Fino al 20 ottobre 2024, il Mart di Rovereto dedica a Luigi Serafini un’approfondita antologica sulla vasta attività creativa dell’artista che investe i campi dell’architettura, del design, della pittura,   della scultura, della grafica, della fotografia e dell’arte digitale. A cura di Andrea Cortellessa, Denis Isaia, Pietro Nocita, Il sogno di Luigi Serafini nasce dalla profonda amicizia tra Vittorio Sgarbi e Luigi Serafini. Le carriere dei due si sono intrecciate fin dai tempi della prima edizione del Codex Seraphinianus, l’impresa universale di Serafini pubblicata in due tomi da un coraggioso Franco Maria Ricci nel 1981 e presentata in una mostra a Palazzo Grassi   a Venezia l’anno successivo. Stravagante ed enigmatico, il Codex fu fin da subito considerato un capolavoro. “Eravamo davanti a un miracolo che non temeva il confronto con le portentose meraviglie dei grandi miniatori“, scrisse Sgarbi anni dopo, in occasione di una delle fortunate ristampe dell’opera.

Il percorso espositivo della mostra prende le mosse proprio dal Codex Seraphinianus, un’enciclopedia fantastica più volte oggetto di ristampe ed edizioni internazionali.  Oltre 300 pagine scritte in una lingua inesistente, scrittura asemica, e finemente illustrate, costituiscono un’enciclopedia fantastica nota negli ambienti intellettuali e artistici di tutto il mondo. Il libro conta entusiasti e noti sostenitori illustri, tra cui Italo Calvino, Federico Zeri, Umberto Eco, Tim Burton, Roland Barthes, Jean-Michel Jarre, Orhan Pamuk, Philippe Starck e Fernando Arrabal.

La flora, la fauna, le architetture, la botanica e le opere dell’ingegno, creature mitologiche e surreali compongono l’indecifrabile libro di culto che l’artista dichiara gli sia stato dettato dalla gatta accovacciata sulle sue spalle.
Le tavole originali, realizzate negli anni Settanta, sono oggi conservate nel Labirinto della Masone nella Fondazione FMR (Franco Maria Ricci). Il Codex è stato pubblicato in Francia, Germania, Stati Uniti, Spagna, Paesi Bassi e ne esiste perfino una copia “taroccata” pubblicata in Cina. Nel 2021 il quarantesimo anniversario dell’opera è stato festeggiato con un’edizione speciale, per i tipi di Rizzoli.

Allo studio del Codice, nel tentativo di scioglierne il mistero, si applicano da decenni studiosi di lingue antiche o morte, enigmisti, musicisti e persino esperti di algoritmi e intelligenza artificiale. Scritti, articoli, film e opere teatrali hanno contribuito alla popolarità della fantaenciclopedia che oggi è frequentemente ripresa persino nei tatuaggi, nelle canzoni e nelle stories di Instagram. Curiosità: attualmente il Codex è il quindicesimo libro d’artista più venduto su Amazon USA e il sesto su Amazon Italia nella categoria arte. Nell’esposizione prodotta dal  Mart il Codex è rappresentato con 60 tavole originali che sono confluite nella prima edizione a cui si aggiungono una quarantina di tavole meno conosciute e per questo preziose, realizzate successivamente e appartenenti a Serafini stesso.
L’ampia selezione introduce al rapporto tra l’artista e l’oggetto libro, indagato in mostra attraverso le tavole di altre due pubblicazioni: Pulcinellopaedia Seraphiniana, fantastica interpretazione del mito partenopeo di Pulcinella, e Storie naturali, atlante di botanica immaginata.

