toti-scialoja1In occasione del Centenario della sua nascita (1914-2014), la Sovrintendenza Capitolina ai Beni images 12images4Culturali, l’Accademia di Belle Arti di Roma e la Fondazione Toti Scialoja hanno organizzato una mostra al Macro di Roma, dedicata ad uno dei maggiori artisti italiani del secondo Novecento, nazionale e internazionale, Toti Scialoja.p17f5_7674979f1_7067-064-kwoc-u430504639863204ke-512x384@corriere-web-roma_192x144images5images6
E a Toti (all’anagrafe Antonio) appartengono anche le opere che dal 22 maggio hanno affiancato questa mostra, per una seconda tranche di esposizione (forse si poteva respirarla unita fin dall’inizio) dedicata ad amici e colleghi di cui amava collezionare i lavori, tra gli altri Afro, Burri, Calder, Colla, de Kooning, Dorazio, Fontana, Gorky, Guston, Mafai, Mauri, Melotti, Mirko, Morandi, Motherwell, Sadun, Stradone, Twombly, Pepper, Perilli. Un vasto e solenne pantheon, che dice anche qualcosa sull’ampiezza dello sguardo di Scialoja nei confronti di tendenze e maestri via via in voga, da lui amati, studiati, emulati. Dagli esordi figurativi nel clima della galleria “La Cometa” del poeta Libero De Libero , ai moduli via via tonalisti, espressionisti, neocubisti, astrattisti, informali, la mostra puntualmente testimonia tutti gli “innamoramenti” di questo artista al quale ben si addice la metafora dell’olismo (dal greco “totalità”).

Esposte alcune opere di Scialoja dei primi anni Quaranta – piccole tele dalla evidente sensibilità espressionista, molto vicine alla temperie internazionale di matrice soutiniana e alla pittura tonalista romana degli anni Venti-Trenta – e gli ultimi grandi teleri inediti della fine degli anni Novanta, passando per la famosa serie delle “Impronte” della seconda metà degli anni Cinquanta, con l’inizio dell’avventura verso “l’Azione”, come lo stesso artista la definisce, nel periodo in cui è emotivamente e stilisticamente attratto dall’espressionismo astratto americano.

E sempre esposta per la prima volta la “Macchina a pettine”, una delle cinque originali macchine sceniche di Scialoja create per l’opera di Rosso di San Secondo, Il ratto di Proserpina, andata in scena nel 1986 per il cartellone teatrale delle “Orestiadi di Gibellina”. Per l’occasione, la macchina è stata appositamente restaurata dagli artigiani di Gibellina che furono i suoi originari realizzatori, a quasi trenta anni dalla prima messa in scena, e ridipinta dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma, in un cantiere aperto allestito direttamente al MACRO.

Nella sezione dedicata alla scenografia sono state anche trasmesse alcune puntate delle serie televisive RAI “Le fiabe dell’albero” (1974) e “Fantaghirò” (1975). Per l’occasione l’Accademia di Belle Arti di Roma ha realizzato un documentario dedicato a Scialoja.

Carlo Franza

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