La Madonna in trono di Benozzo Gozzoli(1420-1497) in mostra a San Gimignano. Un capolavoro del Quattrocento capace ancora oggi di illuminare l’Italia.
Dinanzi a questo capolavoro -vi ho sostato a lungo- m’è parso facile leggere la Vergine in trono del Benozzo con le stesse parole di Dante (canto XXXIII del Paradiso). Eccole:
“Vergine madre, figlia del tuo Figlio,
Umile ed alta più che creatura,
Termine fisso d’eterno consiglio.
Tu se’ colei che l’umana natura
Nobilitasti sì, che il suo Fattore
Non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore
Per lo cui caldo nell’eterna pace
Così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridïana face
Di caritate; e giuso, intra i mortali,
Se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
Che, qual vuol grazia e a te non ricorre,
Sua disïanza vuol volar senz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
A chi domanda, ma molte fiate
Liberamente al domandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
In te magnificenza, in te s’aduna
Quantunque in creatura è di bontate!
(Dante, Paradiso, XXXIII)
La Pinacoteca di San Gimignano (Piazza Duomo 2 ) ospita una mostra dedicata al pittore fiorentino Benozzo Gozzoli(Firenze 1420-21 –Pistoia 1497), artista tra i più rappresentativi e prolifici del Quattrocento italiano. La mostra Benozzo Gozzoli a San Gimignano intende celebrare, per la prima volta e in modo esaustivo, il triennio sangimignanese del maestro, uno dei periodi più intensi e fecondi nella sua lunga attività.
Curata da Gerardo De Simone e Cristina Borgioli l’esposizione è promossa dal Comune di San Gimignano e dalla Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio delle Provincie di Siena, Grosseto e Arezzo in collaborazione con l’Arcidiocesi di Siena, Colle di Val d’Elsa, Montalcino e la Fondazione Musei Senesi.
Per il terzo anno consecutivo prosegue la sinergia tra le suddette istituzioni in un percorso di valorizzazione e studio delle opere della Pinacoteca. Dopo la mostra dedicata a “Pintoricchio. La pala dell’Assunta di San Gimignano e gli anni senesi” (6 settembre 2016 –11 gennaio 2015) e a “Filippino Lippi. L’Annunciazione di San Gimignano e le opere degli anni Ottanta” (13 giugno –2 novembre 2016), quest’anno protagonista del progetto espositivo è la tavola di Benozzo Gozzoli con la Madonna col Bambino e angeli tra i santi Giovanni Battista, Maria Maddalena, Agostino e Marta che verrà ricomposta -grazie ai prestiti internazionali- per la prima volta nella sua interezza grazie ai frammenti di predella oggi divisi tra i musei Pinacoteca di Brera, del Musée du Petit Palais Avignone e del Museo Thyssen-Bornemsza di Madrid Madrid. La pala, osserva Gerardo De Simone, “esalta il felice connubio, caratteristico dell’autore, tra la moderna misura rinascimentale appresa dall’Angelico e il profuso decorativismo che esalta la ricchezza e la preziosità dei materiali discendente dal filone tardogotico di Gentile da Fabriano […]”. Benozzo di Lese -cui Vasari attribuì il cognome Gozzoli- è stato, interprete storico della prospettiva teorizzata da Leon Battista Alberti, combinandola sia con un sapiente realismo che con una curiosità spiccata verso la natura e l’antico. Allievo di due tra i maggiori artisti del secolo, Lorenzo Ghiberti e il Beato Angelico, dopo aver collaborato alla Porta del Paradiso del Battistero di Firenze e alla Cappella Niccolina in Vaticano, Benozzo operò da maestro indipendente a Montefalco (1450-52), in Umbria, poi a Viterbo (1453), Perugia (1456), e infine a Roma, dove allestì gli apparati per l’incoronazione di papa Pio II nel 1458. L’anno dopo gli fu assegnata la commissione più prestigiosa della sua carriera, la decorazione della Cappella dei Magi in Palazzo Medici in Via Larga (oggi Via Cavour) a Firenze. Dal 1464 al 1467 si trasferì a San Gimignano, per poi insediarsi nel 1468 a Pisa, prescelto dall’Opera del Duomo per l’ambitissimo ciclo con Storie dell’Antico Testamento in Camposanto; vi rimase per ben cinque lustri, lavorando anche a Volterra, Legoli, Castelfiorentino. A seguito della discesa di Carlo VIII in Italia, Benozzo lasciò Pisa e trascorse i suoi ultimi anni di vita tra Firenze e Pistoia, dove morì nel 1497. Nella città delle torri il Gozzoli realizzò affreschi e pale d’altare: ad affresco, nel coro di Sant’Agostino, Benozzo eseguì il ciclo più importante mai dedicato al Padre della Chiesa e una straordinaria raffigurazione di San Sebastiano, protettore dalle epidemie, con indosso una lunga veste azzurra e con il mantello aperto dagli angeli a proteggere il popolo dalle frecce, realizzato come ex voto per la fine della peste del 1464. Fu questo ciclo di affreschi realizzati, con l’aiuto di alcuni collaboratori, nella chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano, il primo grande lavoro a dargli notorietà.
