San Sebastiano nei capolavori dell’arte tra Quattrocento e Seicento. Una mostra ne svela il corpo, la bellezza e la divinità.
E’ la prima volta che una mostra di grande rilievo storico-artistico viene interamente dedicata a San Sebastiano con straordinari capolavori provenienti da importanti musei italiani e prestigiose collezioni estere. La scelta di approfondire l’iconografia proprio di questo martire non è casuale. Pochi santi hanno attirato l’attenzione dei grandi artisti, dal Rinascimento al Barocco, e quanto di mira sia stato preso San Sebastiano, la mostra al Castello di Miradolo(Torino) ne è la dimostrazione. A proporre la mostra-evento “San Sebastiano. Bellezza e integrità nell’arte tra Quattrocento e Seicento” è la Fondazione Cosso, presieduta da Maria Luisa Cosso, nell’affascinante sede espositiva della Fondazione nel Castello di Miradolo, a pochi chilometri da Torino. Il Castello è un maniero neo gotico, da poco restaurato, immerso in uno dei più lussureggianti parchi romantici del Piemonte, ai piedi delle colline di Pinerolo, all’imbocco della Val Chisone e della Val Pellice. Sebastiano, giovane soldato, capo dei pretoriani al servizio dell’imperatore di Roma, convertitosi al cristianesimo, subisce condanna a morte dall’imperatore Diocleziano. Nulla però possono le frecce: esse trafiggono il suo corpo ma non scalfiscono la sua bellezza, la sua fede, la sua integrità fisica e morale. Affidato alle cure della pia Irene, presto Sebastiano torna fieramente a proclamare il suo credo cosicché Diocleziano lo imprigiona nuovamente, facendolo flagellare, percuotere sino alla morte e gettando, per disprezzo, il suo corpo nella Cloaca Massima. La purezza dell’anima e l’incrollabile fede si specchiano nella sublime bellezza del giovane corpo di Sebastiano, che rimanda a quello dell’antico Apollo pagano, ma che nella figura del martire si riveste di sacralità e di una luce di eternità.
E’ proprio l’aurea di bellezza e intimo splendore che avvolge il corpo virile e nudo di Sebastiano ad aver catturato l’attenzione di tutti i più grandi artisti, dal Rinascimento ai giorni nostri, che nel desiderio di sperimentare nuove accezioni del nudo maschile, partendo dai canoni classici, si sono cimentati nella raffigurazione del santo. In tal senso la storia dell’arte gli è debitrice di capolavori assoluti, declinati in un perfetto accordo tra fede, devozione, spiritualità e raffigurazione. In molti San Sebastiano è raffigurato solo, protagonista assoluto, modello dell’iconografia della bellezza e dell’integrità: un bellissimo giovane, nudo, subisce il martirio delle frecce, legato a un albero o a una colonna, o sdraiato per terra, e nemmeno il supplizio riesce a umiliarlo e sfigurarlo. Altre volte compare insieme ad altri santi, il più delle volte protettori contro la peste, in primis San Rocco, in un dialogo silente con la Madonna e il Bambino. E ancora lo si ritrova curato da Irene, in scene intime e dense di un afflato romantico che fanno leva sul senso dell’aiuto all’altro, al più debole. Al Castello di Miradolo il collega Vittorio Sgarbi ha fatto convergere da musei e collezioni italiane e americane circa quaranta dipinti, sublimi testimonianze d’arte. Capolavori assoluti di molti dei massimi artisti italiani, e non solo, tra ‘400 e pieno ‘600, perché dopo di allora l’iconografia del santo sembra perdere quella verve che ha mostrato nei secoli precedenti. Un’occasione, quindi, da non perdere per ammirare il San Sebastiano in terracotta invetriata, sapientemente modellato da Andrea Della Robbia intorno al 1510, e cogliere la suggestione della «tavola» di Carlo Crivelli, proveniente dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia. E questo itinerario restituisce il clima di un’arte di assoluto valore, di una pregevole «lettura» e interpretazione della coinvolgente vicenda del giovane San Sebastiano delicatamente espressa nella tempera di Pietro Perugino e nella tela di Ludovico Carracci, nel suadente «San Sebastiano curato dagli Angeli» di Peter Paul Rubens, della Galleria Corsini di Roma, e nel «Martirio di San Sebastiano» del Guercino di una collezione statunitense. E da Guido Reni a Luca Giordano, alla «Sacra Famiglia con San Sebastiano, San Girolamo e la Maddalena» di Paris Bordone (Galleria Colonna, Roma), si delineano i capitoli di un racconto che si identifica con la bella e misurata pagina pittorica del «San Sebastiano curato da Irene» del Maestro del lume di candela ovvero Jacomo Massa, o con l’intensità delle immagini di Jusepe De Ribera, Matthias Stomer e Nicolas Regnier. Non è casuale nemmeno la sede geografica di questa mostra, ovvero il castello di Miradolo nell’area di Pinerolo, lungo l’antica via dei romei francesi. Il ruolo di Sebastiano come taumaturgo contro la peste nasce infatti nell’Ile-de-France, in seguito all’epidemia del 1348 e si diffonde capillarmente nel territorio italiano. Il tragitto dei pellegrini, in cammino verso la tomba di Pietro, dalla Francia valica i monti e approda proprio qui, in Piemonte, inglobando la pianura pinerolese, fino ad arrivare al porto di Genova da dove, via mare, si può raggiungere Roma. Il percorso, se pur impervio, è rettilineo e nel pinerolese trova un importante centro di sosta. Sul finire del Trecento e nel secolo successivo, infatti, sono sorte diverse cappelle affrescate da pittori che narrano le devozioni locali e la figura del giovane Sebastiano, trafitto da molteplici frecce, che attentano la sua bellezza, si riscontra con insistita varietà. Fra gli altri, pregevoli sono le esecuzioni dei cicli di affreschi eseguiti da Dux Aymo agli inizi del Quattrocento, in cui il corpo del martire è cosparso di frecce col volto dilaniato dalla sofferenza, soprattutto nell’esempio della Cappella di Missione a Villafranca Piemonte. Più dimessa e meditabonda è la figura della cappella di Santa Maria di La Stella a Macello. Mentre, agli albori del secolo della Riforma, un’anonima bottega di artisti lascia un’impronta che testimonia un più ampio scambio culturale, di stili e di credo, nella cappella di Santa Maria de Hortis a Vigone, con un Sebastiano che sfiora la modernità. Questi sono solo alcuni dei tanti esempi che si trovano nel territorio pinerolese e che in occasione della mostra sono stati mappati e ulteriormente approfonditi per studiarne percorsi e identità artistiche ma anche per proporre ai visitatori un suggestivo itinerario d’arte e storia. A dare esito del ricco percorso espositivo è il catalogo, in cui i saggi e le schede affidate ad autorevoli studiosi completano il progetto che non vuole essere soltanto un modo per mostrare la bellezza e l’integrità attraverso il martirio di San Sebastiano, bensì l’occasione per riflettere e interrogarsi suoi tesori d’arte che sono la nostra identità; uno sguardo sull’arte ad ampio raggio, di artisti italiani e stranieri che hanno dato risalto al corpo di San Sebastiano, corpo e bellezza che al di fuori della cristianità lo hanno reso icona anche del mondo gay.
Carlo Franza