A 120 anni dalla nascita dell’intellettuale marsicano è stata inaugurata a Pescina la casa natia, donata al Comune dagli eredi Teresa e Mario Tranquilli. In seguito all’ottenimento di tutti i permessi per l’avviamento del progetto di recupero integrale del complesso abitativo, nonostante il periodo di chiusura per l’emergenza sanitaria e le misure di sicurezza adottate per il contenimento del virus Covid-19, i lavori di ristrutturazione sono stati ultimati lo scorso 12 Agosto 2020. Mi è caro oggi farne memoria, avendolo frequentato nel 1977 a Roma e aver avuto con lui un vivace scambio epistolare, specie intorno a Rocco Scotellaro scrittore e sociologo. 

Il restauro della casa natia dello scrittore Ignazio Silone non è soltanto l’importante recupero architettonico di un edificio sito nel nostro splendido centro storico di Pescina, ma altresì di una parte importante della storia della città e dell’identità culturale dell’intera regione Abruzzo. Come sottolineato più volte dal sindaco Stefano Iulianella, Ignazio Silone finalmente è tornato nella casa dov’è nato, dove ha vissuto i primi anni dell’infanzia, dove ha sofferto la distruzione e la separazione dai propri affetti a causa del terremoto del 1915.

Ignazio Silone, pseudonimo di Secondino Tranquilli, nasce a Pescina il 1° maggio del 1900, figlio di una tessitrice e di un piccolo proprietario terriero. Qualche anno dopo la morte del padre (1910), egli perde anche un fratello a seguito di un incidente, così come la madre nel terremoto che nel gennaio del 1915 distrusse gran parte della Marsica. Rimasto senza genitori e senza casa, va ad abitare con la nonna paterna e col fratello più giovane, Romolo, “nel quartiere più povero e disprezzato” del paese, dove comincia a frequentare la baracca della Lega dei contadini. Nel periodo della prima guerra mondiale, precisamente nel 1917, lascia definitivamente la scuola. Prende parte alle proteste contro l’entrata in guerra dell’Italia e viene processato e condannato al pagamento di un’ammenda, per aver capeggiato una violenta manifestazione contro una baracca dei carabinieri di Pescina. Tra i 17 e i 18 anni, Silone lascia l’Abruzzo e si trasferisce a Roma impegnandosi totalmente nella lotta politica. Tra il 1919 e il 1921 affronta con vivo entusiasmo i nuovi impegni: la segreteria dell’Unione socialista romana, la redazione dell’«Avanti!» e la direzione de «L’Avanguardia», il settimanale dei giovani socialisti. Nel 1921 partecipa alla fondazione del Partito Comunista Italiano come rappresentante della Gioventù Socialista. Tra il 1921 e il 1927, quale membro della direzione del Partito Comunista, Ignazio Silone compie varie missioni sia in Russia sia in diversi Paesi d’Europa, subendo tra l’altro il carcere in Spagna e in Francia, con l’accusa di sovversivismo. Nel maggio del 1927 si reca insieme con Togliatti a Mosca, dove partecipa a una riunione dell’Esecutivo dell’Internazionale comunista, presieduta da Stalin.  In questi anni, però, comincia a profilarsi la crisi che in seguito lo condurrà a staccarsi totalmente dal comunismo(1956).

Il suo unico vero appiglio diviene la scrittura, eletta a strumento per «cercare di capire e di far capire», il solo capace di ricomporre e dare senso alla propria esistenza. Già nel 1930, aggravatosi il suo stato di salute, proprio in clinica, a Davos, nei Grigioni, Silone inizierà a scrivere il suo romanzo più famoso “ Fontamara”, che con gran successo nel 1933 viene pubblicato, prima in tedesco e poi in quasi tutte le altre lingue. Negli anni dell’esilio svizzero (1931-1944), Silone scrive anche una raccolta di sei racconti dal titolo Un viaggio a Parigi (1935), e i romanzi Pane e vino (1937, (intitolato poi Vino e pane in una stesura successiva) e Il seme sotto la neve (1941).

Verso la fine degli anni ’30, quando insistenti si fanno le minacce della seconda guerra mondiale, Silone torna all’attività politica, dirigendo in Svizzera il Centro estero del Partito socialista. Tornato attivo nelle file del partito socialista clandestino (1942), rientrò in Italia due anni dopo. Dopo la scissione del Partito socialista capeggiato da Nenni da quello guidato da Saragat (1947), fonda, insieme con altri autonomisti, la rivista «Europa Socialista» e il Partito Socialista Unitario, che si richiamava all’ideale di un’Europa libera dalle interferenze sia della Russia sia dell’America. Silone con Ivan Matteo Lombardo e Sandro Pertini è  al XXIV Congresso del PSI (PSIUP) di Firenze del 1946. Ma, congedandosi definitivamente dalla politica dei partiti, riprende l’attività letteraria, scrivendo nell’arco di un decennio tre romanzi: Una manciata di more (1952), Il segreto di Luca (1956), La volpe e le camelie (1960). Il rapporto con la scrittura fu per Silone estremamente complesso. Eccolo a precisare: “Lo scrivere non è stato per me, salvo che in qualche raro momento di grazia, un sereno godimento estetico, ma la penosa e solitaria continuazione di una lotta, dopo essermi separato dai miei compagni più cari”. Il suo difficile ruolo di “socialista  senza partito e cristiano senza chiesa emerge nei saggi e nei racconti raccolti nel volume Uscita di Sicurezza (1949) e nel dramma L’avventura di un povero cristiano (1968). Negli anni ’70 i suoi battaglieri interventi politici e letterari si diradano. Incompiuto rimane il suo ultimo romanzo La speranza di Suor Severina (pubblicato postumo nel 1981). Il 22 agosto del 1978, dopo una lunga malattia, Ignazio Silone muore in una clinica di Ginevra. Viene sepolto a Pescina, ai piedi del vecchio campanile di San Bernardo”, secondo il desiderio espresso nelle sue disposizioni testamentarie.

Carlo Franza

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