Arte e vino in 170 capolavori in mostra alla Gran Guardia di Verona.
Grappoli, calici che si intrecciano in brindisi ideali, in segno di comunione e di fratellanza , cascate di tralci e di pampini, Cristo che sottrae la vite e il suo frutto al Tempo assicurandone l’eternità; putti vendemmianti, menadi e satiri in travolgenti processioni e Bacco ebbro, Bacco in Trionfo, Bacco con Arianna, Bacco giovane e bello oppure vecchio e disfatto dal bere e dagli eccessi; e poi la fatica dell’uomo, il lavoro nei campi, il raccolto e il risvolto bucolico e agreste; il ciclo delle stagioni, il senso della terra, il rito del convivio, la gioia della festa, la “natura in posa”: immagini tra sacro e profano, racconti, allegorie, metafore, paesaggi, stati d’animo; il caleidoscopico universo delle rappresentazioni del vino nell’arte attraverso i secoli – pittura, scultura, arti decorative – è stato messo in scena per la prima volta in una mostra colossale, che a Verona ha chiamato a raccolta quasi 170 opere da oltre 90 prestatori italiani e stranieri e 41 studiosi, tra curatori, membri del comitato scientifico, autori di testi e schede in catalogo. Un viaggio affascinante che nasce dall’incrocio tra due eccellenze, due punte di diamante della nostra cultura e della nostra storia, due simboli dell’Italia nel mondo: l’arte e il vino. In occasione e in relazione con Expo 2015 dedicato al tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, Verona, la città che da quasi cinquant’anni ospita la più importante fiera del vino italiano, promuove a Palazzo della Gran Guardia – nel cuore della città scaligera – uno degli eventi culturali più significativi, una delle più importanti e originali mostre in programma nel nostro Paese per l’atteso appuntamento internazionale, insieme alla Provincia Autonoma di Trento–Assessorato alla cultura, Veronafiere, il Mart-Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto e il Museo Statale Ermitage.
Con il supporto di un prestigioso comitato scientifico costituito da esperti dei diversi periodi e ambiti artistici – Irina Artemieva, Carlo Bertelli, Maia Confalone, Eugenio La Rocca, Stéphane Loire, Antonio Natali, Fernando Rigon, Fernando Mazzocca, Wolfgang Prohaska, Attilio Scienza – essa nasce dunque con l‘obiettivo di indagare sotto nuova luce e valorizzare un soggetto e un tema, il vino appunto, la cui storia antichissima abbraccia le grandi civiltà del passato e ha radici profonde nella tradizione italiana.
Un’eccellenza che ha segnato indelebilmente anche la nostra cultura artistica, divenendo soggetto ispiratore di grandi maestri. L’immagine del vino nelle sue diversificate e variegate forme e interpretazioni è da sempre una presenza costante nelle opere d’arte, dalla pittura alla scultura fino alle arti decorative, ed è intorno a questo elemento di assoluto valore identitario che si è voluto disegnare un progetto espositivo innovativo e di grande suggestione.
