Spari in classe a Rovigo. Scuola italiana nel baratro. Docente denuncia 24 studenti.
“Li denuncio tutti per difendere la mia dignità e quella dei miei colleghi, ma soprattutto perché è stato oltrepassato un confine”. Maria Luisa Finatti è un’insegnante di Scienze e Biologia all’Itis Marchesini di Rovigo. Tre mesi fa è comparsa in un video girato dai suoi studenti, la riprendevano mentre altri ragazzi della classe le sparavano durante la lezione con una pistola ad aria compressa. Dopo aver riflettuto a lungo, ha deciso che non saranno solo i provvedimenti disciplinari scolastici a definire il profilo di gravità dell’accaduto.
Maria Luisa Finatti ha denunciato tutti i 24 studenti di quella classe prima per i reati di lesioni personali, oltraggio a pubblico ufficiale, diffamazione a mezzo social e atti persecutori. La denuncia è stata depositata dai suoi avvocati Nicola Rubiero e Tosca Sambinello al Tribunale dei minori di Venezia. Nel frattempo, quel video girato con le risate di sottofondo di ragazzi e ragazze è diventato virale. E’ chiaro che si è andato oltre ogni limite, la scuola ha perso in questi ultimi anni tutta la sua funzione educatrice, di socializzazione e di cultura
“Era l’11 ottobre scorso – racconta la docente – un mese dopo l’inizio della scuola. Erano studenti di prima, appena arrivati alle superiori. Hanno avuto il coraggio di spararmi per ben due volte mirando in faccia. Sono uscita piangendo, solo un allievo mi ha chiesto scusa. Alcuni di loro avevano organizzato tutto: uno ha portato la pistola, uno ha sparato, altri hanno filmato con i telefonini. E tutto per cosa? Per diventare famosi, per guadagnare follower su Instagram e TikTok”. “Sono uscita dall’aula piangendo – ha aggiunto – Subito dopo sono rimasta a casa qualche giorno e ho passato notti insonni. Non ho più insegnato in quella classe ma l’ansia c’è ancora, così come il timore di essere derisa. Adesso spero non succeda più a nessuno. I genitori dovrebbero essere nostri alleati, invece sono totalmente schierati con i figli”. A mente fredda, la docente ripercorre quei momenti: “Hanno avuto il coraggio di spararmi per ben due volte, una all’inizio della lezione e poi anche alla fine. Quattro o cinque pallini, mi hanno colpito allo zigomo – dice a Repubblica -. Non mi sono resa conto subito della situazione”.
La vicenda aveva destato grosso scalpore, e cinquanta primi cittadini del Polesine avevano inviato una lettera aperta ai dirigenti scolastici, insegnanti, operatori del mondo scolastico, studenti e famiglie. “Colpisce in modo profondo – scrivevano i sindaci – anche noi amministratori locali, impegnati nel propugnare valori di rispetto, tolleranza e reciproco riconoscimento, che risultano disattesi da comportamenti così intollerabili. La scuola è una delle chiavi del presente e del futuro di questo paese e in quanto ‘Istituzione’ non è accettabile che venga messa alla gogna per episodi che di goliardico non hanno nulla, ma che sconfinano in reati punibili dalla legge. Il fatto che una docente venga colpita, nell’esercizio del suo lavoro, da colpi di pistola ad aria compressa, ci obbliga a interrogarci su diverse questioni: perché chi lavora per formare e costruire coscienze e intelligenze viene denigrato, umiliato a tal punto? Perché queste degenerazioni non possono essere prevenute? Quali meccanismi scattano, per cui figure istituzionali così importanti in una società vengono vilipese? Nel portare la nostra solidarietà alla docente ferita, così come nel ribadire un grande rispetto per i dirigenti, gli insegnanti e gli operatori del mondo della scuola, chiediamo allora ai ragazzi e alle loro famiglie una profonda riflessione”.
Occorre ridisegnare tutta la scuola italiana, invocare certezze -si spera che il ministro Valditara persona colta e preparatissima vi ponga rimedio- perchè la scuola italiana è in un abisso infernale, dalle medie inferiori alla superiori, manca il rispetto per il professore che è un pubblico ufficiale, nelle aule scolastiche avviene di tutto e a scuola si va ormai non per studiare ma per perpetuare quanto avviene nelle città e nelle strade italiane, da studenti che hanno anche il benestare dei genitori e delle famiglie.
Carlo Franza