Pandemia, ristori, parrucchieri, palestre, cinema, musei, mostre, teatri, agenzie viaggi, ecc. ecc.,  un’Italia che urlava  senza che Conte ascoltasse e decidesse il da farsi. Chiusura, chiusure, e ancora chiusure. E dei giovani chi parlava? Degli studenti  liceali e universitari  chi ne parlava e scriveva?  Scrivo ciò, oggi, di quest’argomento duro e triste,  non da esterno, ma da  professore che è stato a contatto con i giovani di Liceo prima ( Liceo Classico  Villa Sora a Frascati nel lontano 1972) e di Università (La Sapienza-Roma/ Università della Slesia) poi  per ben quarantacinque  anni. Conosco i giovani a fondo, e mai avrei pensato nella mia vita di scrivere del dramma che la nostra “migliore gioventù” -per usare una terminologia pasoliniana-  sta vivendo attualmente in corso di pandemia. E’  un’emergenza nell’emergenza. Il Governo Draghi deve correre ai ripari.  La pandemia da coronavirus ha portato alla luce i disagi non solo in coloro che sono stati affetti dal virus, ma anche in quelli che soffrono per mancanza di socializzazione causata dalle norme anti-contagio che evitano ogni tipo di assembramento. E proprio per questo, le vittime sono spesso i giovani, specie della fascia 18-28/35 anni,  che si ritrovano da soli, magari tra le quattro mura domestiche, senza possibilità di confronto o contatto. Ha scritto su Il Sole 24 Ore Antonio Noto: “Pandemia:il 55% soffre di solitudine, disagio più forte tra i giovani. Nella fascia  di età  tra i 18 e 34 anni  si riscontra la quota più alta (il 32%) di chi dichiara  di patire   “spesso” per  un senso di isolamento”.

In tanti, purtroppo, hanno tentato di togliersi la vita in tutti i modi. Hanno inferto al loro corpo segni evidenti in una spirale di autolesionismo che li annichilisce. Tralascio volutamente  la fascia adolescenziale, ma anche lì c’è un inferno in corso. Perché in tempo di pandemia il loro disagio è cresciuto al ritmo di un tentativo di suicidio al giorno.  Lo psichiatra Furio Ravera direttore del reparto Diagnosi e cura dei disturbi di personalità e delle patologie giovanili correlate della Casa di Cura ” Le Betulle” di Appiano Gentile (Como),  spiega quanto rischiano i ragazzi con l’aumento di suicidi e autolesionismo nell’anno della pandemia e  ci racconta anche quali sono i segnali di minorenni e maggiorenni da controllare. Comprese le drammatiche sfide web, “da fermare subito”, che hanno appena portato alla morte di una bambina di 10 anni a Palermo. Aumento dei suicidi e Blackout Challenge, dice  lo psichiatra Ravera, con tutti  “ i segnali da tenere d’occhio nei giovani. “I suicidi stanno aumentando tra i nostri ragazzi con pandemia e lockdown. È un tema drammatico, delicato e urgente: bisogna parlarne, ma parlarne bene e con le parole giuste”, sottolinea  lo psichiatra e psicoterapeuta Furio Ravera che ha pubblicato la settimana scorsa il libro “Anime adolescenti”, un manuale per genitori per capire i problemi dei figli.  Occorre concentrarsi  sugli effetti psicologici dell’era Covid, parlando con gli esperti del dopo pandemia e della crescita, soprattutto tra i giovani, di ansia e solitudine e consumo di droga e alcol.

La Pandemia  in questo anno ha colpito duramente la vita dei giovani, essi  hanno perso socialità e divertimento assieme a scuola, sport, relazioni, che sono fondamentali alla loro età, in particolare quelle fuori dalla famiglia. Si trovano a vivere tutto il giorno con i genitori, come fossero in  una casa di campagna di un altro secolo. Unica differenza: passare il tempo davanti uno schermo a seguire per 5-6 ore le lezioni, a giocare o a navigare su internet. Insoddisfazioni, solitudine e frustrazioni che ne derivano hanno alimentato tratti depressivi come anche pericolose tendenze suicidarie.
I suicidi sono la reazione drammatica a una situazione emotiva sentita soggettivamente come intollerabile. Vengono percepiti come un’assurda salvezza mentre la morte non viene rappresentata con chiarezza.  Sì, con una prevalenza nei maschi rispetto alle femmine. L’isolamento sociale ‘modello hikikomori’, il fenomeno giapponese dei ragazzi che si confinano in casa, questa volta è di massa per contrastare i coronavirus. Il suicidio si nutre di solitudine e colpisce in particolare in contesti sociali ed economici difficili, che ora possono restare ancora più indietro e ai margini. Spesso ha ragioni complesse, la pandemia ha agito come amplificatore di tutte queste vulnerabilità. Non dobbiamo sorprenderci e far finta di nulla, i giovani oggi sono fragili.  E i dati sul malessere giovanile  sono alti e in aumento.  I segnali sono tanti,  ad iniziare dal   figlio diventato  molto più silenzioso, molto più triste, che fa fatica a studiare, si isola e si allontana dalle relazioni. Sono segnali preoccupanti, bisogna indagare anche se non ‘fa casino’.   “C’è un raccordo diretto tra la pandemia e i suicidi”. Con queste parole Federico Tonioni – psichiatra e psicoterapeuta, direttore del Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicopatologia da Web presso la Fondazione Policlinico Gemelli di Roma – commenta i recenti dati dell’Ospedale  Bambin Gesù di Roma secondo cui i tentativi di suicidio e autolesionismo sono aumentati del 30%;  il docente universitario sottolinea in particolare come sia stata la seconda ondata della pandemia a rappresentare un problema maggiore rispetto alla prima fase. Infatti ora, oltre gli anziani, anche i “giovani sono un categoria a rischio”. C’è un raccordo diretto tra la pandemia e i suicidi.  Il Covid-19 ha traumatizzato noi adulti soprattutto durante la seconda ondata. Dal punto di vista clinico ho visto difese forti durante la prima fase ma la situazione di molti ragazzi si è aggravata per la mancanza di relazioni in questa seconda ondata pandemica. La pandemia perdura e condiziona il vissuto dei ragazzi. I giovani sono in difficoltà . Grazie a internet, e non a causa di internet, i giovani possono realizzare le uniche relazioni possibili in questo periodo. Alcuni genitori scaricano i problemi sui figli che stanno al computer ma io credo che sia un bene la presenza della tecnologia. La didattica a distanza, se fatta in modo adeguato, è un bene. Anche noi docenti abbiamo avuto delle difficoltà. Il Covid-19 ha sicuramente aggravato tante situazioni. Bisogna tutelare gli anziani e le categorie a rischio ma anche i giovani sono ora una categoria a rischio. Non dobbiamo trasformare la cura in una malattia ancora più grave perché i ragazzi sono davvero in difficoltà. I genitori sono più preoccupati dei figli e i giovani  assorbono l’inconscio degli adulti. Se una mamma è ipocondriaca allora il figlio non è tranquillo. Uscire di casa, per alcune persone, è come andare in guerra. Dobbiamo stare attenti noi adulti e non eccedere nella paranoia e nelle ossessioni che sono lesive.

Carlo Franza

 

 

 

 

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