Per la sua terza personale da Giò Marconi l’artista ha trasformato la galleria nel suo mondo eccentrico e surreale, un teatro dell’assurdo dove nessuna regola o logica sembra potersi applicare. Nato nel 1965 a Gribbohm in Germania, John Bock diventa famoso a metà degli anni ’90 per le sue performance, le cosiddette “Lectures” e per le sue installazioni, stravaganti assemblaggi di oggetti quotidiani. La sua opera sfugge ad ogni possibile classificazione, qualsiasi categoria per descriverla diventa riduttiva: performance, teatro, video, installazione, scultura si mescolano a discipline e linguaggi diversi come la filosofia, l’economia, la musica, la moda e a frammenti di vita quotidiana in una fusione originale che non sembra mai essere completa. Bock, attraverso questo personalissimo collage, supera e reinventa i tradizionali confini della storia dell’arte. A prima vista le sue installazioni e le sue performance possono apparire senza senso, caotiche, prive di logica, ma in realtà il suo lavoro è sempre molto lucido e rigoroso, volto ad analizzare lo stato attuale della società occidentale e spesso guidato da allusioni autobiografiche. Le sue prime “Lectures”, una via di mezzo tra una performance e una lezione accademica, vertevano su temi economici (l’artista infatti ha studiato economia e arte all’Università di Amburgo) uniti successivamente ad argomenti più vicini al mondo dell’arte. Una sorta di parodia del mondo intellettuale che culminava in assurdi dialoghi con il pubblico, protagonista attivo in tutti i suoi lavori. Molti di questi testi sono poi stati pubblicati ma leggerli al di fuori della performance non ha senso così come non hanno senso apparentemente i titoli delle sue opere che derivano spesso dalla giustapposizione o dalla ripetizione di parole reali, riflettendo così la natura ibrida e multiforme del suo lavoro. Nelle sue performance l’artista riprende elementi del cabaret, del vaudeville, delle commedie slapstick e del teatro. Assume pose grottesche, compie movimenti esagerati, indossa costumi colorati e protesi improbabili e combina gli oggetti più disparati con ogni tipo di liquido in modo fantasioso e irriverente. Questi assurdi assemblaggi diventano poi parte della mostra, trasformando lo spazio espositivo in un caleidoscopio di colori, suoni ed immagini. Negli ultimi dieci anni Bock si è sempre più dedicato al video, il cui linguaggio visivo è molto vicino a quello delle performance. I suoi film sono una sorta di lente di ingrandimento sulla realtà, di cui esplora i dettagli più nascosti. Bock parte dalla vita quotidiana e si sofferma sugli aspetti più assurdi, facendo entrare lo spettatore in un microcosmo colorato fatto di spazi ribaltati, sostanze e oggetti dalle forme mai viste che si trasformano in personaggi, animali dai tratti umani e viceversa, un mondo dove tutto è dissociato e collegato al tempo stesso, dove ogni sicurezza è abbandonata, tanto che l’artista stesso definisce i suoi film “assurde commedie dark”. Bock non cerca la logica narrativa, la chiarezza, ma la confusione, vuole disorientare lo spettatore, sfidandolo con ironia a comprendere e superare gli ostacoli della vita. L’artista infatti descrive la vita come un gioco d’avventura che l’essere umano può solo iniziare a comprendere.

John Bock è nato a Gribbohm in Germania nel 1965. Ha studiato presso l’Hochschüle für bildende Künste ad Amburgo, Germania. Attualmente vive e lavora a Berlino. Tra le sue recenti personali: Im Modder der Summenmutation, Bundeskunsthalle, Bonn, Germania; The Calligari Shintaro Western, Australian Centre for Contemporary Art, Melbourne, Australia; John Bock: Der Pappenheimer and Nader Ahriman: Meta-Kubismus, Kunstverein Amburgo, Germania (2013); Into the Quasi-Me-Hill, DESTE Foundation for Contemporary Art, Barneys Madison Avenue, New York; Die abgeschmierte Knicklenkung im Gepaeck verheddert sich im weissen Hemd, Staedelmuseum Frankfurt, Frankfurt, Germany; Presenza Activa / Active Presence, MARCO, Museo de Arte Contemporánea De Vigo, Spagna (2012); Lost-Egg in the Desert, Jumex Foundation, Città del Messico, Messico; OHR-WALACHEI, Klosterfelde Gallery, Berlino, Germania; Schinkel Pavillon, Berlin, Germany; ichterloh / roh, Regen Projects, Los Angeles, USA, (2011); Curve-Vehicle incl. π-Man-(.), The Curve, Barbican Centre, Londra; John Bock Anton Kern Gallery, New York, 2010; The Big Sleep, Sadie Coles HQ, Londra (2009). Ha partecipato anche a diverse mostre collettive tra cui: Il Palazzo Enciclopedico 55° Esposizione Internazionale d’Arte, Biennale di Venezia, Italia;8 1/2: Thirteen artists celebrating the 100th anniversary of Trussardi, Fondazione Nicola Trussardi, Milano, Italia (2011).

 Carlo Franza

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