Un  libro, anzi un’antologia critica curata da Marcello Veneziani (Dante, nostro padre), pp.224,2021,  uscita da Vallecchi Editore,  raccoglie per la prima volta le migliori pagine in prosa di Dante Alighieri in vista del settimo centenario della sua morte, ricorrenza che cade  a distanza diquel fatidico settembre 1321. Dice Veneziani,  guardandosi attorno nei giorni nostri: “ “Quando il mondo sembra crollare, le civiltà precipitano, i popoli sono disorientati, la solitudine globale prevale, la strada maestra è una sola: tornare al principio e ai principi da cui principiò il nostro cammino”. E’ un’antologia nuova, nuovissima, e soprattutto  capace di riportarci ai tempi del liceo  e d’università  quando si leggeva non solo Dante e i suoi libri  ma si approfondivano tematiche  politiche e cosmogoniche. Veneziani  da vero studioso  analizza non solo il pensiero del Sommo  poeta ma ne  mette in risalto  la personalità, lo spirito polemico e visionario, la complessa concezione teologica,   filosofica e politica. Cinque sono i  temi (Amore, Sapienza, Lingua, Politica e Madre Terra),   non  certo scolastici che oltretutto  ci avrebbero già annoiato,  che hanno scandito il naturale percoso di vita e di studio,  a partire dai pensieri giovanili di Vita Nova  che svelano  la sua concezione dell’Amore e la sua venerazione per Beatrice; poi  il tempo della dottrina e della saggezza con i pensieri raccolti nel Convivio, frutto della maturità; ancora  la scoperta della lingua volgare e il suo rapporto con i dialetti attraverso le pagine del De Vulgari Eloquentia;  mentre con il trattato De Monarchia Dante rivela la sua visione personale del rapporto tra fede e politica, tra il regno di Dio e quello dell’uomo. E ancora, con Quaestio de Aqua et terra il Poeta si spingerà fino all’Empireo per concepire una cosmogonia dove ogni cosa diventa“lumen gloriae” e simbolo di fede. E alla fine di questo percorso si vedrà come Dante è stato il politico e il pensatore che “ha fondato l’Italia”.  Non è poco, l’assicuro. La novità più interessante è che Veneziani ha riscoperto Dante attraverso i testi meno conosciuti e le interpretazioni più oscure del pensatore celeste scortato da compagni di strada come Boccaccio, Bruni, Vico, Leopardi, Rossetti, Byron, Gentile, Croce, Pound, Eliot, Guénon, Evola, Valli, Gilson, Papini, Borges, Noventa, Del Noce, Morghen e Quadrelli;  una schiera di letterati  che dal Medioevo  fino all’Italia risorgimentale ne hanno respirato, assorbito e interpretato  il pensiero. Senza dimenticare che Veneziani già nel titolo ci consegna “Dante nostro  padre”, affettuoso, caro, lungimirante, alla luce di fede e ardore, sogno e delusione, serenità e angoscia  che appartengono a ogni tempo perché fanno parte della condizione umana e dell’eterno ritorno di tutte le cose. Il libro alza il velo  e  fa scoprire  cosa si nasconde dentro e dietro “’l velame de li versi strani”. Secondo Giuseppe Prezzolini, come si sa, Dante “resta il più grande degli Antitaliani, come potrebbero chiamarsi i giudici severi e i critici implacabili degli Italiani”. Mi piace ricordare che il poeta Thomas S. Eliot  in un saggio del 1950, “Cosa significa Dante per me,”  spiegava: “Ciò che si continua a imparare da Dante desidero sottolinearlo in tre punti. Il primo è che tra i pochissimi poeti di una simile statura non c’è nessuno, nemmeno Virgilio, che sia stato un più attento studioso dell’arte della poesia o un più scrupoloso, accurato e consapevole professionista del mestiere… La seconda lezione di Dante è quella dell’ampiezza della sfera emotiva… La Divina Commedia esprime nell’ambito dell’emozione tutto ciò che, compreso tra la disperazione della depravazione e la visione della beatitudine, l’uomo è capace di sperimentare”; e al terzo punto: “Dante è, rispetto a tutti gli altri poeti del nostro continente, di gran lunga il più europeo. È il meno provinciale, eppure… nessuno è più locale di lui”. Non possono sfuggire certi passaggi antipapisti del “De Monarchia”,  passaggi attualissimi come l’epistola ai cardinali italiani del 1314;  la chiesa del presente e il papato del presente con i suoi scandali  ne è quasi specchio  se già Dante in quel tempo  si rivolse  ai porporati definendoli “archimandriti solo di nome”,  scatenando il suo  sdegno addirittura con un  “vergognatevi dunque”. Dante Maestro e Padre dei nostri giorni, letterato attualisssimo, scrittore sommo, politico sapiente.  La sua “Commedia” è il poema dell’esilio,  l’Inferno è “l’etterno essilio”,  ma la nostra vita di oggi  e di tutti, è un esilio, di un percorso che alla fine ci porta a Dio.  “Da essilio venne a questa pace”, scrive Dante a proposito di Boezio, incorniciandolo  nel canto decimo del Paradiso. Dante è l’Italia e l’Italia è Dante.

Carlo Franza

 

 

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