“La democrazia militarizzata” (Longanesi, pp. 160, 2023) lo considero il libro dell’anno 2023.  E’ dell’Ambasciatore Sergio Romano illustre figura di studioso e osservatore non solo italiano ma internazionale.

“La democrazia militarizzata”, secondo la scheda descrittiva dell’editore, presenta una rassegna storica della militarizzata politica riferendosi ai casi in cui la guerra è stata utilizzata per legittimare la politica con inevitabili conseguenze sulla democrazia. Secondo Romano c’è un filo rosso che va da D’Annunzio (con l’impresa di Fiume del 1919) a Mussolini (con la Marcia su Roma del 22) fino a Trump (con l’invasione del Campidoglio del 2021). Dice Sergio Romano: “Con il XX secolo si auspicava che una parte e l’altra smettessero di combattersi giustificandolo come guerra “indispensabile, giusta, patriottica”. Ma a cedere alle armi, poi, fu sempre più la politica”. Libro chiaro, colto, estensivo, mirato, prezioso per l’intero panorama affrontato, storicamente carico di ogni confronto e raffronto,  un testo miliare.  

Intanto occorre fare un salto indietro di un secolo, pensare e riflettere e ricordare l’archetipo di questa evoluzione democratico\militarista che fu il tempo di Napoleone, con la fine non solo della prima repubblica francese, ma anche della prima repubblica italiana. Si, quella del 1797-1805 che gli storici chiamano repubblica cisalpina\italiana.  Nei testi di storia questo passaggio storico è nevralgico, momento da cui partire, per affrontare meglio l’oggi, momento che andrebbe accuratamente riletto e rivalutato.  E a tal proposito ci sovviene anche il “Lungo Risorgimento” di Gilles Pécout. Partendo dalla celebre espressione attribuita erroneamente a Massimo D’Azeglio “L’Italia è fatta, ora van fatti gli italiani”, Gilles Pécout ripercorre il lento processo di costruzione nazionale dell’Italia a cominciare dalla fine del Settecento. Uno degli aspetti caratterizzanti di questa analisi è la scelta di evidenziare il peso reale del ruolo svolto dallo Stato, in stretto rapporto con lo sviluppo dell’economia e con l’evoluzione delle gerarchie sociali, mettendo dunque in discussione l’immagine di “nazione debole e senza Stato”. Il ricorso alla storiografia a partire dal XIX secolo e la sua rilettura in chiave ideologica mostrano che il cliché dell'”Italia debole” rappresenta una reazione nei riguardi di quella confisca dello Stato e dei valori nazionali fatta dal regime fascista piuttosto che un implicito effetto dell’incompiutezza del processo di riunificazione. Senza sottovalutare le fratture, i vari fattori di divisione e i limiti di un processo la cui importanza fino ai giorni nostri è comunque innegabile, Pécout ricostruisce le origini dell’Italia, evidenziando le prospettive politiche del gran dibattito storico italiano riguardo alle questioni dell’integrazione civile, culturale, economica e sociale del paese.

Secondo i libri di storia, la Prima guerra mondiale che per oltre quattro anni devastò l’Europa finì l’11 novembre 1918 con l’armistizio di Compiègne e la resa dell’Impero tedesco. Ma per Sergio Romano, a causa dei molti reduci e sopravvissuti che non riuscirono a ritrovare il proprio posto nella società, la guerra invece proseguì in altre forme: non fu più una continuazione della politica con altri mezzi ma divenne spesso l’unico mezzo con cui la politica pensò di potersi affermare e legittimare. Ed è proprio l’Italia il Paese che ha offerto al mondo i primi due esempi di politica «militarizzata». Il primo è la conquista di Fiume ideata e capitanata da D’Annunzio nel settembre 1919, il secondo è la Marcia su Roma, organizzata da Benito Mussolini nell’ottobre del ’22, con un linguaggio e un approccio che si rifanno esplicitamente al mondo dell’esercito. Partendo dall’Italia, la militarizzazione della politica si diffuse a macchia d’olio anche in Spagna, in Portogallo, in Germania, in Russia e nei Balcani. Sergio Romano dimostra in questo libro come tale dinamica, attraversando i decenni, continui ancora oggi, fino alla marcia di Capitol Hill del 6 gennaio 2021, quando, istigati dal presidente sconfitto Donald Trump, i suoi sostenitori invasero il Campidoglio con l’obiettivo di «salvare la democrazia»: un fine politico da raggiungere con la mobilitazione armata.

Sergio Romano (Vicenza, 1929) è stato ambasciatore alla NATO e, dal settembre 1985 al marzo 1989, a Mosca. Ha insegnato a Firenze, Sassari, Berkeley, Harvard, Pavia e per alcuni anni all’Università Bocconi di Milano. È editorialista del «Corriere della Sera» e di «Panorama». Tra i suoi ultimi libri pubblicati da Longanesi: La quarta sponda (2005, nuova edizione 2015), Con gli occhi dell’Islam (2007), Storia di Francia, dalla Comune a Sarkozy (2209), L’Italia disunita, con Marc Lazar e Michele Canonica (2011), La Chiesa Contro (2012), Morire di democrazia (2013), Il declino dell’Impero americano (2014), In lode della guerra fredda. Una controstoria (2015), Putin (2016), Trump (2017), L’epidemia sovranista (2019).

Carlo Franza

 

 

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