È l’occasione per narrare, grazie a testimonianze preziose dell’arte provenienti dai principali musei e collezioni internazionali, l’approccio degli artisti con questo soggetto, traducendone i mutamenti, le sfaccettature, le simbologie, in un excursus che presenta opere dal Cinquecento al Novecento: dalla suggestioni dell’antico e del Rinascimento alla forza barocca del Seicento, al Settecento seduttivo e mondano, alla vita borghese dell’Ottocento, sino alle espressioni più moderne o astratte del XX secolo. Una mostra corale, un grande affresco, florilegio scoppiettante di colori luci e suoni, che suggerirà anche una forza evocativa tra le scuole artistiche regionali italiane e i territori della produzione vinicola, a mostrare come vino e arte siano entrambi espressioni della cultura e dell’identità dei luoghi. Quindi, se pure si concentrerà sulle molteplici espressioni dell’arte italiana che hanno colto l’essenza di questo soggetto in tante manifestazioni – nella mitologia, nella religione, nel mondo dei sentimenti, della convivialità e del lavoro – non mancherà di proporre anche un affascinante e intenso dialogo tra le creazioni artistiche italiane e quelle di artisti stranieri che hanno avuto uno stretto rapporto con l’Italia, sia culturale sia di vera e propria frequentazione. Dunque Lorenzo Lotto, Tiziano, Guido Reni, Luca Giordano, Annibale Carracci, Giuseppe Maria Crespi ma anche Peter Paul Rubens, Jusepe Ribera, Nicolas Poussin, Jacob Jordaens; e poi, Giulio Carpioni, Pietro Longhi, i Bassano, Sebastiano Ricci, Giovanni Battista Tiepolo, Philipp Hackert, Gerrit van Honthorst, Philippe Mercier, Nicholas Tournier e, via via, fino a Morbelli, Nomellini, Inganni, De Pisis, Depero, Morandi, Guttuso, Picasso, per citare alcuni degli artisti in mostra. Vi è una relazione inevitabile tra i sensi dell’uomo e il vino: dal tatto, quando la mano afferra il bicchiere, all’olfatto che ne coglie le fragranze, alla vista che ne osserva le rifrangenze, al gusto che lo assapora, fino anche all’udito, in quanto esso diventa momento di convivialità, incontro, e quindi di dialogo. Gli artisti si sono fatti interpreti di questo dialogo in immagine, cogliendone le sfumature in un linguaggio fatto di luce, materia e colore. Dopo alcune “Suggestioni dall’antico” che testimoniano l’esistenza e la penetrazione della cultura del vino in queste terre fin dagli Etruschi – tanto che il termine “vino” appare nella bronzea Tabula Cortonensis, terzo testo etrusco per lunghezza esposto eccezionalmente in mostra – il percorso espositivo condurrà dalla sezione del “Vino e Sacro”, con i racconti dell’Antico e del Nuovo Testamento interpretati dall’estro e dal pennello dei grandi maestri, al “Mito”, ove spicca l’ambivalente figura di Bacco dio dell’ebbrezza e della follia, ma anche del lavoro e della produttività della terra e protettore delle arti e della creatività; fino alla sezione dedicata al lavoro, allo scorrere delle stagioni, ai piaceri dell’incontro. L’immagine del vino, fin dalle prime raffigurazioni dell’arte cristiana, esprime il suo significato fortemente mistico. Accanto alle rappresentazioni dell’Ultima Cena, come quella di Tiziano dalla Galleria Nazionale delle Marche, e delle Nozze di Canaan – intensa la versione di Luca Giordano dal Museo Nazionale di Capodimonte – o alle diverse proposte della Cena in Emmaus, gli episodi biblici maggiormente trattati in mostra sono quelli dell’Ebbrezza di Noé e di Lot e le figlie, dove il vino diviene quasi simbolo da un lato di pietas filiale e dall’altro di umana debolezza. Si confrontano nelle sale personalità e scuole diverse, che oltre a offrire spunti iconografici e simbologici di interesse ci permettono di riscoprire autori di grande talento: Massimo Stanzione, Pietro Ricchi, Bernardo Cavallino, in un ovale di esaltante bellezza visiva prestato dal Museo del Louvre, un inedito Antonio Busca – una delle rare opere firmate dell’artista lombardo – Giacinto Brandi, Gioacchino Assereto, il friulano Nicola Grassi, il fiorentino ma veneto d’elezione Sebastiano Mazzoni, con la sua costruzione visionaria e dinamicamente inventiva dello spazio, Bartolomeo Guidobono e ancora Luca Giordano di cui arriverà la versione dell’incestuoso complotto biblico dal Monastero di San Lorenzo de El Escorial, appositamente restaurata per la mostra.
