali. Lo strumento infatti è dotato anche di grancassa, piatti, campanelli, rulli di timpano, basso pizzicato e altro ancora.
La cinquecentenaria storia dell’organo di San Marco racconta di illustri musicisti e compositori che hanno posato le mani sulle sue tastiere. Nel 1770, fu Wolfgang Amadeus Mozart, ospite del convento agostiniano, a esercitarsi sull’organo, da poco restaurato dall’organaro comasco Antonio Somigliana, mentre, a fine Ottocento, fu il compositore cremonese Amilcare Ponchielli, allora professore al Conservatorio di Milano, a collaudare lo strumento, dopo il rifacimento di Natale Balbiani. Non ultimo, Giuseppe Verdi in occasione della prima esecuzione della Messa da Requiem, tenuta proprio a San Marco nel 1875, composta per celebrare Alessandro Manzoni, morto l’anno precedente, che, come lo stesso compositore si era impegnato per l’Unità di Italia e condivideva i valori del Risorgimento. È il momento storico in cui le arti, musica inclusa, si fanno interpreti dei nuovi ideali che, in nome di razionalità e libertà derivanti dal retroterra risorgimentale, cercano nuova materia e forma per le proprie soluzioni. Il Requiem di Verdi era approdato nella basilica marciana non senza l’apporto di Arrigo Boito, uno dei fondatori della Società del Quartetto (1864) e del parroco don Michele Mongeri che era riuscito a ottenere il permesso vescovile per concedere alle donne velate di cantare durante l’esecuzione nelle parti corali.
Dopo la morte di Leonardo d’Allemania, avvenuta proprio cinquecento anni fa nel 1519, Costanzo Antegnati, nel 1604 e nel 1611, restaurò e ingrandì l’organo conservando il materiale di Leonardo ove possibile. Nel ventennio a cavallo tra i secoli XVII e XVIII, la chiesa di San Marco fu interessata dalla ricostruzione delle volte della navata centrale quale oggi si ammira; in questa occasione (1711), per via delle grandi dimensioni dell’antico organo rispetto all’abbassamento della chiesa, lo strumento fu spostato dagli organari Brunelli, dal transetto meridionale all’attuale sede nell’ultimo intercolumnio di sinistra; la cassa cinquecentesca fu smontata da Antonio Ratti e impiegata nella costruzione di un imponente complesso scenografico comprendente due casse, le cantorie simmetriche e il pulpito. Dopo le soppressioni napoleoniche, durante le quali il Convento di San Marco fu requisito e adibito a stalla e caserma, il tempio venne riaperto al culto come chiesa parrocchiale e il primo pensiero dei Fabbricieri fu il restauro dell’organo. Nel 1806 Eugenio Biroldi riformò radicalmente lo strumento adeguandolo ai nuovi gusti del tempo, ma conservando il prezioso materiale degli organari che lo precedettero; il contratto con relativo progetto, conservato nell’Archivio Parrocchiale, è corredato da una copiosa serie di documenti che descrivono puntualmente le trentennali vicissitudini di questo lavoro che si conclusero felicemente nel 1836 con un concerto del celebre Padre Davide da Bergamo, ospite del vicino convento francescano di Sant’Angelo. Il successo fu tale che, a clamor di popolo, Padre Davide dovette suonare per tre giorni consecutivi davanti all’incessante concorso del pubblico milanese.
Nel 1874, l’anno della prima esecuzione della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, si comincia a pensare al grande rifacimento dell’organo di San Marco a opera di Natale Balbiani. La larghezza di mezzi a disposizione gli consentì di porre in opera uno dei più grandi strumenti realizzati, ricco di tutti i tagli di canne allora conosciuti, più alcuni di sua invenzione che furono molto lodati dalle cronache del tempo. Il collaudo dello strumento, effettuato da Amilcare Ponchielli e Polibio Fumagalli, venne celebrato da entusiastici commenti delle gazzette milanesi. Anche il Balbiani conservò scrupolosamente il materiale fonico antico trovato nello strumento, restaurandolo con tutto il rispetto conosciuto ai suoi tempi e consegnando così al ventesimo secolo uno degli organi più antichi del mondo. Nel 1915 vennero inopinatamente smobilitate la cassa e la cantoria di destra, giudicate troppo decorative per un secolo pervicacemente ostile ai fasti barocchi; fortunatamente, a fronte del molto materiale perduto, si conservano ancora nella chiesa le parti più significative di quel complesso settecentesco, altresì documentato da varia iconografia storica.
L’organo come è pervenuto ai giorni nostri è stato oggetto di un primo restauro integrale nel 1973 a opera della Ditta Tamburini di Crema, occasione in cui fu dichiarato Monumento Nazionale dal Ministero dei Beni Culturali per unicità, vetustà e importanza. Il restauro, effettuato con le migliori tecniche dell’epoca, fu curato da Oscar Mischiati e inaugurato da Luigi Ferdinando Tagliavini, Renato Fait e Gianfranco Spinelli.
Carlo Franza