Restaurata la vetrata del Rosone del Ghiberti nella facciata del Duomo di Firenze.Tornato a splendore un capolavoro quattrocentesco.
E’ terminato il restauro della monumentale vetrata raffigurante l’Assunzione della Vergine su disegno di Lorenzo Ghiberti, commissionato dall’Opera di Santa Maria del Fiore, il restauro rientra nell’ambito della XVII edizione di Restituzioni di Intesa Sanpaolo.
Il restauro, commissionato dall’Opera di Santa Maria del Fiore e realizzato dallo storico laboratorio fiorentino Studio Guido Polloni & C. con il contributo di Intesa Sanpaolo nell’ambito del progetto Restituzioni, ha recuperato le splendide cromie originali oscurate dal tempo e dai fenomeni di degrado. La luce divina di Maria, vergine, madre e regina, che irradia e permea tutta la scena, è tornata a brillare.
Così dal 4 giugno all’8 settembre 2015, festa dell’Opera, in via eccezionale la vetrata sarà esposta nel Battistero di Firenze, dove per la prima volta, sarà possibile vederla da vicino prima di essere rimontata sulla facciata del Duomo.
Realizzata ai primi del Quattrocento e collocata sulla facciata del Duomo nel 1405, la vetrata del rosone, che illustra l’Assunzione della Vergine, fu realizzata su disegno di Lorenzo Ghiberti dal maestro vetraio Niccolò di Pietro Tedesco e fa parte del ciclo delle 44 vetrate istoriate appositamente create, tra il 1394 e il 1444, per la cattedrale di Santa Maria del Fiore.
La grande opera oggi restaurata si può ammirare in tutta la sua magnificenza nell’allestimento fatto nel Battistero di San Giovanni: qui è possibile cogliere da vicino i particolari, le sfumature di colore e la complessità dell’impostazione, il restauro le ha restituito lo splendore di un tempo togliendo le opacità, lo sporco sia di natura biologica che chimica, i danni dovuti al tempo. L’intervento effettuato ha portato a realizzare un restauro conservativo e integrativo ma non interpretativo. È stata fatta una mappatura dell’opera che mette in luce i vetri originali, infatti, nel tempo il rosone ha subito diversi interventi di restauro tra cui uno imponente nel Settecento, mentre l’ultimo risale ai primi anni Cinquanta del Novecento.
I recenti studi conseguenti al restauro sono stati occasione per dare una nuova interpretazione sugli anni giovanili del Ghiberti che per quest’opera ha realizzato un disegno ancora molto legato ai modi del Gotico internazionale ma che ben si conciliano con gli accenti della cultura umanistica. Collocata nel giugno del 1405 sopra la porta dell’incompiuta facciata di Arnolfo di Cambio, la vetrata del rosone fa parte dello straordinario ciclo di 44 vetrate istoriate, 45 in origine, della Cattedrale di Firenze, che furono realizzate in mezzo secolo, tra il 1394 e il 1444, da maestri vetrai su disegni preparatori di Donatello, Lorenzo Ghiberti, Paolo Uccello, Andrea del Castagno e Agnolo Gaddi.
Divisa in 28 pannelli per 6 metri e 16 cm di diametro, corrispondenti alla misura dell’epoca di circa “10 braccia fiorentine”, la vetrata del rosone, realizzata dal maestro vetraio Niccolò di Piero Tedesco, su cartone di Lorenzo Ghiberti, raffigura l’Assunzione della Vergine come lo stesso artista descrive nei Commentari: “Disegnai nella faccia di sancta Maria del Fiore nell’occhio di mezo l’assumptione di Nostra Donna”.
In realtà la scena illustra i due episodi dell’Incoronazione e dell’Assunzione che insieme con quelli della vita della Vergine, previsti per le finestre della navata destra e mai realizzati, dovevano esaltare il culto di Maria a cui la Cattedrale di Firenze è dedicata. L’intento del ciclo di vetrate era di tracciare un percorso di fede che partendo dall’immagine dell’Assunzione della Vergine nel rosone, percorreva la navata centrale e si concludeva con gli episodi salienti della vita di Cristo illustrati nelle finestre del tamburo della Cupola del Brunelleschi. Il racconto era circolare e poteva essere letto a ritroso.
Il restauro si è reso necessario perché la vetrata del rosone e le altre del Duomo sono soggette al cosiddetto fenomeno di “polverizzazione del vetro”, dovuto a cause di origine chimica e biologica, prima fra tutte l’umidità della condensa. Sulle vetrate si vengono a creare delle croste di disfacimento del vetro, che continua così ad assottigliarsi fino a scomparire, oltre a creare un forte effetto oscurante.
Una volta smontata e trasportata nel laboratorio per il restauro, nel marzo 2014, la vetrata del rosone è stata sottoposta a pulitura attraverso ripetuti lavaggi, in grado di rimuovere lo strato polveroso superficiale, a cui è seguito un intervento meccanico eseguito con bisturi per togliere gli strati più profondi e tenaci delle croste di decomposizione. Successivamente è stato eseguito il reintegro pittorico a freddo sulle parti mancanti, che ha permesso un recupero della leggibilità del disegno e della plasticità delle figure. Ad oggi, compresa la vetrata del rosone, sono state restaurate 32 delle 44 vetrate ancora esistenti. Il ciclo di vetrate del Duomo di Firenze è tra i più importanti al mondo per la loro unità cronologica, per la grande percentuale di vetri originali e per gli artisti che eseguirono i disegni preparatori tra cui Lorenzo Ghiberti, il cui nome è legato a 36 delle 44 vetrate.
Nella vetrata del rosone, la solenne figura frontale di Maria “ancora legata al linguaggio giottesco e a quello di Andrea Pisano, ma anticipatrice di esiti umanistici nel panneggio delle vesti che donano movimento e profondità alla figura”, come scrive la studiosa Silvia Ciappi, è inserita in una nicchia ogivale di raggi luminosi color oro, sorretta da una danza di Angeli. L’intensa luce dorata che emana la Vergine irradia e permea tutta la scena. La Madonna ha le mani giunte in atto di preghiera e indossa un sontuoso mantello di colore bianco, decorato con stelle simili a fiori. Angeli e Serafini le volteggiano attorno, sollevandola, con le vesti lucenti e mosse che pare di udire le loro voci e i canti. In alto Gesù tiene in mano una corona che sta per posare sulla testa della Vergine. Una cornice a forma di ghirlanda con 14 figure (12 Apostoli e 2 profeti) alternati a elementi floreali, racchiude la scena.
Carlo Franza