Le Madonne di Taddeo di Bartolo (1362-1422) in una monografica alla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia. Eccezionale evento espositivo da calendario.
La Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia è teatro di un eccezionale evento espositivo. Per la prima volta si tiene un’ampia monografica dedicata a Taddeo di Bartolo (1362 ca. – 1422), visitabile fino al 7 giugno 2020, una delle più significative presenze artistiche dell’epoca, in patria e non solo. Da vero e proprio maestro itinerante, infatti, egli trascorse buona parte della carriera spostandosi tra Toscana, Liguria, Umbria, e Lazio al servizio di famiglie politicamente ed economicamente potenti, autorità pubbliche, grandi ordini religiosi e confraternite. La mostra, curata dalla collega storica dell’arte Gail E. Solberg, la più accreditata studiosa del pittore, presenta circa 100 tavole del pittore senese, in grado di ricostruire l’intera sua parabola artistica, dalla fine degli anni Ottanta del Trecento, fino al 1420-22, con prestiti provenienti da prestigiosi musei internazionali, quali il Louvre di Parigi e il Szépművészeti Múzeum di Budapest, e con la decisiva collaborazione di enti e istituti italiani.
Taddeo di Bartolo è stato nel suo tempo il più grande “maestro del polittico”. La rassegna dà quindi particolare enfasi a questa forma d’arte sacra, grazie alla presenza di pale complete e di tavole disassemblate che, riaffiancate, consentono di ricomporre per la prima volta i complessi di appartenenza. Per l’occasione, in un ambiente che ricrea l’interno di una chiesa francescana ad aula, è stato ricostruito l’imponente apparato figurativo della ormai smembrata pala di San Francesco al Prato di Perugia, di cui la Galleria Nazionale dell’Umbria conserva ben 13 elementi. A questi si aggiungono le parti mancanti, finora individuate, come le sette tavole della predella raffiguranti Storie di san Francesco, conservate tra il Landesmuseum di Hannover (Germania) e il Kasteel Huis Berg a s’-Heerenberg (Paesi Bassi), e il piccolo San Sebastiano del Museo di Capodimonte a Napoli, che probabilmente decorava uno dei piloni della carpenteria. Dal Palazzo Ducale di Gubbio giungono le otto tavolette, dipinte a tempera su fondo oro con figure di Santi, originariamente appartenute al polittico della chiesa eugubina di San Domenico. Questi lavori di Taddeo di Bartolo sono stati recentemente acquisiti dal MiBACT, che ha esercitato il diritto di prelazione riconoscendo in essi un eccezionale interesse storico-artistico, restituendoli così al patrimonio culturale della città. La mostra documenta inoltre le altre tipologie di opere, come gli stendardi processionali o le piccole tavole di devozione privata, consentendo una ricostruzione quanto più completa del suo catalogo. Si tratta quindi di una panoramica completa dell’arte di Taddeo, dalla prima opera firmata e datata – alla quale apparteneva l’Annunciazione del KODE Museum di Bergen (Norvegia) (1389) – fino alla Madonna Avvocata del Museo di Arte Sacra di Orte (VT), del 1420, passando attraverso prove capitali della sua carriera quali il polittico di Montepulciano, di cui si espongono le tre cuspidi, e l’imponente polittico della Pinacoteca di Volterra (PI).
Il percorso, diviso in sette sezioni, si apre proprio con la prima opera firmata e datata da Taddeo: il polittico Collegalli del 1389, presente attraverso due cuspidi in prestito dal museo norvegese, cui si affianca lo scomparto centrale dell’opera eseguita intorno al 1390 per San Miniato. Questi lavori, tracciano un percorso che progressivamente si allontana da Siena verso nord, lungo la via Francigena e documentano un giro di committenze sempre più importante al di fuori delle mura senesi.
Il secondo capitolo è dedicato agli anni novanta del Trecento, un decennio che vide Taddeo lasciare Siena per viaggiare a Firenze, Lucca, la Liguria, fino a Pisa che raggiunse verso il 1395. Lo spazio dedicato alle opere pisane conta, rispetto alle altre sezioni della mostra, il maggior numero di pale d’altare ricomposte, tra cui spiccano le due Madonne che si riuniscono, per la prima volta dopo due secoli, con i santi laterali custoditi a Pisa.
La mostra prosegue con il ritorno di Taddeo a Pisa, nel settembre 1399, dove si aggiudicò ampi cicli di affreschi all’interno dei principali edifici cittadini, come l’abside del duomo (1401-1405), la cappella e l’anticappella dei priori in Palazzo Pubblico (1406-1408 e 1413-1414).
L’importante attività di Taddeo di Bartolo come frescante è illustrata da una ricostruzione video in 3D degli affreschi di Palazzo Pubblico, parte di un ricco apparato multimediale che si ripropone di documentare i restauri e le indagini diagnostiche eseguiti in occasione della mostra, grazie al contributo della Galleria Nazionale dell’Umbria, e di illustrare l’altissima qualità tecnica e stilistica della produzione di questo grande maestro. In questa sezione, accanto alle cuspidi del trittico del 1401 di Montepulciano, si trova una serie di tavole che documentano la produzione della sua bottega nel suo quinquennio senese, tra cui si segnala un trittico mariano integro del 1400-1405 destinato a una confraternita laica, oltre a dipinti provenienti da polittici destinati ad altari gentilizi in chiese agostiniane, servite e domenicane.
Nei più antichi polittici, la narrazione rivestiva un ruolo fondamentale, spesso raccontata nelle predelle. A Siena, tuttavia, non era raro leggere una storia nel campo principale. L’esempio della Maestà di Duccio e dei trittici di Simone Martini, dei fratelli Lorenzetti e di Bartolomeo Bulgarini, non lasciarono indifferente Taddeo al punto da ispirarlo nella creazione della Natività del 1404 e dell’Annunciazione del 1409, opere destinate agli altari della città. Il percorso documenta questa sua fase creativa, presentando gli elementi appartenenti ai due trittici senesi, insieme alla magnifica Pentecoste del 1403 per Perugia che rivelano un pittore pronto a sorprendere gli spettatori sconvolgendo le loro attese. Da questo si deduce che, quando ebbe occasione di dipingere una scena narrativa complessa, Taddeo si distinse realizzando alcune tra le sue migliori opere. Queste storie lo svincolavano dalla necessità di ripetere i soggetti canonici richiesti dalla maggior parte dei clienti, scatenando la sua fantasia. Dal fulcro della mostra, rappresentato dal polittico francescano di Perugia, si giungerà nella sezione in cui vengono proposti gli elementi innovativi che Taddeo introduceva nelle sue opere; nel corso della sua carriera, l’artista senese mai smise di rinnovare i soggetti più usati, sia dal punto di vista tecnico che da quello espressivo. Un caso evidente è la Madonna col Bambino che presenta evidenti modifiche, allorché si guardi quella del 1390 per San Miniato, quella del 1403 per Perugia o quella del 1411 per Volterra. A cavallo del 1400, inoltre, nelle figure dipinte da Taddeo, si nota un deciso aumento di volume di peso. Personaggi carnosi che fanno la loro comparsa nelle cuspidi di Montepulciano del 1401 migrano nella Pentecoste del 1403 e continuano a maturare negli anni seguenti. Il fascino delle Madonne tarde, risiede in un cambio di stile ben ponderato; si leggono come le prime parole di una nuova lingua che altri avrebbero cercato d’imparare nel corso del Quattrocento. La mostra si chiude con la statua in legno dipinto della Madonna del Magnificat, di fatto, l’ultima opera cui partecipò Taddeo di Bartolo.
Carlo Franza