I gioielli della Collezione Bollmann per Florence Jewellery al Palazzo del Pegaso a Firenze.
I gioielli della Collezione Bollmann saranno ospiti della Florence Jewellery Week 2022, evento culturale interamente dedicato al mondo della creazione orafa e alla complessa relazione tra ricerca artistica, artigianato, design e nuove tecnologie.
Il Palazzo del Pegaso ospiterà dal 28 aprile e fino al 2 maggio 2022 per una settimana nelle sue sale una selezione di una delle più vaste e prestigiose collezioni private di gioielli contemporanei esistente, appartenente ai coniugi Karl e Heidi Bollmann. Per l’occasione, in mostra circa 30 pezzi realizzati da alcuni tra i maggiori protagonisti della “New Jewelry”: Manfred Bischoff, Peter Chang, Yasuki Hiramatsu, Fritz Maierhofer, Bruno Martinazzi, Francesco Pavan, Ruudt Peters, Gerd Rothmann, Peter Skubic.
La coppia austriaca Karl & Heidi Bollmann possiede oltre un migliaio di pezzi realizzati dai maestri più influenti che hanno segnato la storia dei “New Jewels” dagli anni ’50 ad oggi. Occasione che ha dato il via a questa incredibile collezione, è stata la ricerca di un regalo di Karl Bollmann a sua moglie per la nascita del secondo figlio. Karl era alla ricerca di un gioiello, unico non solo nella sua lavorazione, ma soprattutto originale nella sua ideazione. Felicemente sorpreso dal genio di Peter Skubič, ammirato durante una mostra collettiva nel 1972 al MAK Museum of Applied Arts di Vienna, Bollmann decise di commissionargli un gioiello speciale. Karl gli fornì le pietre, i diamanti che aveva ereditato, per dare lucentezza al gioiello … Ma l’artista invece agì in totale libertà creando un anello cinetico in acciaio! Si potrebbe dire che proprio la libertà di Skubic ha gettato le basi di questa vasta collezione di opere d’arte indossabili: la libertà di espressione e la sperimentazione artistica potrebbero essere considerati i requisiti fondamentali per la scelta dei gioielli da parte della coppia Bollmann, incarnando così lo spirito del loro tempo.
Ecco alcuni testi critici scritti per l’occasione da una studiosa torinese, Paola Stoppiana: “Manfred Bischoff, a partire dalla pratica del disegno, uno degli aspetti essenziali della sua ricerca, ha saputo costruire un lessico del tutto personale, anche grazie ad una originale visione che lega materia (lamina in oro ma anche polistirolo, acciaio, filo laccato con cui tracciare rapidi volti), disegno e parola in un gioco di rimandi, citazioni, libere associazioni, riferimenti storico – scientifici che creano storie e narrazioni sempre nuove, non prive di una certa dose di ironia.” “Peter Chang […] l’uso delle materie plastiche e delle resine, elementi malleabili e versatili, hanno consentito a Chang, grazie ad una tecnica sapiente perfezionata negli anni, una sempre crescente libertà espressiva in termini di forme, volumi e colori…La sua creatività, ricca di umorismo e spirito giocoso, si esprime in un vero e proprio universo fantastico, con puntuali riferimenti a mondi diversi, in particolare quello marino e anfibio, che ritorna protagonista in molte delle sue opere, vere e proprie sculture abbaglianti nel loro acceso cromatismo.” “Al Maestro Yasuki Hiramatsu si riconosce la capacità di relazionarsi con la materia preziosa in modo semplice e raffinatissimo allo stesso tempo; nelle sue mani l’oro, accartocciato, sbalzato, martellato, è materia vibrante, e i suoi gioielli dimostrano una grande eleganza compositiva, esaltati dal rapporto del metallo con la luce. Come lui stesso ha dichiarato: “Il mio obiettivo è creare forme con forza e grazia, che sono costruite per mettere in gioco il potenziale insito nei materiali.” “Fritz Maierhofer è stato tra i primi artisti a trattare con la stessa precisione e raffinatezza materiali preziosi e non preziosi, vetro, acrilico, oro, argento, acciaio, alluminio, cartone verniciato, corian (una pietra acrilica sintetica particolarmente stabile, facile da lavorare e disponibile in molte tonalità), adottando soluzioni sperimentali tecnicamente complesse, inclusa, in anni recente, la computer-grafica; combinando il materiale sintetico con l’oro, l’argento e l’acciaio, ha dato vita a gioielli complessi e sorprendenti che si affiancano a sculture di grandi dimensioni.” “I gioielli Bruno Martinazzi in lamina oro, sbalzato e cesellato, richiamano spesso dettagli del corpo umano, occasione per ripensare l’uomo nella sua interezza ontologica: il realismo anatomico non è qui perseguito, ma è piuttosto una verità ripensata, mentale, dagli esiti fortemente astratti. L’artista ha sviluppato nel tempo un preciso linguaggio formale, fortemente riconoscibile, nel quale lo stesso oro sublima l’idea e diventa l’elemento che unisce l’uomo al divino.” “I gioielli di Francesco Pavan sono improntati alla ricerca della forma assoluta attraverso una rigorosa impostazione geometrica, allo studio sulle potenzialità date dalla cinetica e all’attenzione alla percezione visiva delle superfici. Dagli anni ’80 si è concentrato sugli effetti della rifrazione della luce sull’oro e sulle texture policrome, ottenute dall’accostamento di metalli diversi – oro, argento, rame, alpacca – distribuiti su spille e anelli sotto forma di fettucce irregolari ad evocare brani di tessuto o pennellate di colore.”
“Dagli anni ‘70 Ruudt Peters indaga nell’oreficeria, elevata a forma espressiva a tutto tondo, l’esistenza umana ed il suo mistero: i suoi gioielli, di matrice profondamente concettuale, traducono in oggetti tridimensionali pensieri e riflessioni su più vari argomenti tra i quali la religione, la filosofia, l’arte, le altre culture. Le sue esplorazioni coinvolgono anche la scelta dei materiali: ad argento ed oro affianca legno, plastica e metalli, oltre ad oggetti di uso quotidiano ricontestualizzati e ripensati nella forma e nella funzione: opere imprevedibili, di grande impatto scenico, che l’artista aggrega in “capitoli” formali dai titoli evocativi.” “Gerd Rothmann ha introdotto nella sua pratica il concetto di biomorfismo: i calchi del corpo, a partire dalle impronte delle dita, sono impresse su lastra metallica, e diventano gioielli identitari e quasi simbiotici se legati al proprietario o puramente decorativi e astratti se spersonalizzati. Dita, piedi, nasi, orecchie diventano, nella pratica orafa, sofisticate repliche della persona, decori, sculture autoportanti, come se fossero stati piegati e scaldati dal contatto con la pelle: concettualmente, una sorta di preghiera laica sulla bellezza del corpo e una riflessione del legame che ognuno ha con esso.” “Peter Skubic considera la creazione di gioielli come “un esperimento, un’affermazione scultorea o performativa, un’attività corporea, l’attraversamento di un confine e un atto creativo di liberazione”. Le sue opere, ironiche e surreali, realizzate in acciaio inossidabile e più raramente in oro, passano agilmente di scala, dalla spilla alla scultura “ambientale”, e sono composte da piani inclinati metallici specchianti e fili liberi e oscillanti, tenute insieme da forze in equilibrio e incastri perfetti, prive di saldature.”
Carlo Franza