Il Museo Castromediano, Pinacoteca “Antonio Cassiano” di Lecce ospita fino al 18 dicembre 2024 in anteprima assoluta “Legni Preziosi del Barocco dellItalia meridionale”, l’esposizione di tre preziose sculture votive in legno policromatorestituite ai colori e alle dorature originali grazie al lavoro del centro interdisciplinare M.O.S.A.I.C.  e per la prima volta esposte al pubblico.

Conservate per secoli nei monasteri di clausura delle Benedettine di Lecce e delle Clarisse di Nardò, le tre opere – esempio raro di dialogo tra tradizione, tecnica e innovazione artistica – sono pronte a raccontare il barocco italiano, attraverso uno sguardo inedito sullarte e la spiritualità del Sud Italia, celebrandone non solo il patrimonio artistico, ma anche permettendo al pubblico di ammirare per la prima volta tre pezzi emblematici, che svelano la ricchezza culturale e devozionale della stagione barocca a Lecce, nei suoi stretti rapporti con Napoli. 

Risultato del progetto Convergenze Interdisciplinari” – collaborazione guidata dal Prof. Raffaele Casciaro che vede insieme Soprintendenza ABAP di Brindisi e Lecce, CNR ISPC e Università del Salento – il percorso espositivo di “Legni Preziosi” è il frutto di un restauro scientifico e innovativo. Tra le opere in mostra spicca un busto di Ecce Homo del 1674, che ha rivelato, grazie alla tomografia assiale, una firma celata all’interno della scultura, svelando lidentità dellartista e aggiungendo una nuova dimensione alla sua storia. Accanto a questa, una statuetta di SantOnofrio, attribuita con certezza al celebre scultore Giacomo Colombo, la cui tecnica di assemblaggio dei tasselli di legno ha confermato l’attribuzione. A completare il percorso, una piccola ma preziosissima statua dell’Ecce Homo, proveniente dal monastero di Santa Chiara a Nardò, che si distingue per la raffinatezza delle sue policromie e dei dettagli anatomici. La mostra vedrà esposte tre importanti sculture seicentesche restaurate dal centro M.O.S.A.I.C. afferente al Dipartimento di Beni Culturali. Le tre opere provengono da luoghi di clausura monastica e rappresentano tre tappe significative nella storia della statuaria sacra meridionale.

Tra gli elementi più affascinanti emersi dal restauro spicca luso dellestofado, una tecnica decorativa tipica della Spagna ma molto usata anche in Italia meridionale, che, attraverso graffiature su doratura, arricchisce le superfici delle sculture con motivi geometrici e fitomorfi. Questo elemento, unito alla vivacità cromatica delle policromie originali, rappresenta una firma stilistica distintiva del barocco meridionale, che si distingue per l’influenza napoletana adattata ai contesti locali. Le tre importanti sculture in legno policromato di età barocca restaurate dal centro M.O.S.A.I.C. (Multidisciplinary Organization for Studying and Analyzing materials in Art and Conservation), nato dalla collaborazione dell’Università del Salento con il Polo Bibliomuseale della Puglia e la Provincia di Lecce. La prima fase di questa collaborazione è stata ospitata dal laboratorio di restauro del Museo Castromediano, in attesa che il Centro si insedi nell’ex Convento dei Domenicani di Cavallino. Le tre opere, finora non esposte al pubblico provengono da luoghi di clausura monastica: un busto di Ecce Homo e un Sant’Onofrio dal Monastero delle Benedettine di Lecce e un altro Ecce Homo da quello delle Clarisse di Nardò.

Il restauro è stato preceduto e accompagnato da approfondite indagini sui materiali: analisi delle specie legnose utilizzate, sezioni stratigrafiche delle policromie, tomografie assiali computerizzate (tac). Ricerche bibliografiche e d’archivio e comparazioni filologiche hanno completato il quadro delle conoscenze in un’ottica interdisciplinare, che ha permesso di ricostruire nel modo più completo possibile la storia delle tre sculture, oggi riferibili con buona probabilità rispettivamente ad Antonio Gallo, Diego Viglialovos e Giacomo Colombo. Nel caso di Viglialovos la probabilità è diventata certezza grazie alla scoperta di un cartiglio con la sua firma all’interno della statua. Il restauro ha rivelato le policromie originali, in tutti e tre i casi riscoperte al di sotto di ridipinture più tarde. L’Ecce Homo delle Clarisse ha ritrovato, una volta rimosse spesse vernici ossidate, un delicato incarnato rosato; quello delle Benedettine ha rivelato un magnifico e quasi integro estofado (decorazione graffita su foglia oro) occultato da una spessa ridipintura; infine il Sant’Onofrio mostra ora la sua raffinata veste pittorica originale, che si deve con ogni probabilità allo stesso Colombo, noto come pittore oltre che scultore. Nella pulitura delle tre opere sono state messe a confronto diverse tecniche, tra cui l’utilizzo di un prodotto brevettato, ecocompatibile, a base di enzimi lipasi stabilizzanti, che usato in forma di gel, evita i rischi di irritazioni o sensibilizzazioni agli operatori. Le opere restaurate, scalate cronologica mente dal primo Seicento dell’Ecce Homo di Nardò, al 1674 di quello di Lecce, fino ai primi del Settecento del pezzo attribuito al Colombo, rappresentano tre tappe significative nella storia della statuaria sacra meridionale, che nella mostra si confrontano con le opere della collezione permanente della Pinacoteca Antonio Cassiano, tra le quali vi sono altre sculture in legno seicentesche, e con le magnifiche statue-reliquiario provenienti dalla chiesa leccese di Sant’Irene.

Grazie alla sinergia tra istituzioni, studiosi e restauratori, e all’uso delle tecnologie diagnostiche più avanzate, queste opere sono ora accessibili al pubblico, come testimonianza dell’elevata maestria tecnica degli artisti barocchi e spaccato dell’estetica del barocco meridionale, contribuendo a definire l’identità culturale di un’epoca, offrendo una prospettiva unica sull’arte sacra e aprendo nuove strade per la ricerca scientifica e storica.

Carlo Franza

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