Le donne di Jiři Kolař. L’artista ceco internazionalmente conosciuto rivive in una mostra omaggio allo Spazio Heart dell’Associazione Heart di Vimercate.
“Prendete una copia della vostra opera d’arte preferita e strappatela nel punto più significativo oppure strappatela da parte a parte e ri-mettetela insieme utilizzando del semplice nastro adesivo. Vedrete come la copia non avrà poi perso molto del suo aspetto originale e come, dal vostro personalissimo punto di vista, avrà addirittura guadagnato qualcosa che prima non aveva, come sarà diventata veramente “vostra” perché il modo in cui l’avete strappata è altrettanto unico e irripetibile”.(Jiří Kolář, 1987)
Lo Spazio heart, associazione culturale di Vimercate, prosegue il proprio percorso dedicato ai maestri della seconda metà del XX secolo, con una monografica straordinaria, aperta fino al 5 gennaio 2020, dedicata all’universo visionario e immaginifico di Jiří Kolář, il genio del collage. In collaborazione con l’archivio dell’ar-tista, arrivano in mostra più di cinquanta opere dedicate a un tema fondamentale ma poco approfondito della ricerca dell’artista: le figure femminili. Da Mademoiselle Rivière ritratta da Ingres al Nudo rosso di Modigliani, dalla Venere di Botticelli alla Dama con l’Ermellino di Leonardo, le bellezze muliebri rivisitate dall’estro creativo di Kolář sono le protagoniste di questa importante esposizione, che indaga il percorso dell’artista-poeta cecoslovacco attraverso le sue reinterpretazioni dei capolavori della storia dell’arte con soggetto femminile. Conosciuto principalmente come poeta, Kolař (1914 – 2002) approda alla “poesia evidente” come nuovo linguaggio espressivo in grado di rappresentare le emozioni più profonde attraverso l’uso di frammenti di immagini. Mette perciò a punto diverse tecniche di collage, utilizzando anche capolavori dell’arte di maestri come Pollaiolo, Botticelli, Bruegel, Vermeer, Klee e tanti altri. L’immagine viene traslata, accartocciata, tagliata in frammenti, in strisce, in piccoli quadrati, viene distrutta perdendo il suo aspetto originario per essere poi ricreata. La tecnica, nel lavoro di Kolař è centrale ma non preponderante. L’opera non è una riproduzione ma una creazione, in cui si affiancano differenti immagini e contesti storici e di genere per dare vita a una visione simultanea e magica. Scrive Simona Bartolena: “È nelle opere che coniugano arte del passato e figure femminili che si coglie a pieno la carica sensuale e l’incantevole vitalità di Kolář che, gettando ponti tra universi distanti, gioca con le bellezze muliebri della storia dell’arte, le taglia, ricuce, scompone, trasfor-mandole magicamente in girandole, farfalle, lune, stelle, operando prodigi metamorfici che non violentano il soggetto, piuttosto gli donano una nuova possibile ragione di essere. Le modelle di Modigliani, di Ingres, di Leonardo, del Pollaiolo, di Courbet, di Botticelli pur restando se stesse, perfettamente riconoscibili, vanno ad abitare nuovi spazi, nuove epoche storiche, ci offrono nuovi punti di vista sulla loro bellezza, con-fermando la loro iconicità (un’iconicità talmente universale da resistere in qualsiasi spazio, qualsiasi epoca, qualsiasi cultura). (…) Kolář si appropria della storia dell’arte e della bellezza con la leggerezza e la dolcezza di un sognatore che ama, rincorre e conserva i propri sogni”.
Jiři Kolař. Nato a Protivin (Boemia) il 24 settembre 1914, nel 1934 comincia a scrivere poesie e realizza dei collage influenzati dal Poetismo e dal Futurismo, che esporrà nella prima mostra personale al Mozarteum di Praga nel 1937. Nel 1942, insieme ad altri artisti, fonda il Gruppo 42 (Skupina 42), che celebra “l’incanto della tecnica”. Tra il 1959 ed il 1961, lavora alle sue Básně ticha (Poesie in silenzio) che rompono con la poesia verbale e spingono la decostruzione del poema già iniziata da Stephane Mallarmè nel suo Coup de dé e seguito da Guillaume Apollinaire nei suoi Calligrammi. La sua creazione prende la forma di un collage realizzato con testi e immagini stampate. Kolar è l’unico ad aver realizzato tre mostre personali al Guggenheim Museum di New York. Muore a Praga nell’estate del 2002.
Carlo Franza