L’Istituto Luce, istituzione e perla della comunicazione fascista. Una mostra a Catania racconta i 90 anni dell’Istituzione.
La mostra sull’ “ISTITUTO LUCE” era passata prima a Roma, poi a Buenos Aires e Mantova, adesso arriva a Catania, ospitata al Palazzo della Cultura. L’esposizione racconta i primi 90 anni dell’Istituto Luce, dalla fondazione nel 1924 a oggi; è stata una delle più grandi imprese culturali del Paese, un luogo di elezione della sua conoscenza st
orica, e il deposito materiale di memorie, segreti, sogni dell’Italia nel XX secolo e oltre. L’esposizione è stata ideata e realizzata da Istituto Luce-Cinecittà, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e della Regione Lazio, e in collaborazione con Roma Capitale. Nel racconto di questo autori
tratto della nazione, “LUCE – L’immaginario italiano” è stata concepita come un libro da sfogliare e risfogliare, leggere e rileggere, un fiume in piena, una marea di immagini che raccontano la storia dell’Italia del Novecento. Diciamolo pure senza enfasi ma con tanta realtà, l’Istituto LUCE è stato una grande gloria del fascismo.
Il percorso parte dal concetto e dalla forma di ‘strip’: grandi pannelli organizzati secondo un ordine tematico-cronologico, su cui in più di 20 schermi sono proiettate speciali videoinstallazioni, montaggi realizzati ad hoc di centinaia di f
ilmati dell’Archivio storico Luce. Accanto alle immagini in movimento, più di 500 splendide fotografie dell’Archivio fermano dettagli e momenti significativi, mentre pannelli di testo appr
ofondiscono l’analisi storica e linguistica dei video. Un percorso visivo e uditivo di notevole impatto, fa sì che ogni visitatore si confronti con un’immagine differente, in cui ciascun video dialoga con quelli vicini per analogie e differenze. Una serie di parole-chiave lega l’itinerario. Si va dagli anni ’20 e dal concetto sociologico di città/campagna, agli anni ’30 con il tema dell’ autarchia, dell’ uomo nuovo, dell’architettura e dell’arte, ed anche della censura
e della propaganda. E poi ancora nel percorso li
neare della storia si arriva alla Guerra del ’39, alla sua fine e alla disfatta del fascismo e alla rinascita del Paese , senza dimenticare la parentesi di Cassino (icona e tappa distruttiva), e ancora la bilancia dei vincitori e vinti (con sequenze poco conosciute e straordinarie, anche a colori, dell’ingresso degli alleati non solo a Roma, ma anche nelle profondità del Paese); e si prosegue con il concetto di boom economico evidenziando il concetto di modernità/arretratezza (un parallelo significativo di immagini dell’Italia anni ‘60), con giovani, economia, corpi e partiti politici, neotelevisione, e tanto altro.
Alcune sezioni mostrano aspetti specifici e suggestivi. La camera delle meraviglie è un omaggio ai viaggi per il mondo compiuti dagli operatori Luce; la ‘camera del Duce’ disegna un’imperdibile antologia delle retoriche e dei silenzi di Mussolini, ed è contrapposta alla stanza del Paese reale, un commovente
viaggio nei volti degli italiani negli anni ’30. Una grande sezione finale è dedicata al ritratto di Catania realizzato nel corso dei decenni dall’Istituto Luce ed è costituito da un insieme di immagini spesso di grande bellezza e piuttosto eterogenee, se si tiene con
to che la città siciliana è parte di quel Mezzogiorno che per la cinematografia di Stato, almeno negli anni del fascismo, è ancora una terra incognita. Va da se che esistono delle differenze tra i diversi mezzi di rappresentazione, intendo dire che difficilmente il cinegiornale Luce – a differenza del documentario e della fotografia – si concentra sulla descrizione delle città italiane e dei loro splendori artistici e architettonici, sia per motivi di spazio che per via di una vocazione giornalistica che lo lega alla notizia di cronaca. Numerosi sono i servizi delle testate cinegiornalistiche dedicati a Catania, in gran parte concentrati su eventi politici cittadini (del fascismo e del dopoguerra), culturali (dedicati soprattutto a Vincenzo Bellini), religiosi (la festa di sant’Agata) o sportivi. Resta che le fotografie presentate, sono nate non da un’attenzione alle fantasie architettoniche della Catania settecentesca e ai loro giochi di luce, ma da una routine documentaria fine a se stessa (nella fotografia con il duce e la folla) non consueti nei reporter del Luce. Belle le immagini ufficiali di Catania , con il paese reale che parla e rivendica un protagonismo incontrollabile leggibile anche nei volti antichi e poveri delle ragazze in costume per una sfilata davanti al principe ereditario nel 1930, o nell’impegno tenace dei giovani dell’Ospizio di beneficienza nel 1951. C’è però nelle immagini siciliane legate a Catania un soggetto che unisce davvero tutte le immagini del Luce, l’Etna. Catania appare , nelle immagini e nell’immaginario degli spettatori, il suo vulcano. Le riprese dal vivo delle sue tante eruzioni affascinano e atterriscono fin dagli anni Venti un pubblico che ha conosciuto la furia distruttrice della grande guerra, ma anche le scene spettacolari dei kolossal della grande stagione, del cinema muto italiano, i cui linguaggi si riflettono anche negli aggettivi usati dal Luce: l’Etna è descritto come “infernale” e “colossale”, mentre la popolazione che assiste alla sua furia è non solo “trasognata” ma invoca -segno di retaggi culturali antichi- l’aiuto divino con “preghiere ferventi”.
Carlo Franza