Scrive la Cole Ahl nel suo saggio su Benozzo, che il ciclo permise al pittore“di elevare qualitativamente la sua competenza e di ricevere molte commissioni in un ambiente ricettivo ma privo della concorrenza spietata esistente in centri più importanti; per San Gimignano la presenza del Gozzoli significò aprirsi alle grandi trasformazioni artistiche e architettoniche fiorentine che caratterizzarono il mecenatismo nel resto del secolo”. Benozzo, a San Gimignano, realizzerà anche due Crocifissioni, una per gli Olivetani, tuttora in situ, l’altra per il Palazzo Comunale (oggi al Museo di Arte Sacra), dove il pittore restaurò nel 1466 l’immagine più rappresentativa della comunità civica, la Maestà di Lippo Memmi. Su tavola, Benozzo dipinse due pale d’altare, per le chiese di Sant’Andrea e di Santa Maria Maddalena, entrambe conservate nel Museo Civico e di formato “quadrato” secondo la moderna tipologia rinascimentale inaugurata dall’Angelico. La mostra ricostruisce così con completezza l’insieme ricco e variegato della produzione artistica benozzesca a San Gimignano, frutto della sua efficiente organizzazione di bottega. Ritroviamo così raccolte in Pinacoteca, e in parte nel Museo d’Arte Sacra, tutte le opere note degli anni sangimignanesi: oltre a quelle citate, la pregevole anconetta di Terni(1466), il frammento di Madonna della Misericordia già in collezione Bardini (oggi in collezione privata) e l’icona della Madonna col Bambino di Calci che documenta, invece, il lungo periodo pisano che seguirà. Sarà bene con la mostra poter vedere i cicli di affreschi nel Duomo, nella chiesa di Sant’Agostino e nell’Abbazia di Monteoliveto.
Il progetto espositivo prevede la possibilità di un approfondimento della figura dell’artista presso il BEGO -Museo Benozzo Gozzoli di Castelfiorentino. Ad esemplificare l’importanza e la qualità di Benozzo disegnatore -uno dei più attivi e prolifici del secolo- sono esposti due disegni del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, risalenti ad anni vicini al soggiorno sangimignanese, che documentano l’attenzione del pittore verso l’antichità classica e la pittura fiamminga. Ad arricchire il quadro del contesto in cui Benozzo operò, e a rendere testimonianza dei suoi rapporti assai stretti con le arti applicate, la mostra include un’ampia selezione di preziosi tessuti liturgici e oreficerie del tempo. Tra questi il paliotto in velluto cremisi ricamato con un volo di colombe dorate che Benozzo utilizzò come modello per il piviale indossato da sant’Agostino nella tavola di Santa Maria Maddalena, che Cristina Borgioli ritiene testimonianza raffinata del ricco corredo tessile della Collegiata di San Gimignano. Il prezioso dossale, presentato nella sala della Pinacoteca, assieme agli altri paramenti e ad alcuni esempi di oreficeria liturgica, presenti nel Museo d’Arte Sacra di San Gimignano, dialogano con le opere pittoriche, in un ideale rimando alle officine artistiche del XV secolo e alla loro poliedricità, consentendo così di espandere il percorso della mostra collegando i due musei. Nel percorso espositivo, infine, è possibile ricostruire, attraverso le attestazioni archivistiche, le allogazioni del Comune e della Collegiata al pittore fiorentino. Anna Di Bene,Soprintendente Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Siena, Grosseto e Arezzo ha osservato che la mostra,“per il suo alto spessore scientifico si pone come un’attività di valorizzazione di questo straordinario patrimonio artistico e del territorio… e costituisce un’occasione di arricchimento culturale e di nutrimento delle nostre anime che va a rafforzare la nostra identità”. Letta e vista la mostra non si può non pensare che proprio da queste opere passa la nostra identità, la nostra identità culturale e storica. Per me lo è stato e lo è, vorrei lo fosse anche per voi.
Carlo Franza