La mia più importante educazione formale è stata l’osservazione delle cose; poi l’osservazione si è tramutata in una memoria di queste cose. Ora mi sembra di vederle tutte disposte come utensili in bella fila; allineate come in un erbario, in un elenco, in un dizionario”. Così si esprimeva Aldo Rossi.

Ecco ventidue opere inedite, accomunate dal titolo “Aldo Rossi. Autobiografia poetica”, scelte da Vera e Fausto, figli di Aldo Rossi(Milano, 3 maggio 1931- 4 settembre 1997), per presentare al pubblico, alla Galleria Antonia Jannone di Milano, un lato più privato, e allo stesso tempo strettamente connesso con il lavoro di progettista e designer, storico e teorico dell’architettura.

Disegni su carta e su tavola (dal 1974 al 1996 circa), realizzati a grafite, matite colorate, pastello, penna, pennarello, inchiostro e acquerello, illustrano episodi della vita quotidiana, ne rievocano alcune vicende professionali e rintracciano le passioni come le inquietudini di Rossi. Caffettiere, orologi, vasi, un gallo, qualche altro animale, qualche figura, una lettera, una signora in un giardino fino ad arrivare alle forme dell’architettura, rimandi diretti o di fantasia verso opere reali o solo immaginarie. Da Architetto pensando a una villa, dove un autoritratto riflessivo in veste di progettista ha come sfondo i progetti americani di case unifamiliari, a Il Vaso di vetro, delicata natura morta sul cui fondo è appeso un piccolo Teatro del Mondo.

Riflessioni poetiche che mescolano i momenti dell’architettura a quelli della biografia privata, come nel piccolo disegno Senza titolo del 1993, dove la balaustra sul lago – forse dell’amatissima casa di Ghiffa? – introduce un momento di pausa nella concitazione di un’esistenza piena di viaggi, incontri, scrittura, studio, progetti e costruzioni. La collaborazione tra Aldo Rossi e Galleria Antonia Jannone ha preso avvio alla fine degli anni Settanta, periodo in cui Rossi si affacciava al mondo internazionale con disegni e stampe già unici per composizione. Per questo nuovo appuntamento Antonia Jannone esplora, grazie alla collaborazione con Fondazione Aldo Rossi, un aspetto più personale e poetico della vita dell’architetto fatto di cose grandi e piccole.

Al Politecnico di Milano penso di essere stato uno dei peggiori allievi anche se oggi penso che le critiche che mi venivano rivolte sono tra i migliori complimenti che abbia mai ricevuto. Il professor Sabbioni mi dissuadeva dal fare architettura dicendomi che i miei disegni sembravano quelli dei muratori o capomastri di campagna che tiravano un sasso per indicare all’incirca dove si doveva aprire una finestra. Questa osservazione, che faceva ridere i miei compagni, mi riempiva di gioia” “La mia più importate educazione formale è stata l’osservazione delle cose; poi l’osservazione si è tramutata in una memoria di queste cose. Ora mi sembra di vederle tutte disposte come utensili in bella fila; allineate come in un erbario, in un elenco, in un dizionario”. Così Aldo Rossi.

Aldo Rossi (1931-1997) compie la sua prima formazione negli anni Cinquanta presso il Politecnico di Milano. Assistente negli studi di Ignazio Gardella e Marco Zanuso, insegna con Ludovico Quaroni presso la Scuola urbanistica di Arezzo e con Carlo Aymonino allo IUAV di Venezia; professore incaricato al Politecnico di Milano nel 1959, vince la cattedra di caratteri degli edifici nel 1970, quando comincia a collaborare anche con diverse università americane tra cui la Cooper Union University, l’Institute for Architecture and Urban Studies, Harvard e Yale University. L’attività progettuale si divide tra edilizia privata e pubblica. Si ricordano tra i primi progetti realizzati: l’ampliamento della scuola De Amicis di Broni (1970), un’unità residenziale al quartiere Gallaratese di Milano (1973), il Cimitero di San Cataldo di Modena (1978) e la scuola elementare di Fagnano Olona (1976). Successivamente: gli edifici pubblici di Fontivegge-Perugia e Borgoricco (1989), la ristrutturazione del Teatro Carlo Felice di Genova (1989), l’ampliamento dell’aeroporto di Milano-Linate (1993), fino al progetto per la ricostruzione del Teatro “La Fenice” di Venezia. Contemporaneamente la sua notorietà si afferma oltre i confini nazionali con realizzazioni quali l’isolato tra Kochstrasse e Friedrichstrasse a Berlino (1981), l’Hotel “Il Palazzo” di Fukuoka (1989) e a Maastricht il Bonnefantenmuseum (1994). L’attività di storico e teorico dell’architettura comprende, oltre alle collaborazioni con riviste quali “Casabella Continuità”, “Società” e “Il Contemporaneo”, la pubblicazione di Architettura della città (1966) e di A Scientific Autobiography (1981), oltre al film Ornamento e delitto e alla direzione della sezione internazionale di architettura alla Triennale di Milano (1973) e della sezione architettura della Biennale di Venezia del 1983. Architetto e studioso, nominato Accademico di San Luca nel 1979, insignito del Pritzker Prize 1990 e della 1991 Thomas Jefferson Medal in Architecture, Aldo Rossi è noto anche per la sua attività di designer – Alessi, Artemide, Longoni, Molteni, Unifor – e artista, dal Teatro del Mondo presentato alla Biennale di Venezia del 1979, al Monumento a Sandro Pertini (Milano, 1990), passando per l’opera pittorica e grafica, da sempre legata alla sua attività progettuale.

 Carlo Franza

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