Da qualche giorno la RAI ha compito settant’anni. Sono pochi, sono molti?  Dipende, certo oggi a osservarla in tutti i suoi meandri  e corpi esterni e interni mamma Rai  gli anni non se li porta bene. Una Rai che da settant’anni paghiamo noi, con le tasse, con il canone (il famoso libretto che mia madre Ada Damiani Franza gelosamente conservava per i tagliandi annuali), e dunque prima pagata con il libretto, oggi con la voce Rai unitamente alla luce domestica.

Tutto ha avuto inizio il 3 gennaio del 1954, il sottoscritto aveva cinque anni, quella nascita cambiava e cambiò totalmente il costume italiano. Fu una rivoluzione, perché erano gli anni del dopoguerra, alle porte era in arrivo il boom economico che marcherà la vita a partire dal 1960.  Quello “scatolone”, quel “mobile inizialmente con esterno in radica” allora messo a disposizione di pochissimi, mi ha fatto ritrovare tra questi pochissimi, perché mia madre lo acquistò subito e ancora oggi lo conservo -ne mostro la foto- nel palazzo di famiglia nel Salento, ad Alessano. È la mattina di domenica 3 gennaio 1954, con la Seconda guerra mondiale terminata da meno di un decennio e un paese che iniziava a rialzarsi da quella tragedia. Finita l’era di Alcide De Gasperi, il presidente era Giuseppe Pella, ma stava per lasciare l’incarico (si dimetterà due giorni dopo) ad un giovane Amintore Fanfani. Al Quirinale, Luigi Einaudi. Alle 11 l’annunciatrice televisiva Fulvia Colombo avviava le trasmissioni televisive regolari del Programma Nazionale, l’attuale Rai 1 con queste parole: “La Rai − Radiotelevisione Italiana inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive”. Il primo programma televisivo in assoluto è Arrivi e partenze, condotto da Mike Bongiorno e Armando Pizzo. La sera stessa prende il via La Domenica Sportiva, il programma più longevo della televisione, ancora oggi in onda. L’acronimo Rai, erede dell’Eiar (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) significava allora Radio Audizioni Italiane, dopo un decreto luogotenenziale del 26 ottobre 1944. Resterà tal quale anche dopo che a quelle audio si affiancheranno le trasmissioni tele-visive. Alla fine della guerra erano rimaste solo dodici stazioni a onde medie e due a onde corte. Nel 1945 il sistema radiofonico italiano veniva riunificato sotto la Rai e i trasmettitori superstiti furono organizzati in due reti. Il 25 giugno 1946, giorno dell’insediamento dell’Assemblea Costituente, iniziarono le trasmissioni di Oggi al Parlamento. Nel 1948 termina la ricostruzione dell’infrastruttura radiofonica, danneggiata durante la guerra, con il completamento della nuova rete nazionale di ventotto trasmettitori. Le due reti si espandono fino a coprire tutto il territorio nazionale.

Iniziava contestualmente la fase pionieristica e sperimentale delle trasmissioni televisive. Il 10 settembre 1952, dalla sede Rai di Milano, veniva testato e avviato il primo telegiornale con la notizia trasmessa che riportava la regata storica di Venezia. Il 26 gennaio 1952 il Governo firmava una convenzione con cui venne concessa alla Rai l’esclusiva delle radioaudizioni circolari, della televisione e della filodiffusione fino al 15 dicembre 1972. Contestualmente, tutte le azioni della società passavano all’IRI, ponendo la Rai sotto il controllo indiretto del governo italiano. Il 19 novembre si decide l’istituzione del canone televisivo introdotto l’anno successivo. Pochi mesi dopo lo storico annuncio di Fulvia Colombo, il 10 aprile, la Radio Audizioni Italiane S.p.A. cambiava la denominazione sociale in RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A. Nel 1957, con un decennio di anticipo rispetto alla tempistica inizialmente prevista, tutto il territorio italiano è coperto dal segnale televisivo. Il 3 febbraio la Rai inizia a trasmettere messaggi pubblicitari in TV con Carosello, mentre il 19 dicembre a Roma si inaugura lo storico centro di produzione televisivo di via Teulada 66. Sono gli anni in cui il servizio pubblico è fondamentale anche come collante del paese, il 25 novembre 1958 iniziano i corsi di Telescuola, rivolti ai ragazzi impossibilitati a frequentare la scuola obbligatoria.

