Il TOMAV EXPERIENCE – Torre di Moresco Centro Arti Visive, in collaborazione con la Fondazione Filiberto e Bianca Menna (Salerno-Roma) e con il Museo Venanzio Crocetti (Roma) lasciano vedere Geometrie di luce, una importante antologica di Claudio Rotta Loria negli spazi della Torre di Moresco (AN).

Muovendo da un nucleo di opere realizzate sul finire degli anni Sessanta (si pensi alle straordinarie Superfici interattive del 1968 e alle Rotazioni del quadrato realizzate nel 1969), periodo in cui Claudio Rotta Loria orienta il proprio discorso sul colore, sulla forma geometrica, sulle forze e sui dati elementari della pittura intesa come atto mentale, l’esposizione evidenzia il modus operandi di un intellettuale totale che dilata l’orizzonte riflessivo e creativo nell’ambito di importanti considerazioni sulla luce, portata a ingrediente essenziale del lavoro e a fattore capace di innescare mobilità, cinetismo controllato da regole di natura temporospaziale. Agli anni Settanta risalgono infatti le Strutture reticolari complesse a pluripercezione (1970) e i Cromoplastici (1970) dove la fluorescenza cromatica porta l’osservatore a percepire accurati effetti di vibrazione, seguiti dalle Superfici a interferenza luminosa (1970) dove Rotta Loria esplora analiticamente l’azzeramento percettivo della carta (importanti, di questo periodo, anche i vari interventi plastici nello spazio della vita – si pensi almeno all’Intervento d’ambiente Q 1.0 del 1970 e alla Porta del cielo del 1972) e dalle varie spazializzazioni di forme geometriche (1971) che estroflettono lo spazio perfetto della superficie per dar luogo a dispositivi vibranti, a programmazioni visuali capaci di sollecitare l’occhio del fruitore e di risucchiarlo in un ambiente geometrico dall’immota mobilità.

Se a partire dagli anni Ottanta (l’artista lavora da sempre per cicli aperti che salgono le scale del tempo per riversarsi sul pulsante presente), con gli Spazi di trame e gli  Spazi di tensioni l’artista indaga il potere emotivo del colore, sempre vigilato da cinture scientifiche – «inizialmente le opere sono percorse da corti segni a pastello sovrapposti (prodotto del breve e sempre uguale movimento del braccio e della mano), in seguito, da a una scrittura-pittura di un mantra che, in sintonia col respiro, ritma l’atto del dipingere» – che richiamano alla memoria alcune conquiste del primo Novecento e pongono al centro dell’attenzione potenti ambiguità percettive, con le geografie poetiche realizzate a partire dal 2001, Rotta Loria crea nuovi strumenti di misura che saltano il fosso del geometrico e del geografico per concepire un discorso prossimo all’enigma della frantumazione, alla commistione di piani e alla contaminazione, all’interruzione, alla fluidificazione e al frammento.
Memori degli spazi aperti che caratterizzano gli straordinari Interventi d’ambiente (1970-1972) sono le installazioni e i vari Equatori che Claudio Rotta Loria realizza a partire dal 2001, opere il cui impianto interno «rappresenta un modo per pensare il mondo nei termini di una suggestione “geografica” di grande respiro ai limiti dell’astrazione».

Carlo Franza

 

 

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