Al Mart fino al 5 novembre 2023  la grande mostra su Aurelio Bulzatti, tra gli interpreti della nuova stagione della figurazione dei primi anni Ottanta. La mostra Stefano De Stasio. Da genti e paesi lontani,  condivide una delle gallerie del primo piano del Mart con il progetto dedicato ad Aurelio Bulzatti. Entrambi si sviluppano a partire da una premessa espositiva comune: una sala-omaggio dedicata alla Galleria La Tartaruga diretta da Plinio De Martiis, tra i protagonisti della scena culturale romana della seconda metà del Novecento. Attivo nel rilancio del Teatro dell’Arlecchino, luogo di sperimentazione e di incontro frequentato da Luchino Visconti, Anna Magnani, Monica Vitti, Franca Valeri, Mino Maccari, De Martiis è fotografo e reporter e collabora con importanti organi d’informazione quali L’Unità, Paese Sera, Noi donne, Il Mondo.
Nel 1952 è tra i fondatori della cooperativa Fotografi Associati che contribuisce in maniera significativa a definire il ruolo dell’immagine nella cultura italiana. In brevissimo tempo si impone come demiurgo di una vita culturale che passa alla storia per la pluralità e l’intensità degli apporti, anticipando la celebre stagione de La dolce vita.
Attivo come gallerista, editore, organizzatore di eventi, scopritore di talenti, curatore, intellettuale fuori dagli schemi, collega la propria attività in maniera particolare a La Tartaruga. La Galleria diviene sinonimo di ricchezza culturale, con una proposta espositiva capace di interpretare e precorrere i tempi, offrendo un primo approdo italiano agli artisti americani della Pop art e dell’Espressionismo astratto, da Cy Twombly a Robert Rauschemberg, Mark Rothko, Franz Kline, e occasioni espositive a molti dei protagonisti italiani della scena artistica internazionale degli anni a venire: Fabio Mauri, Mario Schifano, Jannis Kounellis, Piero Manzoni, Pino Pascali.

Con il focus che introduce alle mostre di Di Stasio e Bulzatti, il  Mart di Rovereto rende omaggio a De Martiis ricordando l’ultima stagione di attività de La Tartaruga. Si tratta di uno dei periodi di maggiore impegno e soddisfazione per De Martiis che lancia nei primi anni Ottanta un numero rilevante di artisti, in parte autonomi, in parte riuniti da Maurizio Calvesi sotto l’etichetta di Anacronisti, tutti accomunati dalla necessità di tornare alla pittura e alla figurazione. Quella stagione, ricca di avvenimenti e di incontri, che trova il suo apice nella Biennale del 1984, viene evocata attraverso le opere di sei artisti che a vario titolo incrociarono le proprie strade con quella di de Martiis: oltre a Bulzatti e Di Stasio, Franco Piruca, Maurizio Ligas, Paola Gandolfi e Lino Frongia.

Aurelio Bulzatti. Il tempo sospeso

La malinconia delle cose è nel loro casuale abbandono. […] Bulzatti si rivela pittore di atmosfere, capace di animare anche le cose più insignificanti,
lontanissimo da ogni simbolismo(Vittorio Sgarbi).

Ho cominciato a dipingere nell’estate del 1980, nel clima romano del ritorno alla pittura. La prospettiva, la narrazione, uscire dall’arte concettuale sono diventate le mie stelle polari. Da allora ragiono solo in termini pittorici e di rappresentazione. Mi posso definire con poche parole: mi piace dipingere la figura, l’ambiente che la circonda, le relazioni emotive e sentimentali che le legano tra di loro (Aurelio Bulzatti).

Presentate lungo un andamento cronologico circa cinquanta opere descrivono l’intera carriera di Aurelio Bulzatti, tra gli interpreti della nuova stagione della figurazione dei primi anni Ottanta. Di origini ferraresi e attivo fra Bologna e Roma, è tra coloro che sperimentano e teorizzano il ritorno alla pittura, l’interesse per l’immagine evocata e lo studio delle tecniche tradizionali. La mostra mette in luce la continua evoluzione linguistica e stilistica di Bulzatti, pur nella rigorosa coerenza con le premesse figurative degli esordi. Un nucleo rilevante di opere inedite, immaginate e realizzate appositamente per le sale del Mart, testimoniano la continuità e anticipano traiettorie future.