La mostra illustra tutta la produzione serafiniana, vasta ed eterogenea, attraverso eccellenti prestiti provenienti da collezioni private o dalle disposizioni dello stesso artista.
Architetto di formazione, dopo aver a lungo viaggiato Serafini si è misurato con la pittura, la scultura, la grafica, la fotografia, il design, l’illustrazione e l’arte digitale. Perseguendo l’idea di arte totale, al di là delle etichette e delle gerarchie, il vulcanico artista ha sperimentato, innovato, messo sottosopra i canoni, riuscendo nella singolare impresa di essere costantemente molto apprezzato e seguito, iper-popolare e trasversale a diversi ambiti, pur restando al di fuori dei contesti convenzionali dell’arte contemporanea. Nelle sale del secondo piano del museo di Rovereto si ripercorre l’intero arco creativo, evidenziando l’audacia nella produzione dell’immagine fantastica nelle sue possibili declinazioni. Dall’esperienza all’interno del gruppo di architettura e design Memphis, sino alla Casa dell’artista (oggi oggetto di una disputa legale per la sua conservazione), tra pitture, sculture e installazioni, il percorso è un universo pop nel quale bizzarria e verità, ironia e seduzione, leggerezza e surrealtà convivono e si mescolano. Vero e proprio progetto d’autore, anche l’allestimento è stato ideato da Serafini, in una esposizione-wunderkammer che è a sua volta opera d’arte.

Pur rimanendo un unicum eccezionale, un organismo pazzo in cui i diversi linguaggi si confrontano e si intrecciano, la mostra prosegue dopo la prima sezione sul Codex con ambienti dedicati alle varie discipline, dando conto dell’ecclettica e immaginifica attitudine di Serafini.
Si comincia con la produzione pittorica: colorata, pop, utopica, dissacrante. Insieme per la prima volta in un’unica galleria sono esposte oltre venti tele di grande formato.
Seguono le sale sulla scultura che ospitano opere ispirate ad alcuni dei temi che hanno interrogato o interrogano la società – come per esempio “la mucca pazza” o la bioetica – e rielaborazioni dei classici della letteratura fantastica o della poesia con riferimenti a William Blake, Guillaume Apollinaire, Christian Morgenstern, per esempio.
Presenti anche numerose installazioni, opere controverse come la Donna carota (Persephone C) dea-allegoria della natura, e una preziosa esposizione dei Disogni, i disegni di sogno. La maggior parte delle opere ha titoli che sono giochi linguistici: stravaganti e ironici testimoniano il lessico originalissimo dell’artista.

Il percorso si chiude con una selezione del tutto inedita di disegni d’architettura, sperimentazioni e innovazioni mai esposte, ideate tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, e di prodotti di design, preambolo dell’opera totale di Serafini: la sua nota Casa-studio, da quasi quarant’anni spazio di vita e lavoro e da lui stesso definita “piccola cosmogonia esportabile” (Vogue Casa, 1986). Di proprietà dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, situata nel cosiddetto “tridente romano” nelle prossimità del Pantheon e delle scalinate di piazza di Spagna, la Casa è considerata un’altra opera enciclopedica. Serafini ne ha progettato o riprogettato non solo gli ambienti funzionali, le scale, le stanze, ma anche gli arredi, i quadri, gli oggetti, le stoviglie, le suppellettili, dalle porte al camino, dalle finestre al giardino. “È straordinaria proprio nella sua totale autonomia, nel suo non assomigliare a nessun’altra casa” (Andrea Bellini, Antinomie, 2023).

La residenza romana è stata recentemente oggetto una video-mappatura in 3D realizzata dall’Università Iuav di Venezia: presentata al Mart è il più recente tra i tanti omaggi che cultori e intellettuali hanno consacrato all’artista. A visitatori e visitatrici, quindi, l’opportunità di entrare virtualmente nella Casa di Serafini, vero e proprio meta-ritratto dell’artista. Alla Casa è anche dedicata, fino al 25 agosto, una mostra al MACRO – Museo di arte contemporanea di Roma, a cura di Luca Lo Pinto.

Nel suo complesso, la mostra Il sogno di Luigi Serafini, al Mart fino al 20 ottobre 2024, è un viaggio fantastico nei territori dell’inconscio e dell’immaginario, un luna park che attinge alla mitologia, un palcoscenico da cui osserva il consumismo, un’esposizione che mescola filosofia, semiotica al gioco e al divertimento.

Carlo Franza

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