Ai Weiwei, artista dissidente del comunismo cinese, mostra le sue “Prove” a Berlino in una storica e unica mostra che si pone come schiaffo indiscutibile a un regime senza scrupoli e corrotto che tiene in scacco milioni e milioni di esseri umani.
Al Martin-Gropius-Bau di Mitte a Berlino, organizzata da Berliner Festspiele, è la più grande personale mai allestita da Ai Weiwei. 3000 metri quadrati, 18 stanze, centinaia di opere inedite. Il celeberrimo artista contemporaneo cinese, dissidente, difensore dei diritti umani, che si occupa di scultura, architettura e fotografia, ha portato a Berlino opere create appositamente per l’evento e installazioni che non sono mai state mostrate prima d’ora in Germania. La mostra si intitola “Evidence” e porta con sé, come la maggior parte delle opere di Ai Weiwei, un messaggio di denuncia politica contro il regime cinese, di cui è sempre stato fiero oppositore. Nel 2011 venne imprigionato per 81 giorni dalle autorità di Pechino senza prove a suo carico. Nell’allestimento anche la riproduzione della cella in cui è stato recluso per 81 giorni nel 2011 per la sua opposizione al regime portata avanti anche attraverso uno storico blog nato nel 2006 e forzatamente chiuso dalle autorità nel 2009. “Evidence” infatti significa proprio “prova”,ricorda una serie televisiva poliziesca americana, e il riferimento al periodo della detenzione è tutt’altro che causale. Seimila piccoli sgabelli di legno allineati, una mega-torre di biciclette accatastate e la ricostruzione di una cella di prigione: sono solo alcune delle opere della più grande mostra (3000 metri quadrati in 18 stanze) mai dedicata all’artista dissidente cinese. Berlino ha sempre accolto Weiwei con grandi onori: nel 2011, fu nominato membro onorario alla Universität der Künste (UdK). Sempre nello stesso anno, il 57enne tenne la sua prima mostra berlinese al Martin-Gropius-Bau: “Ai Weiwei: New York Photographs 1983-1993”si focalizzava sul periodo trascorso dall’artista in America. “Evidence” sta già facendo parlare di sé a causa di una gigantesca installazione (Stools, 2014) realizzata utilizzando seimila sgabelli come quelli usati nella Cina delle dinastie Ming e Qing, esposti uno accanto all’altro all’interno del Lichthof dell’edificio. Ai Weiwei, bisogna ricordarlo, è stato arrestato ingiustamente dal governo cinese e questo si riflette nella sua arte, attraverso la quale denuncia la corruzione e le ingiustizie sociali del suo Paese. Al centro delle sue richieste vi sono la libertà di pensiero e una democrazia parlamentare. La sua enorme popolarità a livello internazionale ha forse evitato che venisse ucciso. Ai Weiwei ha il divieto di esposizione in Cina e non può viaggiare all’estero. È dunque improbabile che possa partecipare alla sua esposizione a Berlino. “Questa mostra di Ai Weiwei viene considerata a ragione come evento artistico dell’anno – ha detto il ministro della Cultura Monika Gruetters, presente stamane all’inaugurazione con la stampa -. Ai Weiwei non può essere qui oggi. Ma l’artista è presente. Ci parlano le sue opere, attraverso le quali da tanto tempo lui rimane in contatto con tutto il mondo. La Germania ha tratto un insegnamento dalle due dittature: arte e scienza sono libere”. Il ministro ha sottolineato che Ai Weiwei è il simbolo “dell’orgoglio culturale della sua nazione” e ha rivolto un appello al governo cinese affinché “venga tutelata la sua libertà di viaggiare”. Le opere sono state realizzate nel suo piccolo studio: molte di esse non erano mai state esposte in Germania, altre sono state realizzate proprio per l’occasione. Ai Weiwei vuole combattere la propaganda ideologica del governo cinese con opere artistiche che all’apparenza non hanno nessun significato ma che invece riflettono bene gli eventi storici e politici della Cina contemporanea. Una mostra, dunque, che entra negli annali della storia dell’arte contemporanea e che trova nel suo porsi allo sguardo degli occidentali come monito severo, lezione realista, pagina forte ancora da scrivere.
Carlo Franza