Davide Benati e gli Origami, un clima di forme legate al mondo della natura. Preziosa mostra dell’artista a Reggio Emilia.
Dopo il successo riscosso nel 2019 ad Arte Fiera Bologna, con uno stand interamente dedicato a Davide Benati, la Galleria Bonioni Arte di Reggio Emilia riprende la propria attività espositiva con una selezione di opere recenti dell’artista reggiano conosciuto ed apprezzato a livello internazionale. Curata da Sandro Parmiggiani, la mostra di Davide Benati è visitabile fino al 26 luglio 2020.
L’esposizione trae il titolo – “Origami” – da tre opere inedite ad acquerello su tela, che attraverso la puntuale stratificazione dei colori primari sembrano alludere all’arte giapponese di piegare la carta per ottenere forme che richiamino la natura. Con il termine origami si intende l’arte di piegare la carta (折り紙 ori-gami, termine derivato dal giapponese, oru piegare e kami carta) e, sostantivato, l’oggetto che ne deriva. Esistono tradizioni della piegatura della carta anche in Cina (Zhe Zhi” 折纸), tra gli Arabi ed in occidente. La tecnica moderna dell’origami usa pochi tipi di piegature combinate in un’infinita varietà di modi per creare modelli anche estremamente complessi. In genere, questi modelli cominciano da un foglio quadrato, le cui facce possono essere di colore differente e continua senza fare tagli alla carta, ma l’origami tradizionale era molto meno rigido e faceva frequente uso di tagli, oltre a partire da basi non necessariamente quadrate. Alla base dei principi che regolano l’origami, vi sono senz’altro i principi shintoisti del ciclo vitale e dell’accettazione della morte come parte di un tutto: la forma di carta, nella sua complessità e fragilità, è simbolo del tempio shintoista che viene ricostruito sempre uguale ogni vent’anni, e la sua bellezza non risiede nel foglio di carta. Alla morte del supporto, la forma viene ricreata e così rinasce, in un eterno ciclo vitale che il rispetto delle tradizioni mantiene vivo. L’origine degli origami giapponesi è strettamente legata alla religione shintoista e la valenza sacrale della carta è anche testimoniata dal fatto che in giapponese la parola carta e dei si pronunciano entrambe kami: le prime forme di origami, dette go-hei, erano costituite da semplici strisce di carta piegate in forme geometriche e, unite ad un filo o ad una bacchetta di legno, utilizzate per delimitare gli spazi sacri. A causa dell’estrema semplicità di queste prime forme di piegatura della carta, alcuni fanno invece risalire l’origine dell’origami all’ epoca Muromachi (1392-1573) riconducendola alle cerimonie del dono augurale del noshi-awabi ai samurai: questo particolare mollusco, simbolo dell’immortalità, veniva offerto all’interno di un astuccio di carta, che con il passare del tempo divenne piegato in modo sempre più complesso fino ad acquistare dignità di dono in sé. È uso giapponese donare un origami a forma di gru. Infatti la gru (per i giapponesi) è simbolo di purezza.
Come si legge nel testo di Sandro Parmiggiani pubblicato all’interno della monografia Skira (Milano, 2010), “La pittura di Benati respira passione in ogni sua fibra: in quel subitaneo accendersi e incupirsi, e nell’altrettanto repentino farsi soffio, fugace e transeunte, dei colori; nello sciogliersi e annullarsi della forma dentro il vuoto, dentro il grande oceano del chiarore della carta; negli stessi repentini movimenti del polso che fanno mutare la direzione del segno, sviando quelli che sembravano il profilo e l’itinerario predestinati di una forma, come se la sua pittura fosse l’esito combinato di molti misteriosi sommovimenti generati dall’interiorità da memorie che riaffiorano, o addirittura da qualche incontrollabile agente come il battito del cuore o il ritmo del respiro”. Conosco da anni il lavoro di Davide Benati anche a motivo del suo insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, ci conoscemmo per il tramite di un amico comune e collega che è stato Roberto Sanesi, con il quale Benati mise in piedi una serie di libretti con grafica d’artista. Sanesi mi disse che lo catturava il segno di Benati che si muoveva sinuoso in forma di foglia, di corpo, di piccolo universo, di un pieno liberato nel vuoto, di anima liberata nello spazio.
Davide Benati è nato a Reggio Emilia nel 1949. Ha frequentato il liceo artistico di Modena e in seguito l’Accademia di Brera di Milano. È stato titolare delle cattedre di Anatomia e Pittura all’Accademia di Brera e all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nel 1972, alla Galleria Il Giorno di Milano, si tiene la sua prima mostra personale. Il suo curriculum espositivo, già rilevante negli anni Settanta, dovuto ad intense ricerche e sperimentazioni, si arricchisce nel decennio successivo di mostre personali ed esposizioni collettive nazionali e internazionali: nel 1982 è invitato da Tommaso Trini alla Biennale di Venezia, dove tornerà di nuovo nel 1990 con una sala personale. Nel 1986 partecipa alla Quadriennale di Roma; nel 1989 la Galleria Civica di Modena organizza su di lui una mostra antologica, alla quale Antonio Tabucchi dedica un racconto in catalogo; nel 1992 e nel 2010 espone ai Musei Civici di Reggio Emilia e in quell’occasione Luciano Caramel scrive un saggio di commento sul catalogo della mostra. Degno di nota è anche l’elenco delle partecipazioni a esposizioni collettive in Italia e in tutto il mondo: nel 1985 partecipa ad “Anni Ottanta” a Bologna, nello stesso anno alla III Triennale Internazionale tenutasi alla Kunsthalle di Norimberga, nel 1985 a “Dopo il concettuale” a Trento, nel 1986 “Itinerari di arte contemporanea” a Lisbona, nel 1995 alla Biennale Internazionale del Cairo e parallelamente espone in molte altre mostre in gallerie private italiane e straniere: Milano, Anversa, Stoccolma, Amburgo, Zurigo, Parigi e New York. Dal 2006, per circa dieci anni, ha lavorato in esclusiva per la Galleria Marlborough Monaco. Nel 2018 Luca Tommasi Arte Contemporanea di Milano presenta la personale “Back to Italy”. Nello stesso anno, nell’ambito della “Biennale del Disegno” di Rimini, gli viene dedicata una grande mostra nella sede di FAR Fabbrica Arte Rimini. Nel 2019 la Galleria Bonioni Arte presenta ad Arte Fiera Bologna una “Piccola antologica” di opere scelte. Attualmente collabora con la galleria milanese Luca Tommasi Arte Contemporanea e con la galleria reggiana Bonioni Arte.
Carlo Franza