Giovanni Antonio Cybei (1706-1784). Un grande scultore tra barocco e neoclassicismo celebrato dalla Galleria Estense di Modena.
L’esposizione riunisce, per la prima volta, il nucleo di opere modenesi di questo grande artista, di formazione toscana e romana, che ha lungamente lavorato per l’alta committenza italiana e per le corti di Europa e di Russia. Fino al 15 marzo 2020, la Galleria Estense di Modena celebra la figura di Giovanni Antonio Cybei (1706-1784), grande scultore, portavoce di un linguaggio versatile, capace di moderare l’enfasi drammatica barocca con formule più sintetiche e aggraziate, che gli garantirono fortuna presso l’alta committenza italiana e le corti di Europa e Russia. La rassegna, curata da Martina Bagnoli, direttrice delle Gallerie Estensi, e da Federico Fischetti, curatore delle Gallerie Estensi, riunisce, per la prima volta, il nucleo di opere modenesi di Cybei, interprete conclusivo di una stagione ormai prossima a cedere il passo alla nuova estetica del Neoclassicismo.
In particolare, sono esposti i due busti in marmo di due storici modenesi, Carlo Sigonio e Ludovico Antonio Muratori, recentemente restaurati, commissionati per decorare la Biblioteca Estense, accanto ai modelli in terracotta degli stessi, oltre al calco in gesso dipinto del monumento equestre di Francesco III d’Este, forse il vero capolavoro dell’artista toscano. Cybei giunse a Modena nel 1772, all’epoca direttore dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, al culmine della sua attività di scultore. Il Comune aveva deciso di affidargli la realizzazione della statua equestre al duca Francesco III, da posizionare in una delle piazze del centro storico. Si rinsaldava in questo modo il legame di Modena con la grande tradizione scultorea estense che aveva visto lavorare in città, autori quali Antonio Lombardo, Guido Mazzoni, Antonio Begarelli, il Clemente, Gian Lorenzo Bernini, le cui opere sono ancor oggi conservate nelle sale della Galleria.
La scelta dell’artista dipese in gran parte dal legame dinastico combinatosi con il matrimonio del figlio ed erede del duca, Ercole Rinaldo, con Maria Teresa Cybo Malaspina, a sua volta erede del ducato di Massa e principessa di Carrara. Di fatto Modena aveva acquisito uno sbocco sul Mar Tirreno aprendosi a nuove prospettive, non solo politiche ma anche in campo artistico. Carrara infatti era il centro dell’attività estrattiva del pregiato marmo delle Alpi Apuane, intorno a cui da sempre fiorivano le attività di scalpellini, scultori e mercanti. Ricevuto un ritratto del duca Francesco III, Cybei si mise al lavoro elaborando idee maturate anche in gioventù quando, assistente dello scultore Agostino Cornacchini, partecipò alla realizzazione del monumento equestre di Carlo Magno per la Basilica di San Pietro a Roma. Il colosso in marmo, diviso in tre parti, fu spedito per nave e dopo un lungo viaggio intorno alla penisola arrivò a Venezia, finché risalendo il Po e quindi il Panaro raggiunse i canali modenesi fino alla darsena ducale. Nel frattempo era stata scelta la sua sede definitiva in piazza Sant’Agostino, dove fu messo in opera e rifinito dallo stesso Cybei e dai suoi collaboratori sopra un basamento ornato da epigrafi composte dal bibliotecario Girolamo Tiraboschi, che celebravano le imprese e le riforme del duca Francesco III. L’inaugurazione, domenica 24 aprile 1774, fu spettacolare e comprese un palio a cavallo, un trionfo romano in costume, il centro cittadino illuminato da migliaia di torce e un gran ballo serale in teatro. Ma al di là della retorica del favoloso monumento, non c’erano ragioni profonde per festeggiare: e quel giorno il grande assente fu proprio il duca, che viveva ormai lontano da Modena, tra Milano e Varese, assistendo impotente all’irrilevanza del ducato estense negli equilibri politici, e alla sua inesorabile trasformazione in una sorta di provincia dell’Impero austriaco. Vent’anni dopo il capolavoro di Cybei fu distrutto, come simbolo dell’Ancien Régime da sacrificare agli ideali rivoluzionari provenienti dalla Francia.
Carlo Franza