Percorrendo la mostra, appaiono evidenti tanto le evoluzioni stilistiche e tematiche di Bulzatti, quanto quella atmosfera pacata che caratterizza l’intera opera, una sorta di sobria ritrosia, una pittura di silenzi. Le luci soffuse, le ombre nebbiose, gli scenari crepuscolari campeggiano sulle tele, divenendone il tratto distintivo.
Come sottolinea Vittorio Sgarbi nel testo in catalogo: “Non c’è spazio per i grandi temi, per la propaganda, per l’ideologia. […] È l’antiretorica”. Questo non significa che Bulzatti non si occupi di temi sociali, tutt’altro. Soprattutto negli ultimi anni descrive il mondo contemporaneo, le sue contraddizioni, le solitudini. E lo fa con infinita pietas, raccontando con semplicità e rispetto gli ultimi, gli umiliati, le periferie, gli spazi vuoti o abbandonati, le notti. La città diventa protagonista di dipinti nei quali il rapporto tra le figure e lo spazio è centrale.
Anche la tecnica cambia. Se nei primi lavori la pittura è più cremosa, con il passare del tempo diventa più vibrante, i contorni sfocati, i giochi compositivi più audaci.

Attivo a Roma, è tra coloro che sperimentano e teorizzano il ritorno alla pittura, l’interesse per l’immagine evocata e lo studio delle tecniche pittoriche tradizionali. Collabora con La Tartaruga di Plinio De Martiis, espone alla Biennale di Venezia curata da Maurizio Calvesi e partecipa a due Quadriennali di Roma. La sua carriera prosegue, sempre in ambito romano, con il favore di galleristi, critici e istituzioni culturali.

Lungo un percorso cronologico costituito da 50 opere, la mostra “Aurelio Bulzatti. Il tempo sospeso” ripercorre l’intera carriera dell’artista, segnata da una continua evoluzione linguistica e stilistica pur nella rigorosa coerenza con le premesse figurative dei suoi esordi. Un nucleo rilevante di opere inedite, immaginate e realizzate appositamente per le sale del Mart, testimoniano la continuità e anticipano traiettorie.

Aurelio Bulzatti. Nato ad Argenta (Fe) il 2 ottobre 1954, ha frequentato negli anni Settanta l’Accademia di Belle Arti a Bologna, in un clima fortemente condizionato dall’arte Povera e Concettuale. L’anno che segna il futuro sviluppo della sua poetica è il 1981, quando a Roma entra in contatto con gli artisti della galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis. Accomuna questi artisti l’interesse per il ritorno alla pittura, l’immagine evocata, la tecnica e il mestiere del dipingere e Bulzatti si trova a suo agio in quel clima di sperimentazione volutamente distante dalle neo-avanguardie che guarda in maniera innovativa alla tradizione. Entrato stabilmente nel giro de La Tartaruga, stringe un sodalizio particolarmente forte, oltre che con De Martiis, con Maurizio Ligas e Lino Frongia e ottiene due mostre personali, nel 1983 e nel 1984. In quello stesso anno partecipa alla XLI Biennale di Venezia nella sezione Aperto 84. Alla fine degli anni Ottanta il gruppo si scioglie e ogni artista continua la propria ricerca individualmente. Collabora dal 1991 al 1995 con la galleria Netta Vespignani di Roma, con la galleria il Polittico, con l’associazione Futuro di Ludovico Pratesi e con la galleria di Francesco Moschini e con quella di Liliana Maniero e con l’associazione culturale l’Attico di Fabio Sargentini. È invitato a partecipare a due Quadriennali al palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1986 e nel 1996. Nel 2005 la Galleria Comunale di Ciampino propone una mostra antologica con oltre 40 opere. Nel 2007 la partecipa a Palazzo Reale di Milano alla mostra Arte Italiana 1968-2007; nello stesso anno riceve una seconda personale alla galleria A.A.M. di Roma. Nel 2008 un’altra antologica dal titolo Passaggi 1982-2008, è organizzata dal comune di Argenta (Ferrara) al Centro Culturale Mercato. Nel 2010 partecipa alla 54a Biennale di Venezia al Padiglione Italia curato da Vittorio Sgarbi. Dopo oltre trent’anni di vita nella capitale, decide di trasferirsi a Budrio, nella campagna Bolognese, ritrovando così atmosfere affini a quelle della sua infanzia

Carlo Franza

 

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