Tra la metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento il territorio ticinese è stato gradualmente scoperto e descritto da molti naturalisti e uomini di scienza, da geografi, fotografi, pittori, storici dell’arte: essi hanno percorso e analizzato, sia con gli strumenti scientifici, sia attraverso gli strumenti tecnici propri della loro epoca e del loro mestiere (il disegno, il rilievo morfologico, l’incisione, la fotografia, la pittura ad olio…) il paese in cui vivevano e operavano.  È un territorio interamente costruito, nella sua fisicità, da un’onnipresente e aspra natura alpina e soprattutto dagli uomini che nel corso dei secoli l’hanno utilizzata, vissuta e talvolta trasformata: è un’opera aperta, sempre plasmabile, che racchiude in sé, in un grande palinsesto, elementi naturali che talvolta assurgono a simbolo cui gli abitanti hanno costantemente attribuito una funzione e un significato differente nel corso del tempo, manufatti ed edifici utilitari o rappresentativi che ne hanno profondamente modellato l’aspetto. Questa esposizione  dal titolo  “L’incanto del paesaggio” aperta alla Pinacoteca Giovanni Zunst di Rancate/Mendrisio aperta fino al 22 aprile 2022,  vuole illustrare le intuizioni e le tecniche utilizzate da coloro che, a partire da metà Ottocento, guardarono e interpretarono con occhi nuovi e nuovi strumenti di indagine il loro territorio. Nacquero così le prime elaborazioni cartografiche, le carte topografiche Dufour e Siegfried, allestite secondo aggiornati criteri geodetici e trigonometrici, misurati e stabiliti con precisione (e grandi fatiche) sul terreno.

Qualche tempo dopo fu elaborata una prima catalogazione dei monumenti più significativi esistenti sul territorio ticinese, sotto l’impulso del padre della storiografia artistica elvetica Johann Rudolf Rahn (1841-1912). In mostra si espone una serie di disegni del suo allievo e aiutante Hermann Fietz (1869-1931), che illustrò e rilevò con oggettività e precisione non solamente i monumenti maggiori, ma anche il contesto e il paesaggio che li conteneva. Con uguale acribia operarono anche i primi naturalisti – tra tutti non si può non ricordare Luigi Lavizzari (1814-1875) uomo di scienza ma anche politico – che descrissero con precisione le componenti del paesaggio naturale raccogliendo e catalogando i più differenti materiali. La prima parte dell’esposizione vuole quindi dar conto di questa grande operazione analitica, che da subito fu accompagnata non solamente dal disegno e dalla cartografia ma anche dalla fotografia. 

La seconda parte si concentra invece sulla presentazione di alcuni aspetti particolarmente significativi del territorio ticinese (il bosco e la selva castanile; il vigneto; il territorio alpino e glaciale; l’ambiente lascustre) grazie alle opere di artisti (quelli noti come Luigi Rossi, Edoardo Berta, Filippo Franzoni, Ugo Zaccheo ma anche di quelli meno noti come Remo Patocchi, Regina Conti, Emilio Maccagni…)  che interpretarono e diedero un nuovo significato a questi paesaggi. Questi dipinti saranno messi a confronto, ove possibile, con i materiali elaborati da naturalisti, geografi e fotografi per restituire un sguardo di insieme su come veniva percepito e rappresentato il paesaggio, secondo un nuovo modo di sentire e un fortissimo interesse.

Chiude l’esposizione uno sguardo, inevitabile e peraltro dovuto, sul futuro. Oggi il paesaggio è letto attraverso l’informatica, le nuove tecnologie (il rilevamento fotogrammetrico; il Laser scanner e i droni) e la geomatica. Questi strumenti ci permettono di avere una percezione e quindi un’interpretazione nuova e inedita del paesaggio, che non sarà certamente l’ultima. Il nostro territorio, con i suoi contenuti naturali e antropici, sarà sempre per chi vi abita fonte inesauribile di nuove storie, magie e meraviglie: un paesaggio incantato, per l’appunto. Una postazione presenta inedite e suggestive riprese con i droni e la loro rielaborazione attraverso un modello in 3D.

