Venezia e i vedutisti, da Canaletto a Guardi. 100 capolavori tra Settecento e Ottocento raccontano lo splendore della Serenissima.
Devo dire che Palazzo Martinengo a Brescia continua ancora a stupire per i progetti espositivi portati avanti e rafforza la propria presenza all’interno del panorama artistico italiano con un’esposizione dedicata agli incanti di Venezia, la città che nei secoli ha affascinato generazioni di artisti.
Dopo il successo della mostra “Il cibo nell’Arte dal Seicento a Warhol” con oltre 40.000 visitatori, l’Associazione Amici di Palazzo Martinengo propone un nuovo evento, aperto al pubblico fino al 12 giugno 2016, dal titolo “Lo splendore di Venezia. Canaletto, Bellotto, Guardi e i vedutisti dell’Ottocento”, che celebrerà la città italiana che più di ogni altra è stata, ed è ancora oggi, un mito intramontabile. Si trovano in esposizione oltre cento capolavori di Canaletto, Bellotto, Guardi e dei più importanti vedutisti del XVIII e XIX secolo, provenienti da collezioni pubbliche e private, italiane e internazionali. Avere studiato e riproposto il paesaggio italiano fra Settecento e Ottocento, è ammirevole per via del grand tour che movimentò il cosmopolitismo europeo. Ecco allora che l’analisi del filone iconografico passato alla storia col nome di ‘Vedutismo’, non si esaurirà con l’esperienza di Francesco Guardi, ma proseguirà anche lungo i decenni del XIX secolo.
Le vedute ideate dai pittori, popolate da macchiette in costumi d’epoca e dai personaggi della Commedia dell’Arte, diventano spesso cornici alle famose feste veneziane del Redentore, della Regata Storica, della Sensa e del Carnevale animato dalle tradizionali maschere. Il percorso espositivo, ordinato cronologicamente, prende avvio con le suggestioni dell’olandese Gaspar Van Wittel e da quelle del friulano Luca Carlevarijs, padri nobili del vedutismo veneziano che aprirono la strada allo straordinario talento di Canaletto, cui sarà dedicata la seconda sezione. Qui, le sue vedute dialogano con quelle del padre Bernardo Canal, del nipote Bernardo Bellotto e del misterioso Lyon Master, artista attivo nella bottega di Canaletto sul finire del quarto decennio del XVIII secolo. A seguire, ecco ben in evidenza i lavori dei maggiori vedutisti attivi nel secondo e terzo quarto del Settecento, vale a dire Michele Marieschi, Antonio Joli, Apollonio Domenichini e Antonio Stom e lo svedese Johan Richter.
La seducente bellezza della Venezia di Canaletto diventa un luogo vago e remoto nelle opere che Francesco Guardi realizzò nella seconda metà del XVIII secolo. La lunga parabola artistica del maestro, testimoniata in rassegna attraverso alcuni capolavori della produzione matura, si condensa nell’espressione pittorica di una città quasi fantomatica, vista in dissolvenza tra bagliori luminosi e indistinti aloni di colore che preludono alla pittura moderna.
Il friulano Giuseppe Bernardino Bison, nato a Palmanova nel 1762 e morto a Milano nel 1844, interpretando in maniera originale secondo i canoni estetici della nuova sensibilità romantica la tradizione del Grand Siècle – di Canaletto e di Guardi in primis – assunse il ruolo di traghettatore del vedutismo dal XVIII al XIX secolo. La figura di Bison, di cui sono presentati diversi lavori inediti frutto di recenti ritrovamenti in collezioni private, è messa a confronto con quella di altri importanti artisti della prima metà dell’Ottocento quali Vincenzo Chilone, Giovanni Migliara, Giuseppe Borsato, Francesco Moja e Giuseppe Canella che, inventando inedite angolature, spettacolari riprese, inedite e affascinanti atmosfere e contesti, rinnovarono l’immagine della Serenissima attualizzandola e arricchendola di dettagli che esprimono certamente lo spirito del loro tempo.
Nell’ultima sezione, dopo due sale dedicate rispettivamente ai membri della famiglia Grubacs e a Ippolito Caffi, si incontrano dipinti realizzati nella seconda metà del XIX secolo da Luigi Querena, Francesco Zanin, Guglielmo Ciardi, Pietro Fragiacomo e altri ancora che perpetuarono il fascino intramontabile di Venezia fino ai confini dell’epoca moderna. E’ presente anche una rarissima “Venezia” di grandi dimensioni del maestro bresciano Angelo Inganni, firmata e datata 1839, che immortala Piazza San Marco animata da spigliate macchiette in costumi d’epoca. Nella sezione “Venezia riflessa nel rame”, si trova una serie di incisioni di Canaletto, Marieschi e Visentini, specialisti della tecnica dell’acquaforte che, grazie all’ampia tiratura delle stampa, ha contribuito a diffondere l’immagine della Serenissima in tutta Europa. Chiude la mostra Venezia teatro della vita, sezione dedicata a dipinti con scene di vita quotidiana ambientate in campi e campielli, tra le calli e i canali della città. All’interno del percorso espositivo, il pubblico può ammirare una raffinata selezione di vetri di Murano creata dall’artista Maria Grazia Rosin, tra cui l’installazione “Gelatine Lux” esposta alla 53^ Biennale d’Arte di Venezia.
Ora una mostra così esaustiva, così completa, così variegata, con autori illustrissimi che campionano Venezia, una città unica al mondo, e una squadernatura di vedute così particolari, d’una Venezia ripresa fra notte e giorno, con la neve, sotto la pioggia, ammaliata di sole, triste e romantica, lascia intendere come fra le città italiane, in tandem con Roma, la Serenissima si è lasciata rappresentare destando in chi la ritraeva fra luci e colori, impressioni di paradiso.
Carlo Franza