Sui temi bacchici – Sileni, Arianne, Baccanali e quant’altro – la fantasia degli artisti si è sbizzarrita soprattutto tra Sei e Settecento. Dalla classica visione del mito di Annibale Carracci da Capodimonte e dall’esuberante e gioiosa carnosità del Bacco Ebbro di Peter Paul Rubens, eccezionalmente prestato dalla Galleria degli Uffizi, al Bacco fanciullo di Guido Reni della Palatina; dal Bacco vendemmiatore di Tommaso Salini, algido e suadente nella sua giovanile bellezza – in collezione privata a Londra – all’irriverente e grottesco Bacco con quattro uomini anziani di Pietro Vecchia della Banca Popolare di Vicenza; dal Baccanale dai modi neoveneti di Andrea Da Lione della collezione di Francesco Micheli a Milano al Baccanale in onore di Pan delle Gallerie dell’Accademia di Venezia di Sebastiano Ricci, artista di cui giunge dal Museo Ermitage anche una ammiccante Baccante e satiri; fino al Baccanale di Nicolas Poussin dal Museo del Prado. Luce e tenebre, Dioniso è anche il doppio, l’ambivalenza, lo si vede anche nella statuaria di cui sono in mostra alcuni esempi di grande efficacia: come il famoso Ammostatore di Lorenzo Bartolini, la grande Baccante danzante di Luigi Bienaimé, i piccoli marmi con Bacchino ebbro e il Bacchino addormentato appartenenti alla produzione matura del caposcuola della scultura barocca veneziana Giusto Le Court – apparsi per l’ultima volta insieme oltre trent’anni fa – e i due busti di Bacco e Arianna di Giovanni Bonazza, tra le sue più belle e significative realizzazioni, solo di recente rese note agli studi.
L’immaginario su Sileno ebbro, vecchio e distrutto dal bere, colui che ha cresciuto Bacco e che apre il corteo in suo onore a dorso di un asino, ha dato vita a capolavori come quello di Josepe Ribera da Capodimonte e di Gulio Carpioni dal Kunsthistorischesmuseum di Vienna, in cui Sileno è mostrato senza riserve nella sua nudità e nella sua pingue abbondanza. Il senso panico della natura, l’atmosfera mitica quanto trasgressiva e “sovversiva” dei Baccanali si stempera nelle scene di genere, nelle Vendemmie e nelle Allegorie dell’Autunno o ancora nelle raffigurazioni di “natura in posa”, che a partire da due tipici dipinti di Francesco Bassano e bottega – da Londra e da Madrid – si susseguono in mostra fino a immettere il visitatore nella modernità. Dal grande ritratto familiare di Jacob Jordaens proveniente dall’Ermitage, ricco di riferimenti simbolici alla fedeltà coniugale ma anche ai “pericoli” degli eccessi del vino – si passa alle scene di cantina e alle Allegre compagnie come quella tratteggiata da Nicolas Tournier nel bel dipinto proveniente dal Museo di Le Mans; dalle Allegorie come quelle di Tiepolo, Snyders, Mola, Vassallo, ai paesaggi intensi ed emotivi di Inganni, Nomellini, Morbelli, Tito. La poetica del Novecento affronta il tema del vino soprattutto con le nature morte. Per Picasso, Sironi, Depero, Morandi, De Pisis, Guttuso i miti diventano altro.
Una mostra intensa e multiforme, anche grazie alle opere d’arte decorativa che accompagnano l’esposizione, suggerendo interessanti confronti con i tanti contenitori del prezioso liquido,religiosi e profani, raffigurati nei vari dipinti esposti: uno straordinario “Corno potorio” di provenienza tedesca del 1370, con corno di bufalo, argento dorato e smalti; coppe in argento ed oro, vetri di Murano, calici eucaristici come il famoso Calice Sisinnio del Tesoro di San Marco o il Calice di Cosimo Merlini dal Museo dell’Opera del Duomo di Prato, maioliche delle più importanti manifatture del Quattro e Cinquecento e un nucleo importante di porcellane e bisquit del XVIII secolo, provenienti dal polo museale napoletano. Una mostra emotiva, fatta di colori e sapori che, da un secolo all’altro, fa vivere l’incontro con capolavori d’arte e grandi artisti, per tratteggiare una storia antica, profondamente legata alla nostra terra, al lavoro e alla creatività dell’uomo. La mostra è accompagnata da catalogo Skira e il biglietto include il servizio di audioguida. Particolari inoltre gli eventi e le iniziative promosse “tra arte vino”: a partire dalla presenza, accanto al bookshop – nella sede espositiva affacciata sulla bellissima Piazza Bra di Verona – di un wine shop in cui acquistare i vini delle aziende sostenitrici dell’evento e di uno spazio degustazione che proporrà al pubblico abbinamenti tra prestigiose etichette vinicole e i prodotti doc e dop della migliore tradizione locale.
Carlo Franza