Proprio così, per visitare nuovamente  Pompei sono dovuto andare a Londra al British Museum. Qui è aperta fino al 29 settembre la mostra “Life and Death: Pompeii and Herculaneum” ovvero  “Vita e morte a Pompei e Ercolano”. Mi sono mangiato le dita, perché la mostra l’avrei voluta a Milano a Palazzo Reale o a Roma al Quirinale. E invece niente, cilecca a Roma e cilecca a Milano dove il Sindaco Pisapia è alle prese con  l’aumento dei parcheggi da settembre e con il caso degli stilisti  Dolce & Gabbana. Sponsor della mostra italo-londinese  Goldmann Sachs. Un successo strepitoso l’aver portato “Pompei” a Londra, ma strepitoso non per noi, per gli inglesi, visto che dal 1 aprile ad oggi ci sono stati già 1,7 milioni di ingressi  e che il biglietto non certamente economico costa ben 15 sterline. Sapete quanto frutterà al British e agli inglesi questa mostra? Pompei frutterà a Londra ben 7 milioni di sterline.  Ho constatato che i visitatori  sono talmente tanti  che arrivano da ogni parte del pianeta, e sarà sicuramente la mostra più visitata nella storia del Museo britannico, d’altronde questo è il terzo evento  del British  nei 250 anni di storia  dopo “i tesori di Tutankhamon” (1972) e “l’Esercito di terracotta     cinese”(2007). Non me ne voglia il ministro Bray, affaccendato a trovare soldi per  il  suo ministero  oberato di debiti e con bollette della luce non pagate. Ma il Ministro preposto ai Beni Culturali e i nostri burocrati preposti alle Sovrintendenze quando si sveglieranno nel valorizzare i nostri beni culturali e archeologici? Specie oggi in aria di crisi montante. Lo sanno che la Cultura dà anche pane? Oggi non emigrano solo i giovani in Italia, emigra anche l’arte, lo dimostrano i 450 reperti di Pompei esposti a Londra in questa mostra che sta facendo parlare i media di tutto il mondo. D’altronde lo sanno tutti che a Pompei crollano muri e case  romane, ci sono pochi guardiani,  abbiamo recinzioni inesistenti con furti di beni  e materiali archeologici, per non parlare di altri siti come  Ercolano e la casa di Poppea a Oplonti, attuale Torre Annunziata. Vi assicuro che queste opere, tutte, non sono conosciute dagli italiani, perchè provengono tutte, tutte da depositi. Ci si introduce all’esposizione  con un filmato sulla fine delle due città romane. Poi una ricostruzione parziale  della Casa del poeta tragico di Pompei, così chiamata dal mosaico che stava  tra l’atrio e il giardino con la scena teatrale  di un coro satiresco; un mosaico conosciutissimo rappresentante  il cane alla catena  con la scritta “Cave Canem” (persino Santoro ha usato per il suo “Servizio Pubblico” quest’immagine). Monili, mosaici, manufatti di vario genere, statue, cibarie, lampade ad olio, utensili, bassorilievi, falli portafortuna, braccialetti d’oro, culle di legno carbonizzate; le immagini del panettiere Terentius Neo con sua moglie, la ragazza di nome Ario, lo schiavo liberato da Lucius Caecilius Iucundus, la ricca e potente sacerdotessa di Venere, Eumachia;  l’impronta di un cane  della casa di Orpheus, calchi  di alcune delle vittime delle città sepolte dall’eruzione del Vesuvio nell’agosto del 24 agosto del ’79 d.C. Persino un erotico dio Pan che feconda una capra (vietato ai minori, così si legge nella dicitura a fondo della statua). Tutto è come cristallizzato, tutto è fermo a quella data, in una cucina ci sono ancora i bracieri con il carbone  e su un muro che si stava affrescando  è rimasta la chiazza della pittura rovesciata dai pittori in fuga;  Pompei è e rimane  un sito archeologico unico al mondo. Pompei è il simbolo di una città e di una civiltà godereccia e lussuosa. Fa impressione  vedere alcuni  calchi delle migliaia di morti  sorpresi dal cataclismo per strada, in casa o a letto, altri in fuga immobilizzati, contorti e  pietrificati, perchè alla luce subentrò il buio.  Possibile che a  tutti gli esperti in “management culturale” che impazzano nelle nostre università italiane, visto il varo delle facoltà dei Beni Culturali, da Lecce a Milano Iulm,  alla luce del  degrado culturale,  non sia venuto in mente come si vende un “brand”? E non pensino ancora oggi   a mettere in piedi un merchandising firmato Italia,  e  dei luoghi più belli e più cari alla nostra cultura greco-romana, medievale, barocca e neoclassica ? Pensate che nel bookshop del British Museum è boom di tazze, magliette, matite, foulard, borse, poster, e addirittura  gioielli ispirati all’epoca romana. E  a chi  ne compra uno, in omaggio ha un libretto con le foto del top dell’arte pompeiana. Un merchandising firmato “Pompei”. A noi italiani  è rimasto solo il santuario della Madonna di Pompei.

Carlo Franza

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