 I temi della mostra

FIETZ, J.R. RAHN, A. FONTANESI

Attorno alla metà dell’Ottocento i monumenti esistenti sul territorio del Cantone Ticino iniziarono ad attirare l’attenzione degli studiosi. Sull’esempio di Jacob Burckardt (1818-1897), storico dell’arte autore di opere fondamentali quali Il Cicerone. Guida al godimento delle opere d’arte in Italia, alcuni artisti come il ben noto paesaggista piemontese Antonio Fontanesi (1818-1882), profugo politico giunto a Lugano nel 1848, o l’archeologo comasco Alfonso Garovaglio (1820-1905), facoltoso collezionista fondatore del Museo civico di Como, durante i loro soggiorni nel Ticino disegnarono con spirito nuovo e analitico alcuni tra i più importanti monumenti.  Alcuni loro importanti disegni sono esposti in mostra. Il primo ed entusiasta scopritore della topografia artistica del Ticino fu tuttavia Johan Rudolf Rahn (1841-1912), professore di storia dell’arte e di architettura presso il Politecnico di Zurigo, validamente coadiuvato in questa sua opera dal suo discepolo e collaboratore Hermann Fietz (1869-1931) il quale, nei suoi frequenti viaggi, con mano sicura illustrò chiese, case, comignoli, angoli di vie del Ticino, come anche romantici scorci lacustri. Fietz soggiornò nel nostro territorio dapprima al seguito di Rahn nel 1889, ma le sue frequentazioni con la nostra regione durarono per più di quarant’anni e sono testimo­niate da oltre quattrocento disegni e acquerelli conserva­ti dai discendenti, a cui si aggiunge una nutrita serie di fotografie (oltre un centinaio quelle di soggetto ticinese). Nei suoi schizzi, che danno conto delle meraviglie del no­stro territorio, sono infatti rappresentate le città ma anche i villaggi più discosti, con una prevalenza delle località del Locarnese, del Luganese e del Mendrisiotto, e con solo qualche excursus nel Bellinzonese e nelle valli. Disegni ma anche acquerelli schedati e illustrati, che si possono anche trovare pubblicati sul sito https://www.flickr.com/photos/158071446@N03/.

LA DESCRIZIONE GEOGRAFICA

La definizione del contesto geografico in cui si collocano gli elementi naturalistici e monumentali è fondamentale per identificare un paesaggio. Nella prima sezione della mostra si evidenzia l’evoluzione della rappresentazione del territorio del Canton Ticino facendo riferimento all’impressionante sviluppo della cartografia elvetica nella seconda metà dell’Ottocento che ha permesso di produrre non solo delle semplici carte ma delle vere e proprie opere artistiche. Le Carte Dufour e Siegfried, riconosciute a livello internazionale, hanno pure avuto un ruolo importante nella

costruzione dell’identità nazionale. Oltre alle carte e ai relativi strumenti di misura, vengono esposti sei panorami disegnati dai più celebri cartografi e artisti di quel periodo. Un modello in rilievo di un ghiacciaio di fine ottocento rinvia alle problematiche climatiche attuali. A emblema delle particolarità naturali e antropiche del territorio alpino viene presentato Campo Vallemaggia il cui slittamento verso valle è stato studiato e poi salvato da un intervento ingegneristico. Chiude l’esposizione uno sguardo, inevitabile, sul futuro. Una postazione presenta inedite riprese con i droni e la loro elaborazione attraverso un modello in 3D. La mostra intende lasciare al visitatore un messaggio: il paesaggio non è un fatto puramente estetico, è prima di tutto uno spazio di vita con tutte le sue componenti antropiche, naturalistiche, monumentali, percettive ed emotive. Per questo il territorio va considerato un bene comune da curare e valorizzare con consapevolezza critica.

