Dadamaino la regina dei volumi bucati e sfasati. Allo Studio Invernizzi opere singolari di un’ italiana sulla scena internazionale.
Nella galleria A arte Invernizzi di Milano vive in modo singolarissimo una mostra di Dadamaino (Milano 1930 – 2004) che ripercorre i diversi momenti della ricerca dell’artista attraverso opere emblematiche.
Nella prima sala del piano superiore della galleria sono esposti lavori appartenenti alla serie dei “Volumi”, realizzati a partire dal 1958 e declinati in diverse tipologie in relazione al numero dei fori praticati sulla tela sino a giungere ai “Volumi a moduli sfasati” del 1960, esposti nella seconda sala, in cui una densa successione di forature regolari, praticate su fogli di materiale plastico sovrapposti, movimentano le superfici in dissimili trasparenze.
Negli ambienti successivi dello stesso piano si trovano altre opere appartenenti al ciclo dei “Volumi” e alcuni lavori appartenenti al ciclo de “L’inconscio razionale”, il cui intreccio di linee orizzontali e verticali segna l’abbandono dei criteri analitici e razionalisti in favore di una caratterizzazione irrazionale e inconscia.
Al piano inferiore dello spazio espositivo sono esposte anche opere – già presentate nella sala personale della Biennale di Venezia del 1980 – del ciclo “I fatti della vita”, i cui segni-lettere tracciati con china vengono elaborati in tratti verticali, orizzontali e diagonali sviluppando nello spazio della superficie pause e concatenazioni divergenti. L’espressione attraverso una nuova forma di scrittura nasce da un episodio personale che, come racconta Dadamaino stessa, porta l’artista a tracciare ossessivamente sulla sabbia un segno muto, simile ad una “H”, come reazione interiore all’eccidio di Tel al-Zaatar del 1976.
La necessità di veicolare significati intrinseci e radicati del pensiero porta successivamente all’elaborazione di un segno maggiormente libero che si dispone nello spazio amalgamandosi in addensamenti e pause, concentrandosi progressivamente su aspetti esistenziali, come è visibile nelle opere esposte appartenenti ai cicli “Interludi” ( 1981) e “Costellazioni” (1984). Dadamaino acuisce la propria ricerca e mette in atto un’identificazione del tratto come pura energia che si sprigiona, e della quale non si riesce ad individuare un inizio e una fine.
Il percorso espositivo continua con l’opera Sein und Zeit n. 2 (1995) e Sein und Zeit (2000), le cui tracce si fanno ancor più minute e costanti, delineate dall’artista sulla superficie trasparente del poliestere divenendo il mezzo per esprimere il rapporto tra l’infinitamente piccolo del gesto tracciato e l’infinitamente grande del tempo e racchiudendo in esse l’ambivalenza dei significati universali dell’esistenza.
La mostra si conclude con la proiezione del video Dadamaino – regia di Marina Spada – girato negli spazi espositivi della galleria nel 1998.
Ora appare chiaro come questa mostra di Dadamaino non fa solo luce – e che luce- sull’artista italiana ma lascia intravedere la crescita del mercato sul nome ormai storicizzato; è da dire che l’investimento è sicuro per le ampie radicazioni in campo internazionale del suo lavoro, mirato, essenziale, assoluto, filosofico e decisamente aperto a tutte le recenti avanguardie.
Carlo Franza