Giacomo Manzù in mostra al MARTA di Taranto. Modelle, amanti e la bellezza, testimoni della scultura del grande maestro italiano.
Al Museo Nazionale Archeologico di Taranto (MarTa) è aperta fino al 30 novembre la mostra “Giacomo Manzù e le sue donne”. Nelle sale del Museo, celebri per la straordinaria collezione di gioielli del IV e del II secolo a. C. che vi è custodita, sarà possibile ammirare circa venti opere del maestro bergamasco, tutte ispirate al tema muliebre, centrale nella sua ricerca artistica fin dagli esordi. L’evento, promosso dal Mibact, Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia e dalla Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia, è stato organizzato da Il Cigno GG Edizionì di Roma e Nova Apulia, in collaborazione con lo Studio Copernico di Milano. Il percorso espositivo prende inizio dalla grande tela Pittore e modella del 1958, e si snoda attraverso una serie di sculture, disegni ed incisioni in cui la figura femminile viene investigata con passione meticolosa, attraverso varie tecniche espressive. La donna, ricondotta all’essenza e alla forza del suo essere, denudata di ogni vanità terrena, è una fonte inesauribile d’ispirazione per l’artista, che la ritrae fin dal 1935, in opere agli antipodi dall’approccio accademico. Come ha notato il collega Maurizio Calvesi, “Da amante […] egli non si è posto mai dei “modelli”, né antichi né contemporanei; ma ha risposto in modo diretto al proprio sentimento dell’eros, della bellezza…”. E’ emblematico in tal senso il ritratto di Inge, futura moglie di Manzù, rappresentata nuda su uno scenario spoglio. La nudità della donna e dello spazio che la circonda, dove le suppellettili giacciono inerti su una sedia, simboleggiano l’essenza dell’amore, anche sensuale, che basta a se stesso. Questo stesso tema viene declinato nelle immagini di coppie di amanti, di modelle sedute e sdraiate, di danzatrici. Alla nudità delle donne di Manzù fanno da contrappunto gli antichi gioielli esposti nelle sale del museo. Anche nell’arte, oltre che nel mondo reale, fin dai tempi più remoti, si è soliti vedere e rappresentare i gioielli come attributo e complemento della bellezza, prezioso ornamento della grazia femminile. I gioielli adornano le donne, esaltandone la bellezza, che, a sua volta, li impreziosisce. Nelle sale del museo di Taranto, la figura femminile, sublimata nella sua essenza dallo sguardo dell’artista, ed i gioielli ormai denudati della loro funzione mondana, quindi puri simboli del “bello”, si affiancano e si contrappongono in un fertile gioco di rimandi estetici.
Carlo Franza