Una potente e provocatoria mostra di Maurizio Cattelan, “Shit and Die”, promossa da Artissima, nel bellissimo Palazzo Cavour, bomboniera barocca in centro città. La mostra riproduce, in termini provocatori, immagini estreme di sesso e morte per lanciare questo messaggio: «Tanto tutti dobbiamo morire». La mostra e’ una riflessione sulla morte in chiave ironica e sulla storia di Torino con opere commissionate appositamente da Cattelan ad artisti che per mesi hanno soggiornato in citta’ per carpirne segreti e memorie.Destinata a far discutere, non ha tardato a destare scandalo, ma “al contrario”: il consigliere comunale radicale Silvio Viale ha chiesto la revoca del patrocinio per par condicio con un’altra mostra, “Lgbte-La Grande Battaglia Trova Esito”, bocciata dal Comune nelle scorse settimane perché aveva come immagine la fotografia di una donna obesa e nuda. Mossa sbagliata di questo radical-chic che non offre nessuna visione all’approccio con la mostra. Una narrazione per immagini, anomala Wunderkammer, raccolta di punti di vista, arte e feticcio: Cattelan si è immerso dentro Torino, come corpo antico, sfaccettato, esoterico. La mostra è una sorta di viaggio che racconta per varie tappe una storia fatta di tanti volti, ideologie, utopie, musei poco frequentati, persone che erano naturalmente personaggi, genialità e understatement di un sistema che li ha tenuti in ombra, ma anche preservati nel loro fascino. Cattelan è uomo di immagine, e questo ha portato nel suo progetto, con un’ironia in bilico tra leggerezza e superficialità. Il titolo si rifà a un lavoro di Bruce Nauman degli anni Ottanta, un gruppo di neon che rifletteva sui momenti quotidiani e banali della condizione umana. L’opera di Bruce Nauman “One Hundred Live and Die” del 1984: brevi slogan scritti al neon sintetizzano gli elementi essenziali che accomunano gli esseri viventi attraverso lo spazio e il tempo, suggerendo una visione della condizione umana in generale. Appunto il corpo, il lavoro, i vizi, la morte. E infatti, “qualsiasi cosa una persona possa fare, vivrà, cagherà e morirà: noi, voi, Camillo Benso di Cavour, Nietzsche, Gigi Buffon”, dice il curatore. Moltissimi lavori sono produzioni realizzate ad hoc, e questo è interessante. Però dipende dalla profondità dell’approccio e dal tocco. Torino è l’enorme mercato multietnico di Porta Palazzo che ne evoca altri africani nell’installazione iperrealista e sinestetica di Pascale Marthine Tayou. È la pittura bizantina nei murales rosso e oro di Stelios Faitakis, che ricorda l’ultimo corteo di Lotta Continua nel 1975, lo scavo per il traforo del Frejus e Nietzsche che vaga tra architetture dechirichiane. È la forca scovata in un angolo dimenticato del Museo Lombroso e riallestita assieme a reperti di condannati a morte, in dialogo con i ritratti alla maniera antica di Markus Schinwald, che sembrano sempre essere stati qui. È il modulo abitativo riprodotto (con mobilio originale di Gabetti e Isola) di quella che fu la Talponia dell’Olivetti, progetto residenziale scavato sotto terra a Ivrea. Ma è anche una linea continua di polaroid di Carlo Mollino, nudi che sono sculture domestiche realizzate nella sua casa di via Napione dall’eclettico architetto, sciatore, designer, pilota.Una sequenza interrotta, con poesia intuitiva, da un acquerello degli anni Quaranta di Carol Rama, una Dorina erotica fino alla strafottenza che introduce altri lavori di artiste contemporanee, come i bellissimi disegni a parete di Dasha Shishkin.E poi la stanza dei tappeti di Aldo Mondino, pittura materica che non si poneva il problema di essere installazione scultorea. Tutti nomi che poco hanno goduto del raro valore meritocratico nel mondo dell’arte, che hanno fatto di Torino un luogo che poteva essere New York, Londra, Parigi. Vecchia storia, direbbe un torinese. Poi c’è una galleria di ritratti, ancora pittura che ritorna come fil rouge di tutto il progetto: un gruppo di artisti contemporanei chiamato a raffigurare una carrellata di figure torinesi, tra cultura alta e bassa, senza mai averli incontrati. Tante facce: Rol, Rita Pavone, Patrizia Sandretto, Mario Merz, Chiambretti…