NATURALISTI

Nell’Ottocento e nella prima parte del Novecento il paesaggio del Cantone Ticino fu scoperto e descritto anche da molti naturalisti, che ne indagarono i contenuti con gli strumenti propri della loro epoca. Da un lato persone benestanti che avevano la possibilità di studiare anche negli atenei esteri, dall’altro persone meno abbienti che da autodidatti riuscivano comunque a raggiungere grande competenza nel loro settore. Nacquero così le prime collezioni sistematiche di rocce, minerali, fossili, animali, piante e funghi. Grazie ad esse fu possibile non solo documentare il quadro naturale del territorio, ma anche contribuire all’interpretazione di fenomeni complessi, come la formazione delle montagne, l’evoluzione delle specie o l’influsso del cambiamento del clima nell’avvicendamento dei popolamenti vegetali e animali. Una sezione della mostra è dedicata ai pionieri dell’esplorazione naturalistica del Cantone Ticino, dei quali illustra le collezioni, gli strumenti e i contributi scientifici.

 ARTISTI

Sul finire dell’Ottocento gli artisti ticinesi che fino ad allora si erano formati, avevano lavorato e dimoravano nei centri urbani italiani, e specialmente a Milano e Torino, stabilirono i loro atelier nel Ticino, partecipando attivamente alla vita culturale del loro Cantone di origine. Nacquero la Società ticinese per le Belle Arti (1889), la Società dei pittori e scultori svizzeri (1896) e la Società ticinese per la conservazione delle bellezze naturali e artistiche (1909). Si promossero le prime esposizioni a Lugano, nel 1891 e nel 1913, e poi annualmente dal primo dopoguerra. Pittori e scultori ticinesi si trovarono quindi confrontati con i colleghi del resto della Svizzera, particolarmente aperti alla modernità e alla necessità di trovare una dimensione artistica propria e identitaria. La scoperta del paesaggio del Ticino, fino ad allora genere ben poco frequentato, va letta in questo contesto: i pittori non si limitarono a raffigurare Lugano, il suo lago e il suo golfo, per vendere le opere ai primi facoltosi turisti, ma gradatamente scoprirono la splendida natura della loro terra di origine, la campagna e i contadini, il bosco e l’alta montagna. Tra loro occorre ricordare non solamente le opere dei maestri riconosciuti come Luigi Rossi, Filippo Franzoni ed Edoardo Berta, ma anche degli artisti meno noti (Emilio Maccagni, Isidoro Solari, Attilio Balmelli, Regina Conti, Remo Patocchi…) che scoprirono, ciascuno per proprio conto, taluni angoli fino ad allora ignorati del territorio: tutti parteciparono alla progressiva affermazione di una certa idea di Ticino, ovvero di un incantato e solare paesaggio rurale. L’intento della mostra è stato quello di selezionare appositamente dipinti di autori poco studiati e a volte quasi dimenticati. Spiccano inoltre alcuni pezzi di artisti riconosciuti di particolare importanza perché esposti ad esempio alla Biennale di Venezia, ma non più visti in occasioni pubbliche da molti anni.

 FOTOGRAFI

Alla costruzione di un’immagine identitaria del Ticino parteciparono attivamente anche i fotografi (tra i molti Grato Brunel e la sua dinastia famigliare, il locarnese Antonio Rossi, Angelo Monotti, i fratelli Ernesto e Max Büchi…) che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento si stabilirono nei maggiori centri cittadini, documentando non solamente il volto degli abitanti (i ceti più alti ma anche i contadini e i lavoratori in generale, spesso volutamente in posa) e il territorio. Essi  riprodussero, spesso con acutezza, i paesaggi più significativi e noti  (non a caso il primo incunabolo fotografico ticinese, scattato da un ignoto intorno al 1860, è un paesaggio di Lugano), illustrarono i monumenti più importanti (la facciata e le decorazioni della cattedrale di S. Lorenzo, la chiesa di S. Maria degli Angeli a Lugano, la collegiata di S. Vittore a Locarno), le imprese costruttive più significative (le strade, i nuovi edifici) scoprendo anche, come gli artisti, i paesaggi remoti e meno comuni della valle Maggia, le Centovalli e Locarno.

Carlo Franza

 

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