RECENSIONE

Ormai in Italia tutti scrivono libri, ne scrive il mio parrucchiere, il mio gelataio, il mio tranviere, il mio parroco, il mio ottico, il mio medico, la mia domestica, e potrei continuare all’infinito. Devo dire che sono rimasto un po’ indietro, a seguire un’altra cultura, viste le mie vecchie frequentazioni con Moravia, Pasolini, Penna, Enzo Siciliano, Giuseppe Ungaretti, Natalino Sapegno, Giulio Carlo Argan, Leonida Repaci fondatore del “Premio Viareggio”, ecc. Adesso è in libreria “La decadenza” di un certo Dario Stefàno, che ha messo in piedi frettolosamente un instant-book il cui sottotitolo recitaIl caso Berlusconi tra atti ufficiali, retroscena e manovre”, ovvero dal giorno in cui il Cavaliere è stato condannato dalla Cassazione per frode fiscale fino al 27 novembre, data in cui il Senato ne ha decretato la decadenza. Chi è Dario Stefàno? Un senatore, presidente della Giunta delle elezioni di Palazzo Madama, che ha iniziato a far politica nella “Margherita” e oggi milita in Sel (Sinistra e libertà) essendo vendoliano doc. E siccome anche Vendola scrive poesie, per di più penose, non poteva mancare Dario Stefàno che oggi approda alla “trattatistica” come usiamo dire noi letterati. Ho pensato, avendo fra le mani quel testo, che Dario Stefàno avesse voluto approfittare dell’evento, non cadutogli in testa ma rincorso fino allo spasimo, come ha sostenuto anche il collega Aldo Grasso su “Il Corriere della Sera” per farne poi uno scalpo, e noi aggiungiamo, per incrementare le sue pubblicazioni. Per la verità Dario Stefàno (nato a Scorrano-Lecce nel 1963, sotto il manto della patrona Santa Domenica venerata con luminarie da capogiro) insegna all’università di Lecce, è professore a contratto, vale a dire supplente annuale (Grasso sul Corriere lo indica immobiliarista); ad essere precisi professore in “Gestione dei rifiuti”. Pochi titoli accademici, non di buon livello livello, se non qualche pubblicazione di questo tenore “Come mettere un punto e a capo” del 2009 con Manni editore e un saggio su Apulia dal titolo “A scuola d’Intelligenza” del 1997, insieme a una serie di relazioni per incarichi pubblici di amministratore. Dico ciò da recensore e da professore. Certo questa pubblicazione dal titolo “La decadenza” aggiunge il nulla. Libro scadente dal punto di vista letterario, perchè fortemente intriso di linguaggio burocratico e poco storico, che tenta -dico tenta- di mettere a fuoco i problemi ma non riesce per via di deformità espressioniste. Ci vogliono orecchio e cervello per scrivere la storia, e i libri contano per la musica che hanno ma si potrebbe non avere l’orecchio maturo a sentirla. Libro che sotto esame pare un soprammobile,ma sul banco di prova è anemico e sterile.Sentite che linguaggio da “saggio breve” assolutamente odioso : “L’apparato giuridico, mediatico e politico del Cavaliere si mette in moto per provare a contrapporsi alla procedura con richieste di rinvio, ricorsi e istanze per annullare la decisione finale della Giunta e per ottenere la ricusazione dei componenti,fino a minacciare una crisi di governo…». Roba da liceali in procinto di andare alla maturità. E ancora ascoltate cosa dice il suo editore di estrema sinistra Piero Manni di Lecce (editore di poeti e narratori ed egli stesso autore di “ I Fichi in tasca”), per spingere il libro: “Dall’osservatorio privilegiato del palcoscenico più rovente, e con la prospettiva del dietro le quinte, Dario Stefàno, presidente dellaGiunta, ricostruisce in prima persona e attraverso un’ampia documentazione, tutta la vicenda, come in un reportage, svelando i retroscena, gli imprevisti, l’assalto dei media, le pressioni della politica». Ma qui manca la prima, la seconda e la terza persona. Mancano in questo “giallo” le prove della verità, quindi testo monco, senza nessuna verifica scientifica. Si fa prima a cambiar religione che a scrivere un testo del genere. E di quale genere? Non cresce sull’orologio della storia. Un dialogo muto con la follia. Non parliamo poi della copertina, la fa apparire una pubblicazione della ex Germania Orientale. Suvvia, come scrive Piergiorgio Paterlini su L’Espresso, il “senatore che si occupava di ciliege e mozzarella” e che nel 2013 “poco prima delle elezioni era a Taviano in provincia di Lecce a inaugurare un Mercato dei Fiori” non è proprio uno scrittore. Ora tutti scrivono bene, e ciò è detestabile, diceva un secolo fa Baudelaire. Ma non si scherza con la letteratura, anche se si è senatori.

Carlo Franza

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