Dipinti accessori, tra cui spunta un culetto bianco, quello di Alba Parietti, pare. Meglio uscirsene con la stanza di Cavour negli occhi, luogo originale e mobilio immaginato, disseminata di chicche e messa sotto vuoto con un cellophane che tutto riveste. Ma la Torino di oggi, dov’è? Arte o provocazione, purchè se ne parli. L’artista Maurizio Cattelan sembra sapere bene come far parlare di sé e stavolta lo fa nelle vesti di curatore. Per la mostra Shit and die aperta fino all’11 gennaio 2015 a palazzo Cavour di Torino, ha scelto di stravolgere il concetto di “mostra” a cui siamo abituati, con un percorso in sette sezioni scandito da silenzi, morte e tristezza. Beh, detto così sembra quasi che l’appuntamento voglia essere tutt’altro che una piacevole visita culturale. Sbagliato. Si tratta invece, di un percorso ibrido,di una mostra modaiola fatta di immagini e opere che, pur non avendo molto in comune tra loro, racchiudono l’arte concettuale con cui lo stesso Cattelan ha convinto il suo pubblico durante la carriera. E il titolo stesso parla. I richiami alle grandi opere di Piero Manzoni, di Bruce Nauman o le stesse dell’artista padovano, sono inevitabili: da Merda d’artista a One hundred live and die passando per Now, sono riferimenti che denotano un senso critico e autocritico di Cattelan giunto alla sua maturità artistica con una continua voglia di mettersi in gioco. Con la collaborazione di Marta Papini e Myriam Ben Salah, l’esposizione nel palazzo barocco che fu dello statista Camillo Benso di Cavour, indaga sui temi della morte e del male e racconta la nascita e la crescita culturale di una Torino che ha conosciuto, oltre al periodo dell’industrializzazione, anche momenti critici come le forti differenze sociali che col tempo l’hanno caratterizzata. Da qui il titolo tanto enigmatico quanto profondo. Per questo excursus artistico ci sono 61 artisti che si alternano nelle stanze settecentesche, tra cui: Iris Van Dongen, Jakub Julian Ziolkowski, Andra Ursuta, Francesco Vezzoli, Claire Tabouret, Ida Tursic e Wilfried Mille, Matthew Watson, Aleksandra Waliszewska, Maurizio Vetrugno, Davide Balula e ancora, le fotografie di Carlo Mollino e Carol Rama, Sèance il film di Yuri Ancarani sull’evocazione dell’assenza mediante una seduta spiritica o la Forca usata a Torino fino al 1863 per impiccare i condannati a morte, i ritratti deformati di personaggi illustri e le opere, Dead man working e Expanded crash di Florian Pugnaire e David Raffini. Maurizio Cattelan è un intellettuale così convinto della sua intuizione e sensibilità che ad un oggetto molto semplice, riesce a dargli spessore, carattere in un’esposizione che mobilitata da Artissima per One Torino, non mancherà immancabili critiche (ed elogi) dalla stampa. Del resto come è stato per la sua produzione artistica diventata famosa nel mondo con Nona ora” (1999), esposta alla Royal Academy di Londra che raffigura papa Giovanni Paolo II colpito da un meteorite;e la memorabile scultura “L.O.V.E.” (2010), una mano alta 11 metri con il dito medio in evidenza e le altre dita mozzate, scultura oggi collocata e che pare dialogare in senso ironico. proprio dinanzi al Palazzo della Borsa a Milano.

 Carlo Franza

Tag: , , , , , , , ,