Tutto iniziò con il canale unico, in bianco-nero, dalle 16 alle 17 i cartoni animati, poi la friggitoria -così dal suono, vale a dire nulla-, alle 20 il telegiornale, a seguire il Carosello per la pubblicità, scenograficamente messo in piedi dall’amico artista Luca Crippa di Seregno. E dopo il Carosello, noi bambini a letto e si proseguiva con un film, o quelle puntate de “Il Mulino del Po’” di Riccardo Bacchelli. Nel 1951 era nato Sanremo Festival. “Signore e Signori, benvenuti al Casinò di Sanremo per un’eccezionale serata organizzata dalla Rai, una serata della canzone con l’orchestra di Cinico Angelini”. Con queste parole il 29 gennaio 1951 si aperse il primo festival della canzone italiana a Sanremo, condotto da Nunzio Filogamo. Le prime due edizioni di Sanremo Festival furono vinte da Nilla Pizzi, nel 1951 con “Grazie dei fior” e nel 1952 con “Vola colomba”. Di questa prima edizione non si conserva quasi traccia sui quotidiani dell’epoca, che al massimo avevano liquidato la notizia con un piccolo trafiletto. I cantanti in gara furono solamente tre, che eseguirono tutte le venti canzoni selezionate. La televisione ancora non c’è, a trasmettere l’evento è la radio ed è proprio il pubblico radiofonico a decretarne il successo, con una grande partecipazione di ascolti. Dal 1961/62 lo “scatolone” fu inserito in un involucro in materiale plastico dalle forme molto squadrate. Nel 1954 gli abbonati alla TV furono 24.000, mentre nel 1965 il numero si alzò a 6 milioni.  La pubblicità televisiva cominciò nel 1967, ed aveva uno spazio di soli 10 minuti, chiusa in un contenitore che si chiamava “Carosello”. Alla fine degli anni Cinquanta, con l’avvento della neonata televisione (allora in bianco e nero e con un solo canale), come non ricordare Mario Riva con lo spettacolo musicale Il Musichiere (primo  quiz  musicale televisivo della storia della TV), trasmesso dal 7 dicembre 1957 fino al 7 maggio 1960 dalla Rai  con circa 90 puntate. Dal 1960 comincia un programma “Non è mai troppo tardi”, un corso per insegnare a leggere e a scrivere agli adulti analfabeti, in Italia ancora numerosissimi. Si nota eccome il servizio pubblico, con l’indimenticabile lezione del Maestro Alberto  Manzi. E non mancavano le bonarie rampogne dell’indimenticabile Padre Mariano. La gestione della RAI allora era politicamente tutta democristiana, cioè del governo. Fino al 1960 nessun leader politico parlò in Tv. In seguito ebbe inizio “Tribuna politica”, un programma con i giornalisti che intervistano i politici. Hanno comunque successo programmi di intrattenimento come “Lascia o raddoppia” e “Rischiatutto” al giovedì, mentre al sabato sera vi era sempre presente un varietà. I Tg velinari, ma sobri e composti, certo non paragonabili ai Tg frufru ed evasivi (in tutti i sensi) di oggi. Eppoi va detto che erano gli anni della vera industria culturale, la prima e in tante zone la sola, là nelle estreme lontananze del Sud, dove andare a scuola o aprire salotti radical-chic non era nemmeno pensabile. Lo scoprii bene io quando dal basso Salento andavo a Roma. Ormai l’Italia aveva voltato pagina, la tragedia bellica era definitivamente alle spalle e il nuovo miracolo economico del paese completato.

Di quella TV che vi ho descritto, di quella Rai cosa sopravvive e cosa prosegue?   Ricordi e rimpianto, ve lo dico a cuore aperto.  Il tempo ha trasformato tutto, è cambiata la stagione italiana, anzi le stagioni italiane.  E se quella Rai contribuì a fare l’Italia, la Rai di oggi è tutto e nulla, avvolta in una sottocultura che stringe una nazione allo stremo, sfibrata, malata. Il livello qualitativo si è perso da un po’, nessuna originalità, nessuna novità, innovazione zero, fantasia zero, se non quella visibile corsa a far numero e a replicare la tv commerciale.  E’ il tempo degli “Affari Tuoi” la trasmissione dei pacchi su Rai 1, che non è altro che un incitamento di stato al gioco d’azzardo (vi è stato ultimamente anche un corso di aggiornamento per i giornalisti italiani promosso dall’Ordine).  Eppoi i noiosi Fiorello, Montalbano e company. L’Informazione? Di parte e di partito. Ma questa è un altro capitolo che non intendo iniziare, perchè andrei fuori tema.

Carlo Franza

 

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