forum-ministri-milanoIl Premier Matteo Renzi fa i miracoli, o almeno ne ha la pretesa, e la chiave dell’evento l’ha fornita lui sul finale: «Abbiamo deciso di mettere a punto questo appuntamento perché non possiamo stare a guardare quello che succede nel mondo». L’appuntamento in questione è stato il Forum Internazionale dei Ministri della Cultura ad Expo Milano, e all’apertura ecco la lectio di Umberto Eco.
L’adesione da parte dei politici di mezzo mondo è stata massiccia, e questo sta a significarne l’importanza di un tema che pare stare a cuore dentro e fuori quell’Europa che, in più di un’occasione, durante il forum, si è definita la “culla della cultura”. Se può essere vero per certi versi, è altresì vero che ci sono voci da Senegal, Corea, Balcani, Angola e chi più ne ha più ne metta, a identificare che la “cultura” non è mai stata – nei fatti – solo eurocentrica.
Cosa si è detto nel primo pomeriggio del primo giorno, dove i partecipanti alla tavola rotonda hanno avuto non più di quattro minuti per esprimere le proprie posizioni, ad eccezione di Dario Franceschini, Irina Bokova e, appunto, Matteo Renzi? Niente ma proprio niente di nuovo. Solita frittata.
Diciamo che si è lavorato su una presa di coscienza e consapevolezza che, in futuro, in piani programmatici e “plurilaterali”, potrebbe dare qualche frutto.
Si è cominciato con un video “internazionale” che ha raccontato di come le opere d’arte siano patrimonio di memoria, cultura, identità e monito per le generazioni future, con l’Amministratore di Expo Giuseppe Sala che ha citato la commissione per l’Expo del 1937 di Guernica a Pablo Picasso. Giancarlo Giannini è stato invece protagonista di un secondo spot, dove le meraviglie culturali, e statali, italiane vengono elencate da un raffinato cameriere al ristorante. Tutt’intorno scenografie di Pompei e al centro della sala alcuni reperti recuperati dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio, che vengono caldamente ringraziati.
«La cultura è il potere della diversità, terreno dove ognuno è orgoglioso della propria identità e disponibile a condividere la sua ricchezza con tutti: è unione tra popoli, ma troppo spesso i beni comuni sono minacciati da calamità naturali o anche sociali, legati a nuove forme di terrorismo che hanno cambiato anche la “tradizione” della distruzione, attaccando proprio quello che è legato a una cultura diversa», ha cominciato Franceschini non ricordando, forse, che nella storia – anche antica – è spesso stato così.
L’attenzione a quello che viene definito il “culturicidio”, che in fondo ha a che fare strettamente con il genocidio, è stato un po’ l’argomento trainante di tutto il pomeriggio, insieme a una sorta di “spot” continuo che i Ministri dei vari Paesi hanno ricamato sulle loro terre e sui loro tesori.
Ma l’intento è comunque nobile, e Francheschini ha rimarcato , «Questo tavolo è la prova che il dialogo è possibile, anche tra Paesi lontani. È necessario trovare terreni comuni, per condividere valori universali come il rispetto della bellezza, dell’arte, del cinema, della musica e della poesia, perché sentiamo tutti gli stessi brividi».
I brividi della “Grande Bellezza” in effetti per i Ministri in visita a Milano Expo sono iniziati nella mattinata, alla Fondazione Prada (salutata anche da Renzi come il “non plus ultra” del contemporaneo italiano, attualmente), e proseguito poi in serata con Il Barbiere di Siviglia al Teatro alla Scala e il giorno dopo, con un tour al Cenacolo Vinciano.
Intanto Irina Bokova, direttore generale dell’Unesco, nel ricordare i 51 siti presenti sul territorio italiano a sua volta ha puntato il dito sulla cultura come messaggio di pace e unione tra popoli, con le vicende del Medio Oriente legate all’ISIS definite veri e propri “crimini di guerra”. Secondo la Bokova il termine su cui lavorare, specie nel futuro, sarà “resilienza”, imperativo per non lasciarsi sconfiggere dagli attacchi, mentre a livello pratico andranno studiate nuove possibilità per la sicurezza internazionale dei Beni Culturali, compreso ciò che riguarda il loro saccheggio sistematico: «Serve un’alfabetizzazione culturale, in ogni parte del mondo».
E i Ministri e gli ambasciatori? Sono stati oltre 150, a formare 83 delegazioni in totale. Hanno preso la parola, tra gli altri, Mirela Kumbaro Furxhi (Albania), Rosa Cruz e Silva (Angola), Abulfas Garayev (Azerbaijan), Berislav Šipuš (Croazia), Abdel-Wahed El-Nabawi (Egitto), Nikos Xydakis (Grecia), Kripa sur Sherpa (Nepal), Rula Al Bandak (Palestina), Małgorzata Omilanowska (Polonia), Hamad Al Kawari (Qatar), ma il discorso per tutti (vuoi forse per la brevità) è stato piuttosto uniforme, e ha ricalcato tutti gli argomenti anticipati da Franceschini e Bokova. Stupisce non poco che dalla Grecia non si senta parlare di crisi, mentre è stato piuttosto disarmante l’appello venuto dal Nepal: «Molti monumenti sono distrutti, ma abbiamo ancora infrastrutture e vogliamo accogliere ancora con grande calore tutti i turisti del mondo. Vorremmo contribuire a livello pratico a queste pregevoli iniziative legate ai Beni Culturali e alla loro tutela, ma non abbiamo un soldo per farlo», sono le parole di Sherpa. Del resto, poi, ognuno ha cercato di tirare un po’ l’acqua al suo mulino turistico, come ho scritto sopra, con il refrain di un impegno “totale” contro l’odio e per la tutela. Grandi complimenti al Governo italiano sono arrivati dal Ministro alla Cultura egiziano, che ha parlato di una splendida accoglienza, e di una città – Milano – incredibile.
In seconda giornata, per chiudere, Renzi ha detto : «Siamo qui per dire “ci siamo” e possiamo reagire». Aggiungiamo noi, parole, parole, parole. Troppo parole. La cultura in Italia è morta.

Carlo Franza

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