Ryan McGinley e Rashid Johnson alla GAMeC di Bergamo. Per la prima volta in mostra in una istituzione italiana due maestri dell’arte americana.
Si dice ai tanti artisti italiani, guardare, vedere, confrontarsi, conoscere, acculturarsi visivamente su quanto capita nel mondo, e soprattutto capire in che direzione sta andando l’arte contemporanea. Ecco, una operazione di grande portata in tal senso la conduce da tempo il Gamec di Bergamo, istituzione museale egregiamente diretta da uno storico dell’arte italiano, senza il bisogno -come ha fatto da poco il Ministro Franceschini- di scomodare direttori stranieri come di questi tempi se ne trovano in gran parte delle istituzioni museali italiane. Alla GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, per la cura di Stefano Raimondi, ecco la prima mostra personale in una istituzione italiana di due grandi maestri della scena americana contemporanea, Ryan McGinley e Rashid Johnson. Due esposizioni indipendenti l’una dall’altra, allestite in spazi diversi del museo, eppure del tutto complementari, in grado di restituire la ricchezza di un panorama creativo tra i più dinamici al mondo.
Ryan McGinley (1977) presenta “The Four Seasons”, mostra che segna il primo evento che la GAMeC abbia mai dedicato alla giovane fotografia internazionale. Premiato fin dagli esordi dall’attenzione dei maggiori musei statunitensi, con personali al Whitney e al MoMA P.S.1, l’artista restituisce per immagini l’evoluzione di quello che è stato il sogno americano, filtrato attraverso il nichilismo proprio degli Anni Novanta. I suoi modelli si abbandonano a un erotismo disinvolto, altamente estetizzato, apparentemente disincantato, eppure struggente nella sua sconfinata innocenza. Racchiuse in quattro gruppi omogenei di opere, uno per ogni stagione dell’anno, le fotografie di McGinley colgono l’irrisolta tensione positiva tra l’uomo e l’elemento naturale, con la dominante cromatica a dettare un ritmo quasi musicale. Il blu ghiaccio dell’inverno si alterna al rosso fiammeggiante delle foglie d’autunno, al verde intenso della primavera e alle tonalità vivide e accese dell’estate, regalando un immaginario di assoluta empatia.
Rashid Johnson (1977) indaga con “Reasons” il rapporto con le proprie radici etniche e culturali, offrendo una nuova lettura della consapevolezza che la comunità afroamericana ha della propria dimensione nella complessa scena sociale americana. Sculture, dipinti, installazioni e video spaziano senza soluzione di continuità dal riferimento a elementi e feticci dell’epoca della Diaspora Africana (monili in guscio d’ostrica, burro di karité, ceramiche, piante) a iconografie figlie delle subculture urbane dei nostri giorni, con uno sguardo all’hip-hop dei Public Enemy e alla contraddittoria figura di Bill Cosby. Come McGinley, anche Johnson può dirsi a pieno titolo un predestinato; ha appena ventiquattro anni quando – era il 2001 – è il più giovane artista a essere invitato alla mostra “Freestyle” allo Studio Museum di Harlem a cura di Thelma Golden, che proprio per questa occasione coniò il termine “Post-Black Art”. Da quel momento in poi si sono succedute senza sosta mostre e interventi per spazi pubblici e gallerie private tra i più importanti al mondo, dal Museum of Contemporary Art della natia Chicago alla Kunsthalle di Winterthur.
Il lavoro di Ryan McGinley (Ramsey, New Jersey, 1977; vive e lavora a New York) si trova nelle collezioni pubbliche dei principali musei del mondo come il Solomon R. Guggenheim Museum di New York, il San Francisco Museum of Modern Art, lo Smithsonian National Portrait Gallery di Washington, il Whitney Museum of American Art di New York, l’Ellipse Foundation in Portogallo, il Museo de Arte Contemporáneo de Castilla y León in Spagna, la Queensland Art Gallery in Australia.Oltre a collaborare con le più prestigiose gallerie d’arte internazionali, McGinley ha realizzato campagne fotografiche per aziende quali Christian Dior, Calvin Klein, Balenciaga, Bottega Veneta, Stella McCartney, Missoni, Levi’s, Adidas, Puma, Nike.
Rashid Johnson nasce a Chicago nel 1977. Ha ottenuto una laurea in fotografia al Columbia College di Chicago e nel 2005. Tra le sue ultime mostre personali: Anxious Men, Drawing Center, New York; Three Rooms, Kunsthalle Winterthur, Winterthur, Svizzera (2015); Magic Numbers, George Economou Collection in Athens, Grecia (2014); New Growth, Museum of Contemporary Art, Denver (2014); The Gathering, Hauser & Wirth Zurigo (2013); New Growth, Ballroom Marfa (2013); Shelter, South London Gallery, Londra (2012) e la grande mostra itinerante Message to Our Folks che ha aperto al Museum of Contemporary Art, Chicago (2012) e viaggiato al Miami Art Museum (2012), all’High Museum of Art, Atlanta (2012) e al Kemper Art Museum, St. Louis (2013). Nel 2016, dopo la personale alla GAMeC, l’artista presenterà una mostra personale negli spazi del Garage Museum of Contemporary Art di Mosca.
E vorrei avvisare i tanti giovani artisti italiani, i giovani delle Accademie di Belle arti, ma anche gli storici del contemporaneo, che lasciarsi sfuggire tale mostra significa non vivere il nostro tempo, né movimentare e cogliere la globalizzazione, né puntare il dito su due giovani grandi promesse mondiali, ormai approdate in più continenti e nelle istituzioni più illustri del mondo.
Carlo Franza